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[p. 177] La Cancelleria fiorentina nel primo Rinascimento

Agli inizi del XV secolo non esiste in Europa alcuna cancelleria, comunale, regia o ecclesiastica, che per importanza culturale possa paragonarsi a quella fiorentina, essendo Firenze centro di propagazione del nuovo movimento dell’Umanesimo e del Rinascimento, movimento che di lì a poco conquisterà anche il resto dell’Italia, anzi l’Europa intera.

A Demetrio Marzi si deve “La cancelleria della repubblica fiorentina”, opera di fondamentale importanza pubblicata nel 19102. L’opera si fonda su di una profonda conoscenza degli atti dell’Archivio di Stato di Firenze, in particolare delle serie dei registri3. Indubbiamente vale ancora oggi ciò che Marzi disse a proposito della trasmissione dell’originale al destinatario : “Noi dovremmo occuparci delle lettere come uscivano dalla Cancelleria. In pratica, però, è molto difficile poterle esaminare nell’originale, perché, fatte ch’esse erano, venivano, naturalmente, spedite e così sparse in ogni parte del Dominio e nei paesi stranieri. Dobbiamo perciò contentarci d’esaminarle secondo gli accenni indiretti che troviamo intorno ad esse, o secondo le copie ufficiali che ne furono fatte nei registri”4. In effetti le lettere della Cancelleria fiorentina, così come si trovano negli archivi dei destinatari, cioè dei Comuni di Bologna, Venezia, Siena, Perugia, Pisa, Milano e di molti altri ancora, ed anche negli archivi papali e di altri signori temporali ed ecclesiastici, non sono stati sino ad oggi oggetto di una raccolta sistematica, a tal punto che una diplomatica formale, in particolare relativa alle caratteristiche estrinseche dei documenti originali, non può per ora venir delineata. In compenso conosciamo però i testi dei documenti attraverso la trasmissione nei registri fiorentini. Lo scopo di questa relazione non è quello di ripetere ciò che nell’opera di Marzi, allievo del grande diplomatista e paleografo Cesare Paoli, egregiamente si trova rappresentato, bensì quello di trattare due temi che da più di 30 anni sono il fulcro delle mie personali ricerche e di quelle dei miei studenti universitari.

[p. 178] Il primo tema in questione è descritto in modo eccellente da Giovanni Cherubini nella sua prefazione alla ristampa del Marzi del 1987 : “Basti tuttavia soltanto accennare a tutto quello che è stato scritto sulla figura del Salutati, all’emergere del concetto di un umanesimo civile, del quale l’alta burocrazia comunale sarebbe stata perno non secondario, all’indagine condotta su alcune serie archivistiche come, in primo luogo, le Consulte e Pratiche, per ricercarvi il rapporto dialettico tra esigenze di governo e concreti interessi del ceto dirigente da un lato e veste ideale che a queste esigenze e interessi davano i Cancellieri”5.

In un secondo punto chiave della mia relazione desidero presentare un riassunto dei risultati di un progetto di ricerca di Würzburg, progetto relativo alla diffusione di quella scrittura documentaria umanistica o cancelleresca umanistica nata all’interno della Cancelleria fiorentina ; diffusione avvenuta in Toscana, Umbria, Emilia-Romagna, nella città di Venezia e nella Curia papale, e restata sino ad ora terreno più o meno inesplorato nella ricerca paleografica, come disse Giorgio Cencetti nel 1954 : “Sullo svolgimento delle scritture documentarie in Italia nel secolo XV … in pratica non si sà quasi nulla”6. Nel frattempo tale lacuna è stata, a mio parere, in parte colmata dal lavoro di Thomas Frenz7, Martin Rüth8, Horst Zimmerhackl9, Simone [p. 179] Helldörfer10 e da quello del relatore11, e ritengo che tale opera debba in futuro venir completata12.

È a partire dal XIV secolo che si può notare una maggiore strutturazione della Cancelleria del comune di Firenze ; con il termine cancelleria si intende l’insieme di tutti i notai occupantisi della stesura di documenti ed atti del Comune e dei singoli organi di esso. Gli inizi della Cancelleria, a Firenze come nella maggior parte degli altri Comuni, restano oscuri13. Il titolo di cancelliere (cancellarius) è documentato sin dal XII secolo, quando il Comune lo adottò dalla Cancelleria imperiale e papale14. Ancora nel XIII secolo tale carica non sembra però definire alcun ufficio in particolare, quanto piuttosto sembra essere utilizzata come sinonimo di notarius e scriba15. A Firenze, come altrove, le autorità comunali si servivano per la loro attività burocratica di notai pubblici, i quali facevano parte della stessa corporazione dei giudici e come quest’ultimi sottostavano ad un rigido regolamento16. Tuttavia dall’anno 1325 è documentata la carica di Primo Cancelliere comunale, definito quale dictator et cancellarius, dettatore e cancelliere17. In quanto tale, il Cancelliere era il funzionario comunale più importante e si occupava, con l’aiuto di notai alle sue dipendenze, della stesura della corrispondenza e degli atti comunali. Egli doveva, secondo gli statuti, essere eletto dai Priori e da entrambi i collegi ; essere esperto di retorica (ars dictaminis) e appartenere all’Arte dei giudici e notai. La retribuzione consisteva in un salario fisso e in tasse, che il Cancelliere poteva riscuotere da clienti privati18. In carica dal 1340 al 1348 troviamo ser Ventura Monachi e dal 1348 sino al 1375 il di lui [p. 180] figlio Niccolò Monachi19. Con il successore Coluccio Salutati, Cancelliere dal 1375 al 1406, la nuova cultura umanistica arriva alla Cancelleria fiorentina. Leonardo Bruni, Cancelliere dal 1410 al 1411 e dal 1427 al 1444, Carlo Marsuppini (1444-1453) ed infine Poggio Bracciolini, il quale, dopo un’attività decennale presso la Curia papale, detenne la carica di Cancelliere comunale, ormai anziano, dal 1453 al 1458 : sono questi tre dei successori di Salutati da annoverarsi in egual modo tra i più significativi rappresentanti del primo Umanesimo20, come anche, in seguito, Benedetto Accolti (1458-1464)21 e Bartolomeo Scala (1464 ?-1497)22. Nessuno di questi grandi cancellieri umanisti, eccetto Accolti, era nato a Firenze ; nessuno di loro apparteneva originariamente all’oligarchia comunale. Salutati nacque nel 1331 a Stignano in Valdinievole, località sita tra Pistoia e Lucca, figlio di una famiglia guelfa. A Bologna apprese l’arte notarile e studiò retorica presso Pietro da Moglio ; entrò in contatto con Petrarca e Boccaccio, fu in seguito notaio a Stignano, Todi, Roma e Lucca, sino a quando, nel 1375, non venne nominato Cancelliere del comune di Firenze23. I suoi successori Leonardo Bruni24 e Carlo Marsuppini25 erano originari di Arezzo, Poggio Bracciolini26 proveniva da Terranuova vicino a Firenze. Molteplici sono le fonti riguardanti l’attività di Salutati e dei restanti cancellieri umanisti. Dal XIII [p. 181] secolo il comune di Firenze, così come la maggior parte delle altre città italiane, ha compilato libri amministrativi, che perlopiú vengono definiti “registri” e oggi sono conservati nell’Archivio di Stato a Firenze27. Non si tratta assolutamente di registri nel vero senso diplomatico, registri, cioè, che riportano la sola corrispondenza in uscita, ma vi sono contenute anche lettere in arrivo, verbali, istruzioni ed altro ancora. La serie più importante è quella dei “Registri della Prima Cancelleria28, registri che nel periodo in questione venivano già scritti su carta e che contengono importanti lettere politiche del Comune. Proprio durante il periodo d’attività di Salutati tali registri presentano innumerevoli correzioni, così che i testi ivi contenuti rappresentano stesure rivedute dal Cancelliere, che servivano poi anche come copie dei registri stessi29 A ciò si aggiunge un protocollo di Salutati stesso contenente lettere relative al periodo 1375-1404, un manoscritto oggi conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana30. Tali volumi sono scritti in corsiva gotica, a partire dal 1386 molto spesso di pugno dallo stesso Salutati31. Dal punto di vista stilistico le missive sono ancora strettamente legate al latino medievale. Questo è vero in particolare per l’ortografia : in essa non si trovano innanzitutto tracce utili a ristabilire l’antica grafia, in particolare quella del dittongo ae (oe)32. Per quanto riguarda il testo, le lettere corrispondono ancora al modello desunto dall’ “ars dictaminis” : salutatio, exordium con la captatio benevolentiae, narratio, petitio, conclusio33. Anche la struttura grammaticale è ancora, nel complesso, di tipo medievale34. Ma l’umanista Salutati fa un uso ben più grande delle personali conoscenze della letteratura classico-romana che non i [p. 182] suoi predecessori nel cancellierato35. Tra le sue citazioni dai classici è preponderante Cicerone, per lo più con il “De officiis” ; appena utilizzate sono, al contrario, le “Tusculanae disputationes”, altrimenti spesso citate da Salutati in altre opere, così come poco utilizzati sono gli scritti di retorica36 Vi si trovano inoltre rimandi alle “Saturnalia” di Macrobio37, citazioni da alcune tragedie di Seneca38, da Plinio il Giovane39, dalla “Coniuratio Catilinae” di Sallustio40, da Livio41, Valerio Massimo, i “Dicta et facta memorabilia” del quale costituivano per il Cancelliere una fonte importante delle nozioni personali di storia romana42 ; e ancora citazioni dalla “Vita Caesarum” di Suetonio43, dall’“Epigone” di Florio44, da Catullo45, Orazio46, Lucano47, Ovidio48, Persio49, Stazio50, Terenzio51 e Virgilio52. Da questi autori Salutati attinge anche rari sostantivi e verbi latini, termini classici quali fortuna, fas, virtus, humanitas, e nomi antichi per paesi, popoli e città (come ad esempio Partenope per Napoli) e per nomi medievali al suo tempo correnti (Emilia, Flaminia, Picenum invece di Lombardia, Romandiola ed Anconitana Marchia)53. Sul versante stilistico il cancelliere ricorre alle volte, nella corrispondenza ufficiale, a figure stilistiche classiche quali alliterazione, assonanza, asindeto, antitesi, apostrofe, domande retoriche, interiezioni ed [p. 183] altre ancora54. Anche Salutati utilizza il cursus, d’uso comune nella prosa colta medievale, la forma ritmica (accentuativa) della clausola, e con frequenza particolare il cursus velox55. Questi elementi costituiscono i primi tratti della cultura umanistica, tuttavia il conservatorismo delle cancellerie medievali poneva dei limiti all’opera di Salutati. In una lettera privata egli esprimeva56 il desiderio di modificare lo stilus cancellarie Florentine in molti dei suoi documenti, se questo fosse dipeso solo da lui. Anche se l’influsso della letteratura classica sullo stile delle sue lettere non va sottovalutato, si trovano al contempo lettere redatte nel comune “stilo ordinario” dell’“ars dictaminis”. Il cancelliere umanista si rivela anche nella personale avversione per il volgare come lingua della corrispondenza ufficiale e nella fedeltà al latino. Già nel 1369 in una lettera privata lamentava la tendenza di molte cancellerie europee a sostituire il latino con la lingua volgare57. Come è noto, a questo proposito gli umanisti italiani si trovarono di fronte ad un vero e proprio dilemma ; dovettero tuttavia confrontarsi con l’autorità di Dante, il quale aveva elogiato la lingua volgare58. Durante il cancellierato di Salutati si trovano nei registri delle missive poche lettere in volgare, e queste sono indirizzate ai funzionari che rivestivano cariche all’interno del contado fiorentino. Nella corrispondenza con destinatari esterni il volgare viene evitato59. Durante il cancellierato dei successori di Salutati si ebbe poi un sostanziale cambiamento. Per riguardo a quei destinatari, che, come molti condottieri non padroneggiavano il latino, divenne consuetudine, a partire dal cancellierato di Bruni, stilare in volgare le missive a questi indirizzate, mentre lettere destinate ad altri Comuni venivano redatte o in latino o in volgare, anche se in molti casi non è dato di chiarire quale sia il motivo per la scelta dell’una o dell’altra lingua. Forse a volte il desiderio stesso di esprimere più liberamente le proprie vedute aveva la sua importanza, cosa che in lingua [p. 184] volgare risultava più semplice che in latino, fortemente retorico e formalistico60. Le lettere di portata politica che Salutati redigeva a seguito di consultazioni con i Priori, in casi importanti dopo essersi consultato anche con i collegi61, si distinguevano per uno stile altamente retorico, che prima del 1375 è riscontrabile solamente a tratti, e che, dopo la morte del Cancelliere, sotto i successori lascia il posto ad un dettato notevolmente più sobrio62. Cino Rinuccini ha lodato il Cancelliere della propria città natale quale grande dettatore, e questa definizione si riferisce in particolare alla corrispondenza di Salutati : “Per il bene della repubblica i cancellieri redigevano lettere piene di saggezza, in un elegante stile degno di ammmirazione ; … i destinatari tenevano tali lettere in mano per mesi e ammiravano la profondità dei pensieri e l’eccellente dizione”63. L’avversario di Firenze, Giangaleazzo Visconti, sembra aver dichiarato che le missive di Salutati l’avrebbero danneggiato molto più di mille cavalieri64 ; ovviamente i suoi Cancellieri umanisti Pasquino Capelli ed Antonio Loschí non erano in niente inferiori al loro amico Salutati nella compilazione delle lettere di propaganda65.

[p. 185] La funzione propagandistica a favore della politica fiorentina diviene a questo modo chiara, e tali missive contribuiscono molto a confutare la tesi della “crisi del primo Rinascimento” formulata alcuni decenni fa da Hans Baron66 sulla base di testi teorico-retorici di Salutati, Bruni e di altri ancora che lo stesso Baron aveva ridatato in maniera altamente problematica ; tesi, questa, riguardante la dissoluzione attorno all’anno 1400 dell’antico orientamento guelfo-medievale della politica di Firenze, a favore di una coscienza antico-repubblicana sotto l’effetto della politica espansionistica di Giangaleazzo Visconti signore di Milano67. Il cancellierato di Salutati e dei suoi successori coincide con un periodo di crescente indebolimento della costituzione repubblicana di Firenze che, come reazione alla rivolta dei Ciompi del 1378, condusse in primo luogo a partire dal 1387 ad un rafforzamento dell’oligarchia68, in seguito ad una lenta transizione verso la signoria dei Medici69. [p. 186] Salutati era, in qualità di Cancelliere, il portavoce del gruppo oligarchico. Egli, e più tardi Bruni e Poggio, in quanto appartenenti all’oligarchia fiorentina solo per adozione, dovettero appoggiare senza riserve sia la politica estera del Comune, sia l’ordine sociale interno, per non venire sospettati di ghibellinismo dalla Parte Guelfa, conservatrice della tradizione ideologica70. Salutati e Bruni divennero parte del popolo grasso : mancava sì loro un patrimonio di famiglia da ereditare, ciò nonostante appartenevano a quel ceto di cittadini fiorentini dal più alto reddito, del quale la retribuzione dell’ufficio di Cancelliere costituiva solo una piccola parte71. I soli motivi di carattere economico sarebbero già di per sé stati sufficienti affinchè i cancellieri di Firenze mostrassero interesse al mantenimento delle strutture politiche, sociali ed economiche e sostenessero di conseguenza in modo sincero la politica interna ed estera dell’oligarchia.

Per lo studio di decision-making Firenze possiede una fonte di per sé unica, i verbali degli organi consultivi del Comune, le Consulte e Pratiche, [p. 187] che rientravano anche essi nella sfera di competenza del Cancelliere72. Le dichiarazioni del piccolo gruppo degli oligarchi al potere che, come i portavoce dei collegi, dei quartieri e di altri, prendevano la parola in volgare, venivano messe a verbale da Salutati in traduzione latina. Attraverso tali verbali fu garantita la continuità della politica fiorentina, quella stessa continuità che i Priori, il Gonfaloniere di giustizia e i collegi, stabiliti dalla sorte e avvicendantisi velocemente, non erano in grado di garantire. Il Cancelliere riceveva da essi il compito di propagandare nelle missive la politica pragmatica e prosaica “dulcibus verbis73 : Salutati fece tutto ciò in maniera stupenda. La funzione propagandistica di queste lettere non consente di desumere profonde convinzioni politico-sociali del Cancelliere, né, tanto meno, quelle dei mandanti. Rientrano, le lettere, piuttosto nella tradizione della retorica ciceroniana. Ovviamente però la convinzione di base resta il vecchio ideale guelfo di un’unione tra il Comune libero, il Papato — nel periodo dello scisma con il papa romano — gli Angioini presenti nel Regno e più in generale il regno francese contro i ghibellini dispotici, incarnati in particolare nella persona di Giangaleazzo Visconti74. L’idea di regno di quest’ultimi riuniva elementi medievali e romano-antichi, ma rifiutava tuttavia qualunque dominio effettivo di un imperatore in Italia75. A seconda della necessità, Salutati in un documento poteva elogiare il duca milanese e in un altro marchiarlo come despota sanguinario76 ; incensare il papato, gli Angioini e i francesi con le più alte lodi in quanto pilastri dell’alleanza guelfa, da tempo ormai superata da una diversa realtà politica, oppure, se del caso, profferire contro gli stessi dure accuse, perché avversari di Firenze. Non [p. 188] sono perciò rare espressioni di pa-triottismo italiano e francofobo77. Globalmente, ad ogni modo, nulla lascia pensare ad un decisivo capovolgimento delle opinioni politiche — da guelfo-medievali ad anticorepubblicane — dell’oligarchia al potere, sotto l’influsso di una minaccia da parte di Giangaleazzo Visconti. Solo molto tempo dopo la morte di Salutati, nel secondo decennio del XV secolo, si ritrova nelle polemiche un nuovo patrimonio lessicale politico fortemente segnato da antichi concetti. Si tratta di un vocabolario che non è in rapporto con avvenimenti diplomatici o militari, piuttosto sembra essere il risultato del passaggio di Firenze da una costituzione corporativa ad una aristocratica78. L’alto registro stilistico della Cancelleria fiorentina ebbe in particolare sotto Salutati, accanto ad una funzione politico-propagandistica, anche una notevole influenza letteraria. Nella tradizione delle grandi raccolte epistolari del XIII secolo79 gli scritti del cancelliere vennero divulgati sotto forma di collezioni di lettere, ritenuti esempi tipici e pertanto utilizzati nell’insegnamento della retorica. Attorno al 1400 venne ascritto a Salutati quello stesso ruolo che 150 anni prima era stato assegnato a Pier della Vigna80.

L’influsso che la Cancelleria fiorentina ebbe sullo sviluppo della scrittura documentaria del XV secolo fu però di ben più ampia portata. Salutati stesso come notaio a Stignano e Lucca prima, e più tardi quale Cancelliere di Firenze, ha utilizzato la comune corsiva gotica notarile passando [p. 189] da un grado di scrittura molto impreciso e sfuggente ad una più formale che si accosta alla scrittura semigotica dei codici letterari81. Attraverso le ricerche di Berthold Louis Ullman sappiamo peraltro che Salutati incitò il proprio allievo Poggio Bracciolini a sostituire, nell’ambito dei manoscritti letterari, la minuscola gotica libraria, difficilmente leggibile, con la minuscola umanistica libraria, che imitava l’antica minuscola carolingia del X-XII secolo82. Tutto ciò avvenne intorno al 1400. Niccolò Niccoli, appartenente alla cerchia dei primi umanisti fiorentini, creò 20 anni più tardi, a partire dal 1423, un tipo di corsiva che riprendeva chiari elementi della riforma di Poggio sia nell’insieme dei caratteri delle lettere che nell’ortografia83. Ma anche la corsiva umanistica del Niccoli non fu una scrittura d’ufficio o documentaria. L’influsso delle innovazioni umanistiche nella scrittura gotica delle cancellerie e nell’uso giornaliero fu lungo e complicato. Per molto tempo in seguito si continuò ad usare la scrittura gotica documentaria, soprattutto da parte dei giuristi, quasi senza variazioni sino al secolo XV inoltrato. Un’analisi delle serie dei “Registri della Prima Cancelleria”, delle “Legazioni e Commissarie” e delle “Consulte e Pratiche”, così come dei documenti originali fiorentini a disposizione, offre come risultato l’evidenza che la scrittura documentaria umanistica a Firenze si sviluppò sotto l’influsso dell’umanistica libraria attraverso un processo lento, durato più decenni. Salutati stesso usava scrivere una corsiva gotica semplice, che poteva variare da una semigotica simile alla scrittura libraria sino a modelli di corsiva imprecisa e sfuggente84. La scrittura documentaria fiorentina tanto nei registri quanto nei documenti originali è dagli anni Trenta del XV secolo una scrittura ibrida, un’ulteriore evoluzione della scrittura documentaria gotica sotto l’influsso di un nuovo gusto stilistico, il quale sostituisce forme fratte, [p. 190] appuntite, angolose con altre più semplici e più arrotondate, dove vengono accolti, lentamente, anche singoli elementi della scrittura umanistica contemporanea85. Ciò non è tuttavia vero per le “Provvisioni”, per quei manoscritti in pergamena di grande formato, stilati in maniera particolarmente accurata, nei quali vennero annotati in lingua latina gli atti legislativi del Comune86. I notai che stilarono questi volumi utilizzarono sino oltre la metà del XV secolo una corsiva puramente gotica senza alcun influsso da parte della scrittura umanistica87. Nella Cancelleria, segnata dalla presenza degli umanisti, al contrario, le invenzioni di Salutati e Poggio furono ammesse nella scrittura documentaria a partire dal 1425 ca., probabilmente dietro intervento dello Studio, la scuola fiorentina per i notai88.

Al contempo questa scrittura umanistica documentaria non si sviluppò in nessun caso dalla corsiva umanistica di Niccoli, che restò una corsiva umanistica libraria e che influenzò la scrittura documentaria non più della minuscola umanistica libraria, così come Poggio l’aveva sviluppata nel 1400 ca89. Nella scrittura documentaria troviamo un lungo processo di riduzione e finalmente eliminazione della principale caratteristica della gotica, cioè la spezzatura delle curve, il tratteggio angoloso delle forme rotonde, il forte contrasto tra i tratti pesanti e quelli fini e l’accostamento dei tratti curvi di due lettere vicine90. Tali tipi vengono lentamente sostituiti da forme più rotonde, ed inoltre appaiono singole lettere dell’umanistica libraria, soprattutto la s finale lunga e la d diritta (invece delle forme rotonde della gotica). Inoltre le aste tendono ad inclinarsi verso destra91. Ovviamente i tratti più evoluti rispetto a quelli gotici angolosi restano per il momento ancora in minoranza ; solo dopo il 1430 diventano più frequenti92. Diversamente dall’umanistica libraria, nei documenti scritti in umanistica documentaria non viene, tuttavia, ripristinata l’antica ortografia : viene mantenuto e invece di ae/oe, michi invece di mihi e così via ; a sua volta il latino nella maggior parte dei documenti resta quello medievale93. Dopo il 1440 presso numerosi scrittori della Cancelleria fiorentina prevalgono le caratteristiche lettere dell’umanistica libraria, tanto che ora si può definitivamente parlare di una scrittura documentaria [p. 191] umanistica, pure se anche dopo il 1450 si trovano tipi ibridi, sia nei registri che nei documenti originali, tipi che constano di elementi evoluti della corsiva gotica e di elementi dell’umanistica libraria94.

La diffusione della scrittura documentaria umanistica fiorentina è un processo difficile da comprendere sia a causa della mancanza di una prosopografia relativa al notariato italiano, sia perché gli scrittori, che dietro l’esempio della Cancelleria fiorentina facevano uso della nuova scrittura, sono per la maggior parte anonimi. L’adozione della nuova scrittura diviene palese nella Curia papale95. Non furono gli umanisti fiorentini come Poggio Bracciolini ad introdurvela, dal momento che proprio quest’ultimo in qualità di Segretario pontificio usava una corsiva documentaria gotica o semigotica (protoumanistica)96. L’influsso si accentuò quando, nel 1434-36 e nel 1438-39, la Curia romana si trovava a Firenze durante il concilio che stabilì l’unione con la Chiesa greca, come ha mostrato Thomas Frenz97. Tale influsso inizia “nel momento in cui non sono più gli umanisti ad andare dalla Curia, ma è quest’ultima a rivolgersi a loro”98. A quei tempi le autorità della Curia romana furono costrette ad assumere numerosi scrittori della Cancelleria fiorentina che utilizzavano già le nuove forme della scrittura documentaria. Tali scrittori furono impiegati soprattutto all’interno della Segreteria pontificia, che allora era ancora in fase di costituzione e non possedeva personale fisso99. I brevi redatti nella Segreteria mostrano prima del soggiorno fiorentino solamente delle corsive gotiche, le quali vennero sostituite da tipi ibridi a partire dal soggiorno di Eugenio IV a Firenze, fino a quando nel periodo dal 1458 al 1464, sotto Pio II, non dominò una chiara cancelleresca umanistica (italica) sia nei brevi originali che nei registri degli stessi100. La Cancelleria Apostolica vera e propria, fiera delle sue tradizioni, si chiuse naturalmente di fronte alle novità fino quasi alla fine del XV secolo101. La Camera Apostolica al contrario si aprì, con titubanza, ai nuovi caratteri della scrittura documentaria. [p. 192] Qui, durante il soggiorno della Curia a Firenze, il personale amministrativo di formazione umanistica aveva introdotto la nuova scrittura, la quale tuttavia, dopo l’abbandono di Firenze e il ritorno a Roma, lasciò nuovamente il posto a tipi ibridi che solo più tardi, in particolare sotto Sisto IV, si trasformarono in forme della scrittura documentaria umanistica102. La scrittura gotica documentaria continuò tuttavia ad essere presente presso le autorità della Curia pontificia : nelle serie dei registri la parte redatta in tale scrittura non scese mai al di sotto di un terzo dell’intero corpo e, verso il 1500, addirittura aumentò. Dopo il 1500 presso le autorità papali continuò ad esistere solo la scrittura gotica documentaria o la scrittura umanistica documentaria (cancelleresca italica) ; ad ogni modo non vi fu più nessun tipo ibrido103.

L’analisi di Martin Ruth104 dei documenti delle autorità comunali di Siena, Perugia, Arezzo e Foligno, Comuni questi che erano in stretto contatto con Firenze, ha mostrato un continuo sviluppo, cronologicamente di poco posteriore a quello che ebbe luogo a Firenze. Si tratta di uno sviluppo che porterà innanzitutto negli anni Venti a caratteri di scrittura più rotondi, tendenti a mitigare le caratteristiche gotiche, ed ad altre soluzioni miste, che lentamente accoglieranno la forma tipica della scrittura umanistica delle lettere d ed s. Uno sviluppo, in definitiva, che con un lungo e durevole processo, che non si concluderà perlomeno sino attorno al 1500, porterà ad una pura cancelleresca italica. A Siena questo sviluppo inizia già negli anni Trenta, lievemente in ritardo rispetto a Firenze, e si delinea più chiaramente negli anni Quaranta105. Perugia e Foligno raggiungono un livello simile alla fine degli anni Quaranta106, mentre ad Arezzo prima del 1450 è raro incontrare documenti influenzati dalle forme grafiche umanistiche, che solo negli anni Sessanta godranno di una maggiore diffusione107.

[p. 193] Per quanto riguarda l’Emilia-Romagna Horst Zimmerhackl ha raggiunto risultati simili108. A Bologna, presso la cancelleria degli Estensi a Ferrara, a Modena e Reggio Emilia la ricezione di elementi della scrittura umanistica da parte della scrittura documentaria è riconoscibile dagli anni Trenta, anche se continuavano a coesistere elementi corsivi gotici e tipi ibridi ; solo dagli anni Sessanta la scrittura documentaria umanistica è diffusa ovunque109. Simone Helldörfer ha appurato che a Venezia l’apparire di una scrittura documentaria segnata dall’influsso umanistico è databile solamente a partire dalla fine degli anni Quaranta110.

La tendenza verso un nuovo tipo di scrittura è ovunque opera dei singoli scrittori ; in nessun luogo è visibile un’iniziativa unitaria della cancelleria o di altre autorità. Dal momento che gli scrittori nella maggior parte dei casi restano anonimi, o, quando vengono nominati, non si conosce alcunché della loro educazione formativa e della loro carriera, non possiamo in generale formulare alcuna affermazione definitiva di come la scrittura documentaria fiorentina si sia diffusa. Ciò potrebbe essere avvenuto attraverso scrittori fiorentini che avrebbero esportato le nuove forme di scrittura verso altri comuni ; ma è possibile anche che scrittori di altri Comuni avessero preso dimestichezza con questa scrittura documentaria umanistica soggiornando a Firenze, magari presso lo Studio111. Solo nel caso della cancelleria degli Estensi a Ferrara può essere dimostrato che Guarino da Verona, il quale da lungo tempo intratteneva contatti con gli umanisti fiorentini e che nel 1429 andò a Ferrara dove esercitò una grande attività didattica, portò alla corte degli Estensi le conoscenze apprese a Firenze circa la scrittura umanistica, e si servì in seguito sia di una minuscola libraria umanistica che di una scrittura corsiva112. Ludovico Carbone nell’orazione funebre in occasione della morte [p. 194] del maestro ricordò espressamente che Guarino insegnò ai notai ferraresi non solo le discipline umanistiche ma anche una scrittura che si differenziava da quella gotica del notariato precedente113. Da Guarino ricevette sicuramente il proprio impulso anche Ludovico Casella, che entrò presso la Camera degli Este nel 1436 portando con sé una scrittura documentaria già fortemente connotata in senso umanistico. Nell’anno 1437 Casella passò alla Cancelleria e divenne in appena 15 anni uno dei più importanti consiglieri ed impiegati di Borso d’Este114. Malatesta Ariosto, Aristotele de Bruturiis e Filippo Bendedei hanno sicuramente tratto dalla scuola di Guarino gli spunti fondamentali per la loro scrittura documentaria umanistica115. In questo caso diventa chiaro come i maggiori impulsi ad un cambiamento della scrittura documentaria gotica siano arrivati dalla Cancelleria fiorentina.

Così come nel caso della diffusione della minuscola libraria umanistica da Firenze a tutto il resto dell’Italia, anche per quanto riguarda la storia della nascita e divulgazione della scrittura documentaria ci troviamo ancora di fronte a tutta una serie di problemi, che solo dopo un ulteriore esame approfondito delle cancellerie comunali e di altre autorità dell’Italia potranno avvicinarsi ad una soluzione.


1 Hermann Goldbrunner per il suo sessantacinquesimo compleanno.

2 D. Marzi, La cancelleria della repubblica fiorentina, Rocca S. Casciano, 1910 ; rist. in 2 vol. con presentazione di G. Cherubini, Firenze, 1987.

3 Vol. 2, p. 515 s.

4 Vol. 1, p. 357.

5 Ristampa vol. 1, presentazione.

6 G. Cencetti, Lineamenti di storia della scrittura latina, Bologna, 1954, p. 289. Cfr. anche Cencetti, Paleografia latina, Roma, 1978, p. 133 ; A. Petrucci, Lezioni di storia della scrittura latina, Roma, 1985, p. 99 s.

7 Th. Frenz, Das Eindringen humanistischer Schriftformen in die Urkunden und Akten der päpstlichen Kurie im 15. Jahrhundert, in : Archiv für Diplomatik, 19, 1973, p. 287-418 ; 20, 1974, p. 384-506.

8 M. Rüth, Aufkommen und Verbreitung der humanistischen Kanzleikursive in den kommunalen Behörden der südlichen Toskana und Umbriens. Untersuchungen zu den Dokumentarschriften von Foligno, Perugia, Siena und Arezzo im 15. Jahrhundert, in : Archiv für Diplomatik, 36, 1990, p. 221-370 ; 37, 1991, p. 307-451.

9 H. Zimmerhackl, Das Eindringen humanistischer Schriftformen in die Dokumentarschrift der kommunalen Behörden der Emilia Romagna im 15. Jahrhundert. Untersuchungen zur Schriftentwicklung in den obersten Verwaltungsorganen von Bologna, Ferrara, Modena und Reggio Emilia, Tesi dattiloscritta di dottorato di ricerca in storia, Università di Würzburg, 1997, 522 p. ; in corso di pubblicazione nell’Archiv für Diplomatik.

10 S. Helldörfer, Die humanistische Schrift in Venedig. Ein paläographischer Beitrag zu Aufkommen und Verbreitung humanistischer Schriftformen in den Akten der Serenissima im 15. Jahrhundert, Tesi dattiloscritta di laurea, Università di Würzburg, 1997, 186 p.

11 P. Herde, Die Schrift der Florentiner Behörden in der Frührenaissance (ca. 1400-1460). Ein Beitrag zur Frage des Übergangs von der gotischen zur humanistischen Schrift, in : Archiv für Diplomatik, 17, 1971, p. 302-335.

12 Sulla cancelleria sforzesca si vedano adesso le osservazioni di F. Senatore,Uno mundo de carta”. Forme e strutture della diplomazia sforzesca, Napoli, 1998, p. 357-362.

13 Marzi, vol. 1 p. 12 s.

14 Ibidem, p. 12 s.

15 Ibidem, p. 15.

16 Ibidem, p. 15 ss. ; R. Davidsohn, Storia di Firenze, vol. 4, parte 2, Firenze 1973, p. 221 ss.

17 Marzi, vol. 1, p. 62 s. ; Davidsohn, Storia di Firenze, vol. 4, parte 1, Firenze, 1973, p. 182 s.

18 Marzi, vol. 1, p. 62 s.

19 Ibidem, p. 79 s.

20 Ibidem, p. 74 s., 106 s., 153 s., 188 s. e l’elenco vol. 2, p. 514.

21 R. Black, Benedetto Accoltí and the Florentine Renaissance, Cambridge, 1985, specialmente p. 138 s.

22 A. Brown, Bartolomeo Scala 1430-1497, Chancellor of Florence : The Humanist as Bureaucrat, Princeton, 1979, specialmente p. 135 s.

23 Marzi, vol. 1, p. 113 s. ; F. Novati, La giovinezza di Coluccio Salutati, Torino, 1888 ; B.L. Ullman, The Humanism of Coluccio Salutati, Padova, 1963 ; E. Garin, I cancellieri umanisti della repubblica fiorentina da Coluccio Salutati a Bartolomeo Scala, in : La cultura filosofica del Rinascimento italiano, Firenze, 1961, p. 3 s. ; D. De Rosa, Coluccio Salutati : Il cancelliere e il pensatore politico, Firenze, 1980 ; R.G. Witt, Hercules at the Crossroads : Life, Works and Thought of Coluccio Salutati, Durham, 1983.

24 Marzi, vol. 1, p. 159 s, 188 s. ; C. Vasoli, Dizionario biografico degli Italiani, vol. 14, Roma, 1972, p. 618 s. (con ampia bibliografia) ; Leonardo Bruni cancelliere della Repubblica di Firenze. Convegno di studi (Firenze 27-29 ottobre 1987), a cura di P. Viti, Firenze, 1990, con importanti contributi di E. Garin, p. 3 s. ; N. Rubinstein, p. 15 s. ; R. Fubini, p. 29 s.

25 Marzi, vol. 1, p. 210 s. ; Black, p. 90 s. e passim.

26 E. Walser, Poggius Florentinus Leben und Werke, Leipzig-Berlin, 1914 ; E. Bigi, A. Petrucci, Dizionario biografico degli Italiani, vol. 13, Roma, 1971, p. 640 s. ; Black, p. 88 s. e passim.

27 Si veda l’elenco di Marzi, vol. 2, p. 515 s.

28 Archivio di Stato Firenze, Signori-Carteggi, Missive Prima Cancelleria, vol. 25 s. ; cfr. Marzi, vol. 2, p. 527 s. Un volume si trova oggi nella Biblioteca Columbina di Sevilla (Cod. 5.5.8), cfr. H. Goldbrunner, Eine unbeachtete Quelle zur Geschichte des Iacopo d’Appiano : Die Hs. 5. 5. 8 der Biblioteca Columbina Sevilla, in : Quellen u. Forschungen aus ital. Archiven und Bibliotheken, 52, 1972, p. 822.

29 H. Langkabel, Die Staatsbriefe Coluccio Salutatis. Untersuchungen zum Frühhumanismus in der Florentiner Staatskanzlei und Auswahledition, [Archiv für Diplomatik, Beiheft 3], Köln/Wien, 1981.

30 Vat. Capp. 147.

31 Cfr. A. Petrucci (a cura di), Il protocollo notarile di Coluccio Salutati (1372-1373), Milano, 1963, p. 21 s. ; Herde, o.c., p. 311 s. ; Langkabel, p. 24 s.

32 Langkabel, p. 25 s.

33 Ullman, The Humanism, p. 108 s. ; Langkabel, p. 27 s.

34 Ullman, The Humanism, p. 106 s. ; cfr. anche De Rosa, Coluccio Salutati, p. 16 s. Su R.G. Witt, Coluccio Salutati and his Public Letters, Genève, 1976, p. 23 s., si vedano le osservazioni critiche di Langkabel, Aevum, 52, 1978, p. 600 s.

35 Ullman, p. 231 s. ; Langkabel, p. 29 s.

36 Ullman, p. 222 s. ; Langkabel, p. 29 s.

37 Langkabel, p. 32 s. ; cfr. Ullman, p. 235 s.

38 Langkabel, p. 33 s. ; cfr. Ullman, p. 250 s.

39 Langkabel, p. 35 ; cfr. Ullman, p. 246 s.

40 Langkabel, p. 36 ; cfr. Ullman, p. 249 s.

41 Langkabel, p. 37 ; cfr. Ullman, p. 235 s.

42 Langkabel, p. 38 s. ; cfr. Ullman, p. 253.

43 Langkabel, p. 39 s. ; cfr. Ullman, p. 251 s.

44 Langkabel, p. 40 s. ; cfr. Ullman, p. 228.

45 Langkabel, p. 43 ; cfr. Ullman, p. 222.

46 Langkabel, p. 43 ; cfr. Ullman, p. 232.

47 Langkabel, p. 44 ; cfr. Ullman, p. 235.

48 Langkabel, p. 44 ; cfr. Ullman, p. 238 s.

49 Langkabel, p. 45 ; cfr. Ullman, p. 239.

50 Langkabel, p. 45 ; cfr. Ullman, p. 251.

51 Langkabel, p. 45 ; cfr. Ullman, p. 252.

52 Langkabel, p. 46 s. ; cfr. Ullman, p. 254 ; De Rosa, p. 231.

53 Cfr. p. e. le lettere nn. 34, 60, 63, 64 ; a cura di Langkabel, p. 132, 182, 189, 192 (1376-1384) ; Langkabel, p. 47 s. Cfr. anche : Coluccio Salutati, Index, a cura di C. Zintzen, U. Ecker, P. Riemer, Index zur lateinischen Literatur der Renaissance, vol. 1, Tübingen, 1992.

54 Langkabel, p. 51 s.

55 Langkabel, p. 54.

56 Epistolario di Coluccio Salutati, a cura di F. Novati, 4 vol., [Fonti per la storia d’Italia], Roma, 1891-1911, vol. 2, p. 419 s.

57 Ibidem, vol. 1, p. 77.

58 B. Migliorini, Storia della lingua italiana, Firenze, 1967, p. 242 s. ; C. Dionisotti, Gli umanisti e il volgare fra Quattro e Cinquecento, Firenze, 1968 ; P.O. Kristeller, The Origin and Development of the Language of Italian Prose, in : Kristeller, Studies in Renaissance Thought and Letters, vol. 1, Roma, 1956, p. 473 s. ; Kristeller, Latin and Vernacular in Fourteenth- and Fifteenth-Century Italy, in : Kristeller, Studies in Renaissance Thought and Letters, vol. 4, Roma, 1996, p. 341 s. (con ampia bibliografia).

59 Marzi, vol. 1, p. 422 s. ; De Rosa p. 14 s. Sono, invece, in volgare le lettere ed informazioni delle Legazioni e Commissarie dei Signori dettate dal Salutati.

60 Questo è il risultato di una verifica dei registri Firenze, Archivio di Stato, Signori-Carteggi, Missive Prima Cancelleria, vol. 28-40, 1407-1456 ; cfr. Marzi, vol. 2, p. 528. Si veda P. Herde, Humanism in Italy, in : Herde, Von Dante zum Risorgimento. Studien zur Geistes- und Sozialgeschichte Italiens, [Gesammelte Abhandlungen und Aufsätze vol. 1], Stuttgart, 1997, p. 79 s.

61 Cfr. Vat Capp. 147 p. 186 (6 luglio 1401, lettera indirizzata al papa Bonifacio IX : Nec credat vestra benignitas id, quod apostolice sanctitati scribitur, solum a prioratus officio et actore dictaminis emanare. Summis quidem pontificibus, imperatori vel regibus per nos scribi non potest, nisi deliberatio nostrorum collegiorum accesserit et consensus … Si veda Herde, Politik und Rhetorik in Florenz am Vorabend der Renaissance. Die ideologische Rechtfertigung der Florentiner Außenpolitik durch Coluccio Salutati, in : Herde, Von Dante zum Risorgimento, p. 105. Si veda anche De Rosa, p. 57 s.

62 Herde, Politik und Rhetorik, p. 150.

63 Si veda la sua responsiva all’invettiva di Antonio Loschi : Invectiva Colucci Salutati reip. Flor. a secretis ad Antonium Loschum Vicentinum de eadem reipublica male sentientem, a cura di D. Moreni, Firenze, 1826, p. 231.

64 Epistolario, a cura di F. Novati, vol. 4, p. 247.

65 C. Manaresi, I registri Viscontei. Inventari e regesti del R. Archivio di Stato in Milano, vol. 1 ; Milano, 1915, p. XXXII s. ; D.M. Bueno de Mesquita, Giangaleazzo Visconti, Duke of Milan (1351-1402), Cambridge, 1941, passim ; A. Viscardi, La cultura milanese nel secolo XIV, in : Storia di Milano, vol. 5, Milano, 1955, p. 592. G. Billanovich, Petrarca e Cicerone, in : Miscellanea Giovanni Mercati, vol. 4, [Studi e Testi 124], Città del Vaticano 1946, p. 98, 105 ; G. Da Schio, Sulla vita e sulle scritti di A. Loschi vicentino, uomo di lettere e di stato, commentarii, Padova, 1858 ; L. Pastine, Antonio Loschi, umanista vicentino, in : Rivista d’Italia, 18, parte I, 1915, p. 831 s. ; V. Zaccaria, Le epistole e i carmi di Antonio Loschi durante il cancellierato visconteo, in : Atti Accad. Nazionale dei Lincei, Memorie, Classe di scienze morali … ser. 8, vol. 18, 1975, p. 367 s. ; R. Fubini, in : Dizionario biografico degli Italiani, vol. 3, Roma, 1961, p. 574 s. ; Herde, Politik und Rhetorik, p. 135 s.

66 H. Baron, The Crisis of the Early Italian Renaissance : Civic Humanism and Republican Liberty in an Age of Classicism and Tyranny, Princeton, 1966. Traduzione italiana : La crisi del primo Rinascimento, Firenze, 1970.

67 Cfr. la critica fondamentale della prima edizione dell’opera di Baron in due volumi, Princeton, 1955, di M. Seidlmayer, Göttingische Gelehrte Anzeigen, 210, 1956, p. 35 s. ; rist. Seidlmayer, Wege und Wandlungen des Humanismus, Göttingen, 1965, p. 47 s. Sul controverso dibattito sulla tesi del Baron si veda la bibliografia cit. da Herde, Politik und Rhetorik, p. 158 s. ; Idem, Politische Verhaltensweisen der Florentiner Oligarchie 1382-1402, in : Herde, Von Dante zum Risorgimento, p. 161 s. ; Idem, Guelfen und Neoguelfen. Zur Geschichte einer nationalen Ideologie vom Mittelalter zum Risorgimento, in : Ibidem, p. 300, con nota 259, p. 302 con nota 267. Per la critica recente si veda specialmente J. Hankins, The Baron Thesis after Forty Years and Some Recent Studies of Leonardo Bruni, in : Journal of the History of Ideas, 56, 1995, p. 309 s. ; AHR Forum, in : American Historical Review, 101, 1996, p. 107 s. Cfr. anche R. Fubini, Renaissance Historian : The Career of Hans Baron, in : Journal of Modern History, 64, 1992, p. 541 s.

68 G. Brucker, The Civic World of Early Renaissance Florence, Princeton, 1977, p. 3 s., 60 s. Per una interpretazione nella tradizione di Baron si veda R.G. Witt, Florentine Politics and the Ruling Class, 1382-1407, in : Journal of Medieval and Renaissance Studies, 6, 1976, p. 243 s. ; J.M. Najemy, Corporatism and Consensus in Florentine Electoral Politics, 1280-1400, Chapel Hill, 1982, p. 263 s.

69 N. Rubinstein, The Government of Florence under the Medici, Oxford, 1966, p. 1 s. ; D. Kent, The Rise of the Medici : Faction in Florence 1426-1434, Oxford, 1978, passim.

70 Cfr. la bibliografia cit. alle note 66 s. Sull’abuso propagandistico del concetto della ‘libertà’, grossolanamente malinteso dal Witt, Florentine Politics, si vedano le osservazioni di E. Conti, LeConsulteePratichedella repubblica fiorentina nel Quattrocento, vol. 1 : 1401, Cancellierato di Coluccio Salutati, [Università degli Studi di Firenze, Fonti di storia medievale e umanistica], Pisa, 1981, p. LVI s. : “Coluccio … riusciva a mantenersi un fedele interprete della classe politica, perché era conscio dei limiti che la sua condizione di cancelliere gli imponevano e sapeva magistralmente toccare certi temi nella misura e nella direzione desiderate dall’élite al potere. Come ogni grande classe dirigente, quella fiorentina aveva un altissimo concetto di se stessa, che le impediva di vedere le profonde contraddizioni esistenti fra i suoi ideali dilibertas publicae i rapporti di potere realmente vigenti nella Repubblica. Lalibertas publicamal si conciliava infatti col concetto monopolistico, che dellasualibertà nutriva la classe politica. Da quella libertà erano esclusi, come è noto, non solo le classi inferiori cittadine e i ceti medi comitatini, ma anche isudditidelle città soggette, più una ampia porzione del patriziato cittadino, quella deimagnati’, le numerose famigliepopolanein qualche modo sospette al regime vigente, nonché le forze sociali emergenti non ancora cooptate, e che non saranno mai cooptate, nelreggimento”. Anche p. LXVIII : “La contraddizione più macroscopica dellalibertasfiorentina è latirannidedi Firenze verso le città soggette.” Cfr. anche N. Rubinstein, Florentina libertas, in : Rinascimento, 2a, serie 26, 1986, p. 3 s.

71 Sulla condizione economica dei cancellieri fiorentini si veda L. Martines, The Social World of the Florentine Humanists 1390-1460, London, 1963, p. 105 s. (Salutati), 117 s. (Bruni), 123 s. (Poggio).

72 Marzi, vol. 1, p. 135, 273, 341, 343 s., 432 ; vol. 2, p. 515 s. e passim. Si veda alla nota 69 ; Le consulte e pratiche della repubblica fiorentina (1405-1406), a cura di L. De Angelis, R. Ninci, P. Pirillo, [Fonti per la storia dell’ Italia medievale, Antiquitates vol. 5], Roma, 1996 ; Black, come alla nota 20, p. 157 s. ; Herde, Politische Verhaltensweisen, p. 181 s.

73 Herde, Politische Verhaltensweisen, p. 192 s.

74 E. Santini, Firenze e i suoioratorinel Quattrocento, Milano, 1922, p. 235 s. ; F. Ercole, Dal comune al principato. Saggi sulla storia del diritto pubblico del Rinascimento italiano, Firenze, 1929, p. 232 s. ; N. Valeri, La libertà e la pace. Orientamenti politici del Rinascimento italiano, Torino, 1942 ; J.E. Seigel, Rhetoric and Philosophy in Renaissance Humanism. The Union of Eloquence and Wisdom : Petrarch to Valla, Princeton, 1968, p. 63 s. ; Langkabel, come alla nota 28, p. 55 s. ; A. Petrucci, Coluccio Salutati, Roma, 1972, passim.

75 Ercole, p. 216.

76 Herde, Politik und Rhetorik, p. 134 s.

77 Ibidem, p. 118 s. Si veda anche P. Gilli, Au miroir de l’humanisme. Les représentations de la France dans la culture savante italienne à la fin du Moyen Age (c. 1360-c. 1490), [Bibliothèque des Ecoles d’Athène et de Rome 296], Roma, 1997, p. 283 s.

78 G. Brucker, Humanism, Politics and the Social Order in Early Renaissance Florence, in : Florence and Venice. Comparisons and Relations, vol. 1 : Quattrocento, Firenze, 1979, p. 3 s., rist. in : Brucker, Renaissance Florence : Society, Culture, and Religion, Goldbach, 1994, p. 237 s.

79 Sulle collezioni de lettere del XIII secolo si veda H.M. Schaller, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Petrus de Vinea, in : Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters, (= DA), 12, 1956, p. 114 s. ; rist. in : Schaller, Stauferzeit. Ausgewählte Aufsätze, [MGH Schriften vol. 38], Hannover, 1993, p. 225 s. ; Idem, Studien zur Briefsammlung des Kardinals Thomas von Capua, in : DA, 21, 1965, p. 371 s. ; P. Herde, Federico II e il Papato. La lotta delle cancellerie, in : Federico II e le nuove culture, Atti del XXXI Convegno storico internazionale, Todi, 9-12 ottobre 1994, Spoleto, 1995, p. 69 s., specialmente p. 75 s. ; E. Fleuchaus, Die Briefsammlung des Berard von Neapel. Überlieferung-Regesten, [MGH Hilfsmittel vol. 17], München, 1998, p. 1 s.

80 Kristeller, Humanism and Scholasticism in the Italian Renaissance, in : Kristeller, Studies, vol. 1, p. 564 s. ; Herde, Politik und Rhetorik, p. 106 s.

81 Petrucci, Il protocollo, p. 21 s. ; Herde, Schrift, p. 308 s. ; Langkabel, p. 25 s.

82 B.L. Ullman, The Origin and Development of Humanistic Script, Roma, 1960, p. 11 s., con poche precisazioni di A.C. De la Mare, The Handwriting of Italian Humanists, vol. 1, parte 1, Oxford, 1973 ; G. Billanovich, Alle origini della scrittura umanistica : Padova 1261 e Firenze 1397, in : Miscellanea Augusto Campana, vol. 1, Padova, 1981, p. 125 s. ; De la Mare, Humanistic Script : the First Ten Years, in : Das Verhältnis der Humanisten zum Buch, a cura di F. Kraft, D. Wuttke, Boppard, 1977, p. 89 s. ; De la Mare, D.F.S. Thomas, Poggio’s Earliest Manuscript ?, Italia medioevale e umanistica, 16, 1973, p. 179 s. ; B. Bischoff, Paleografia latina. Antichità e Medioevo, ed. italiana a cura di G.P. Mantovani, S. Zamponi, Padova, 1992, p. 211 s.

83 Ullman, Origin, p. 59 s. Ma si vedano anche le importanti osservazioni di Zimmerhackl, Eindringen, p. 487.

84 Si veda alla nota 80.

85 Herde, Schrift, p. 310 s.

86 Marzi, vol. 1, passim ; vol. 2, p. 516 s. Cfr. Rubinstein, Government, p. VI.

87 Herde, Schrift, p. 325 s.

88 Ibidem, p. 317 s., 327 s.

89 Ibidem, p. 329 s.

90 Cfr. G. Battelli, Lezioni di paleografia, Città del Vaticano, 19493, p. 225 s.

91 Herde, Schrift, p. 311 s. ; Frenz, Eindringen, p. 334 s.

92 Herde, Schrift, p. 313 s., 316 s., 328 s.

93 Ibidem, p. 320, 322.

94 Come alla nota 91.

95 Frenz, Eindringen, (come alla nota 6).

96 Frenz, Eindringen, in : Archiv für Diplomatik, 20, p. 434 s.

97 Ibidem, p. 491 s. (Riassunto).

98 Ibidem, p. 492.

99 Cfr. A. Kraus, Secretarius und Sekretariat, in : Römische Quartalschrift für christliche Altertumskunde und Kirchengeschichte, 55, 1960, p. 43 s. ; Frenz, Eindringen, in : Archiv für Diplomatik, 19, p. 319 s. ; Idem, Die Kanzlei der Päpste der Hochrenaissance (1471-1527), Tübingen, 1986, p. 154 s. ; Idem, I documenti pontifici nel Medioevo e nell’età moderna, Città del Vaticano, 1989, p. 32 s., 65 s.

100 Frenz, Eindringen, in : Archiv für Diplomatik, 20, p. 416 s.

101 Frenz, Eindringen, in : Archiv für Diplomatik, 19, p. 356 s.

102 Frenz, Eindringen, in : Archiv für Diplomatik, 19, p. 376 s. ; 20, p. 384 s.

103 Frenz, Eindringen, in : Archiv für Diplomatik, 20, p. 492 s.

104 Rüth, Aufkommen, (coma alla nota 7).

105 Rüth, Aufkommen, in : Archiv für Diplomatik, 37, p. 314 s., 395 s.

106 Rüth, Aufkommen, in : Archiv für Diplomatik, 36, p. 246 s., 305 s.

107 Rüth, Aufkommen, in : Archiv für Diplomatik, 37, p. 403 s. Un caso isolato sembra essere ad Arezzo l’attività di Giovanni di Cenni (Giovanni Aretino ?) come Cancelliere del Comune nel 1410-1411 e la sua ‘minuscola senz’ altro originale e fortemente innovata al modo umanistico’ ; si veda G. Nicolaj Petronio, Per la soluzione di un enigma : Giovanni Aretino copista, notaio e cancelliere, in : Humanistica Lovaniensia, 30, 1981, p. 3 s.

108 Zimmerhackl, Eindringen, (come alla nota 8).

109 Cfr. il riassunto di Zimmerhackl, p. 479 s.

110 Helldörfer, Humanistische Schrift, (come alla nota 9). L’investigazione si limita alle serie ‘Senato Terra’ e ‘Senato Mar’ dell’ Archivio di Stato di Venezia. Per la cancelleria sforzesca il Senatore,Uno mundo de carta”, (come alla nota 11), p. 358 s., conclude che anche qui la scrittura dei documenti sia ‘sicuramente influenzata dagli usi documentari fiorentini, … Lo stesso si potrebbe dire anche della cancelleria milanese, anche se qui certamente l’influenza umanistica appare più tardiva che a Firenze (cioè negli anni ’50 e ’60 del XV secolo).

111 Si veda le osservazioni a proposito di Zimmerhackl, Eindringen, p. 461 s., 479 s.

112 G. Bertoni, Guarino Veronese fra letterati e cortigiani a Ferrara (1429-1469), Ginevra, 1921, p. 97 s. ; L. Chiappini, Gli Estensi, Varese, 1967, p. 104 s. ; W.L. Gundersheimer, Ferrara : The Style of a Renaissance Despotism, Princeton, 1973, p. 221 s. e passim. Sulla scrittura di Guarino si veda Zimmerhackl, Eindringen, p. 464 s.

113 Prosatori latini del Quattrocento, a cura di E. Garin, [La letteratura italiana, Studi e testi, vol. 13], Milano-Napoli, 1952, p. 396 : “Operae praetium est videre quantum inter se distent scripta priscorum tabellionum et eorum, qui a Guarino instituti sunt, a quo praeter doctrinam novam quoque scribendi figuram acceperunt”. Cfr. Zimmerhackl, Eindringen, p. 466.

114 Zimmerhackl, Eindringen, p. 296 s., 463 s.

115 Ibidem, p. 474 s.