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[p. 455] La cancelleria e gli atti cancellereschi dei Visconti, signori di Milano dal 1277 al 1447 (Tafeln XI-XIII)

Lo studio che si presenta in questi Atti vuole essere una sintesi meditata sui risultati di ricerche precedenti, limitate nel tempo e quindi analitiche, completata con l’apporto di nuove fonti e condotta per tutto l’arco della signoria parallelamente sotto l’aspetto istituzionale e diplomatico. Essa è suddivisa pertanto in: Čancelleria e atti cancellereschi; Cancelleria della Consorte del Signore; Cancelleria del più importante organo di governo di carattere finanziario, il Magistrato delle Entrate.

Si fa presente che l’archivio centrale visconteo è andato disperso e distrutto in varie occasioni, la prima delle quali è da ricollegarsi ai tumulti che hanno fatto seguito, nel 1385, alla cattura di Bernabò e alla nomina di Gian Galeazzo a signore unico del dominio, la successiva è legata all’avvento della Republica Ambrosiana nel 14471.

Per quanto riguarda espressamente l’ufficio della cancelleria, ci sono rimasti soltanto un frammento di registro di Bernabò Visconti, un nucleo di minute e di originali per lo più incompleti dell’ultimo ventennio del ducato, un Formulario approntato per i funzionari, sempre del periodo ducale, nonché alcuni registri di notai che hanno rogato per i signori di Milano2. Pertanto le ricerche sono state effettuate quasi completamente sugli originali inviati alle città del dominio, dove venivano conservati e registrati3, e sulle missive rimaste negli archivi dei signori che erano legati ai Visconti da vincoli di amicizia o da rapporti di convenienza.

[p. 456] 1. La Cancelleria

La signoria viscontea si affermò piuttosto tardi rispetto ad altre dell’Italia settentrionale e si sovrappose ad una organizzazione politica, quale quella comunale, che aveva già compiuto una certa evoluzione nella redazione dei propri atti, in alcuni dei quali è possibile riscontrare una indipendenza dalla fede notarile ben maggiore di quella che troviamo nei più antichi documenti viscontei4.

I primi Visconti, infatti, affidarono al notaio la credibilità dei propri atti di governo e solo un cinquantennio più tardi, con la signoria di Azzone, si può rilevare l’esistenza di una cancelleria, seppure ancora in embrione: nel 1335 compare per la prima volta la qualifica di „cancellarius domini‟5, e gli atti, come si vedrà, si evolvono progressivamente dalla forma notarile a quella cancelleresca.

Fin dall’inizio appare evidente che all’ammissione presso la cancelleria non fosse estranea la fede di parte per quelle garanzie naturali che ben si affiancavano alla serietà della professione; serietà, si può aggiungere, che derivava ai funzionari dalla formazione in ambito notarile, requisito che si ritiene dovesse essere necessario per entrare in servizio nell’ufficio visconteo6. Molto spesso, inoltre, il nuovo signore rinnovava l’incarico al cancelliere, sicuro della provata [p. 457] competenza e della fedeltà verso la signoria7. Per lo stesso motivo erano attivi nella cancelleria, a volte anche contemporaneamente, più membri della stessa famiglia8.

Non essendoci rimaste disposizioni viscontee relative all’organizzazione della cancelleria9, solo il documento ci permette, come si è premesso, di risalire ai compiti del cancelliere: egli doveva preparare la minuta, scrivere l’atto, badare che venisse inserito nei registri dell’ufficio prima della spedizione e, nel caso si trattasse di minute di atti particolarmente importanti o segreti, riunirle „in filza‟10, occuparsi della convalidazione e della spedizione11, compiti che, almeno in parte, nel periodo ducale verranno affidati ai segretari o da loro diretti e controllati. Nell’espletamento di queste mansioni inerenti alle successive fasi di redazione dell’atto cancelleresco non sembra vi fosse una distribuzione di compiti fra i funzionari12, mentre è possibile accertare che ai cancellieri, [p. 458] data la fiducia di cui godevano e la preparazione notarile, incominciassero ad essere affidati incarichi di responsabilità al di fuori dell’ufficio13.

Se sotto Azzone i funzionari efficienti nella cancelleria erano sei14, sotto Giovanni e Luchino una decina15 fino alla morte di Luchino, e altrettanti nel periodo successivo di governo di Giovanni Visconti: il che sta a dimostrare che il graduale aumento del numero dei funzionari – cancellieri e notai – era proporzionale all’infittirsi delle relazioni diplomatiche dei Visconti e ad una organizzazione amministrativa più consona all’estendersi del dominio. Del resto, che durante la signoria dei due fratelli l’ufficio fosse ormai organizzato è chiaramente documentato dai ripetuti accenni, negli atti, alla conservazione e alla registrazione da tenersi nella cancelleria16. Si può aggiungere ancora che, se in un primo tempo17 era sembrato possibile che Giovanni e Luchino avessero cancellerie separate in considerazione del fatto che Giovanni Visconti era anche arcivescovo, oggi si è più propensi, dopo aver riesaminato le biografie dei funzionari e l’ambiente milanese del tempo, a ritenere che la cancelleria, per quanto riguardava il governo delle città del dominio, fosse unica per entrambi.

Con Bernabò e Galeazzo II il discorso sulla cancelleria si fa più complesso perché, a cominciare dalla loro signoria, i funzionari appongono la sottoscrizione, espressa con il solo nome proprio, sotto il sigillo18 e, successivamente, anche in calce all’atto19.

[p. 459] A questo punto per l’indagine che si sta compiendo sono necessari tre elementi, deducibili esclusivamente dall’atto cancelleresco: la sottoscrizione di cùi si è detto, il contenuto dell’atto e la data topica. Se si affiancano al nome proprio il contenuto e la data topica dell’atto, se si utilizzano per risalire al cognome e alla qualifica, che a volte viene indicata, i nominativi dei testi presenti in atti notarili rogati per i Visconti, se si consultano, infine, fonti storiche coeve, è possibile ricostruire le biografie dei cancellieri e, successivamente, al tempo di Gian Galeazzo e dei figli, anche dei segretari nonché consiglieri che, a titolo diverso, operavano nella cancelleria e, attraverso queste biografie, inquadrare nel tempo l’attività dei funzionari, assunti „ad beneplacitum‟ del signore, presso l’ufficio e fuori, quando erano inviati in missioni importanti e delicate di carattere politico diplomatico.

Nella cancelleria milanese di Bernabò Visconti erano attivi una ventina fra cancellieri e notai – non mi sembra di avere mai trovato la carica di segretario20 – abituati, quasi tutti, a seguire il signore nei suoi spostamenti e pertanto a scrivere litterae di natura politico militare in senso lato oltra a missive di carattere familiare21. Pochi erano quelli che esplicavano la propria attività solamente in sede22. Non molti neanche i cancellieri a cui Bernabò affidava incarichi [p. 460] diplomatici23: quelli, però, che godevano della sua fiducia, avevano ampia facoltà di agire in sua vece, come Francescolo Caimbasilica, impegnato per un decennio a rappresentare il Visconti nei difficili rapporti con la curia pontificia24.

Nella cancelleria di Galeazzo II, da lui spostata a Pavia insieme alla residenza intorno al 136625, furono mantenuti per circa dieci anni gli usi della cancelleria milanese; una ventina, come per Bernabò, i funzionari in servizio nell’ufficio, per lo più nominati e assunti direttamente in quella città26, che costitutuirono quel nucleo di cancellieri fedeli che rimase al seguito di Gian Galeazzo27. Dopo l’associazione del figlio nel governo, avvenuta nel 1375, incominciarono a determinarsi nella cancelleria pavese quelle condizioni che daranno luogo a modificazioni, sia nella sottoscrizione degli atti sia nella convalidazione, che diventeranno definitive quando Gian Galeazzo diventerà signore unico del dominio.

Per quanto riguarda più strettamente l’organizzazione dell’ufficio, in esso cominciava a crearsi una gerarchia di funzionari: il cancelliere poteva, infatti, passare di grado diventando segretario e quindi assumere una carica di maggior responsabilità. Nel Formulario visconteo, edito dal Natale, sono comprese anche patentes „pro secretario eligendo‟28, che nella terminologia sono ben precise circa i compiti che gli competevano. Si cita per sommi capi il testo: [p. 461] „… animadvertentes quanta cum fide, cura et diligentia iandiu in cancellaria nostra mentem corpusque exercuit …, arbitrati sumus ut ad altiores eum promoveamus honores, …, eundem … in secretarium nostrum eligendum duximus ac eligimus …, e, più sotto: … cum auctoritate quascunque litteras et scripturas nostras et nobis quomodolibet pertinentes manu sua signandi, prout et quemadmodum possunt alii nostri secretarii signare …, etc.‟29.

Gian Galeazzo, divenuto signore unico e poi duca di Milano, si preoccupò di dare a tutti gli uffici un assetto stabile e definitivo.

Circa l’organizzazione della cancelleria, svolsero in essa la propria attività una ventina fra cancellieri e segretari30. I cancellieri scrivevano e sottoscrivevano atti di varia natura, senza avere una particolare distribuzione di compiti, che probabilmente non era neppure richiesta, almeno da quanto si può dedurre dall’esame degli atti. Per contro, alcuni segretari erano tenuti in particolare considerazione, come Pasquino Capelli31, al quale dovevano rivolgersi tutte le persone che desideravano avere udienza presso il duca; nella cancelleria è probabile che avesse la responsabilità della distribuzione delle nomine nei vari uffici in quanto la sua sottoscrizione si trova apposta a litterae di questo tipo. Gli successe nell’incarico Antonio Loschi32, letterato, introdotto nella cancelleria [p. 462] da Coluccio Salutati, che lo appoggiò allo stesso Pasquino. Il Loschi era l’unico segretario che sottoscriveva con nome e cognome per esteso o con l’iniziale del nome seguita dal cognome, probabilmente per differenziare la sua posizione nell’ambito della cancelleria da quella di funzionari con lo stesso nome proprio.

L’accenno al Loschi porta inevitabilmente a ricordare – l’argomento esula dal tema – che Gian Galeazzo amava circondarsi di uomini di cultura, letterati e giuristi, che erano attivi nella cancelleria e in altri uffici, che erano sempre presenti al suo fianco e godevano di tutti i privilegi che detta vicinanza comportava. Ai nomi dei segretari cui si è accennato si possono aggiungere quelli di Andreolo Arese, amico anch’egli del Salutati, collezionista di codici, che tenne a battesimo il figlio del duca, Gabriele, e che nella cancelleria sembra si occupasse di provvedimenti di carattere finanziario33, e di Francesco Barbavara, che svolse un ruolo di primo piano come segretario e camerario ducale34. All’attività nella cancelleria questi funzionari alternavano missioni di carattere diplomatico.

In questo periodo, alla qualifica di segretario cominciò ad affiancarsi quella di consigliere, dal momento che l’una non escludeva l’altra e la seconda era a titolo onorifico. Se si osservano le biografie dei funzionari della cancelleria, si può notare, ad esempio, che Pietro de Curte appare addirittura con le tre qualifiche affiancate: „canzellarius atque secretarius et consciliarius‟35.

Alla morte di Gian Galeazzo, che aveva diviso il dominio fra i figli, la situazione del ducato si presentò tutt’altro che stabile tanto che il governo del giovane duca Giovanni Maria non riuscì a fronteggiarla. Diciassette erano i componenti del Consiglio Segreto all’epoca del testamento di Gian Galeazzo, ai quali la duchessa Caterina, tutrice dei figli Giovanni Maria e Filippo Maria, avrebbe dovuto appoggiarsi per tutte le decisioni di governo36: fra questi, Francesco Barbavara e Pietro de Curte, di cui si è parlato.

Molti i cancellieri e segretari che restarono nella cancelleria di Giovanni Maria, nella quale vediamo attivi poco più di una ventina di funzionari, di cui una metà segretari, e alcuni anche consiglieri. Oltre all’Arese, al Loschi e al Barbavara, si segnalano i nomi dei più noti, quali Giacomo Barbavara, Tommaso de Vicomercato, Filippino de Milliis, che seguivano il duca nei suoi viaggi [p. 463] ed erano responsabili di atti di varia natura37. Una figura di rilievo è quella di Uberto Decembrio38, che svolse la sua attività come segretario per quasi tutto il periodo di governo di Giovanni Maria: uomo colto, compositore di carmi latini e di trattazioni su temi morali, era padre di quel Pier Candido che divenne segretario e consigliere di Filippo Maria39.

L’impressione che si ricava dalla lettura della vita dei cancellieri e dei segretari di questo Visconti è che i più conosciuti, allo stesso modo del loro signore, ebbero vita travagliata dovuta alla situazione precaria del ducato, ma soprattutto alle condizioni di instabilità e di timore che dominavano nella corte stessa40.

Quando Filippo Maria divenne duca di Milano nel 1412, in circostanze drammatiche dopo l’uccisione del fratello, si preoccupò di ricostruire quel dominio che il padre aveva saputo costituire.

Uomo astuto, accentratore abilissimo anche se discusso41, si circondò immediatamente di persone fedeli e, non a caso, nella cancelleria rinnovò quasi completamente i funzionari42, inserendo nell’ufficio, sull’esempio del padre, cancellieri e segretari scelti con cura fra gli uomini colti che frequentavano la corte, così da trasformare la cancelleria in un luogo di incontro fra persone con gli stessi interessi, in modo da poterla considerare un „semenzaio‟43 da cui scegliere le persone più qualificate a cui affidare di volta in volta compiti della massima fiducia, quali missioni presso le signorie italiane o interventi presso gli eserciti per controllare l’opera dei capitani. I segretari impegnati in questo ruolo avevano il dovere di tenerlo al corrente di quanto succedeva nelle signorie presso le quali si recavano e di renderlo edotto delle iniziative culturali delle altre corti oltre che di portare a Milano opere letterarie in volgare, che si andavano diffondendo e che il duca si faceva leggere e commentare dal suo segretario Marziano da Tortona44. L’importanza dei funzionari inviati fuori [p. 464] dal territorio ducale si misurava dal numero dei cavalli cui avevano diritto quando viaggiavano: per quanto ci riguarda, ai consiglieri ne venivano dati dieci o dodici a seconda dell’importanza della missione, ai segretari sette o nove, ai cancellieri della cancelleria del signore quattro, ai maestri delle entrate come ai segretari se fuori dal territorio, altrimenti solo cinque o sei45.

Per rimanere nel tema della ricerca, si può rilevare che dei ventotto cancellieri che entrarono direttamente al servizio di questo duca, una quindicina erano qualificati segretari e undici anche consiglieri46. Se ad essi si aggiungono quelli che erano già al servizio del fratello e quelli che sottoscrivevano solo sotto sigillo, ci si accorge che il numero dei funzionari della cancelleria era notevolmente aumentato.

A questo punto ci si aspetterebbe di riuscire a delineare una suddivisione di lavoro: in realtà, l’esame degli atti permette, ancora una volta, di risalire alla qualifica e alla durata dell’attività nell’ufficio, ma non consente di andare oltre, almeno per quanto concerne i cancellieri.

Nel caso dei segretari si possono aggiungere alcune osservazioni: gli usi della cancelleria relativi all’apposizione della sottoscrizione negli atti e alla convalidazione ci consentono, come si vedrà alle pagine seguenti, di rilevare le norme che essi dovevano osservare; per quanto riguarda, però, una distribuzione di lavoro, si ha l’impressione che essa non ci fosse semplicemente perché la disponibilità di questi funzionari nell’ufficio era subordinata agli eventuali impegni di carattere politico diplomatico, di cui si è detto.

Patentes datate 24 settembre 1442, le uniche che siano state trovate47, presentano, [p. 465] per contro, i doveri che i segretari ducali assumevano quando erano chiamati a collaborare con il Consiglio Segreto, i cui rapporti quotidiani con la cancelleria del duca48 non permettono allo studioso di differenziare l’attività che i funzionari svolgevano nell’uno o nell’altro ufficio49.

Alcuni segretari, quasi tutti anche consiglieri, dal 1428 sembra avessero avuto da Filippo Maria una delega di poteri per sbrigare pratiche di varia natura. Queste prerogative si traducono negli atti cancellereschi nell’apposizione di due sottoscrizioni, sempre con il solo nome proprio, una a fine testo e l’altra in calce: la prima del responsabile delle disposizioni contenute in essi, la seconda dello scrittore. Sebbene si presupponga che quella a fine testo fosse apposta da un funzionario che, nel caso specifico, agiva come consigliere più che come segretario, è altrettanto documentabile che alcuni di loro sottoscrivessero, senza alcuna apparente differenza, ora a fine testo ora in calce (come è stato messo in evidenza nelle biografie): è probabile che la loro sottoscrizione fosse ben nota nella corte e fuori, e quindi constituisse di per sè una garanzia, indipendentemente dalla carica.

Nella cancelleria operava, in particolare, un funzionario al quale, oltre alla responsabilità degli atti, era affidata la responsabilità della conservazione del sigillo grande, che doveva essere apposto agli atti per i quali era richiesto e [p. 466] che da Filippo Maria era fatto apporre anche agli instrumenta di procura50. Scorrendo le minute degli atti che ci sono rimaste per l’ultimo ventennio del ducato visconteo, si trova in calce ad alcune di esse l’annotazione „Zanino Ricio, quod sigillet‟: si tratta di uno dei segretari più autorevoli, incaricato appunto di questa funzione51. Altri, dopo di lui, ebbero la stessa responsabilità: Franchino Castiglioni, consigliere52 e Corradino de Capitaneis de Vicomercato, cancelliere, segretario e consigliere per un trentennio, al quale nel 1444 vennero date dal duca istruzioni per l’apposizione del sigillo maggiore „quartillato‟53. Il sigillo piccolo, al contrario, veniva apposto da qualunque cancelliere o segretario.

Resta ancora da sottolineare che alcuni segretari54, intorno al terzo decennio del Quattrocento, incominciarono ad introdurre il volgare nella cancelleria come conseguenza logica dei contatti con altre signorie, che già l’usavano, e dell’entusiasmo che Filippo Maria dimostrava per le grandi opere toscane del Trecento, sulle quali egli dissertava con i familiari della corte. Non si può, però, dimenticare che molti dei funzionari della cancelleria erano letterati, a contatto con gli umanisti, e pertanto tenacemente legati alla tradizione latina. Ma i nominativi da elencare sarebbero troppi e pertanto si rimanda alle biografie dove sono messi in evidenza anche i rapporti fra segretari e umanisti, sono segnalate le opere che gli stessi segretari componevano e sono elencati i codici di loro proprietà, con postille di commento di loro mano.

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Gli atti cancellereschi

Relativamente più semplice si presenta l’indagine diplomatica condotta sul documento nel suo evolversi dalla forma notarile alla cancelleresca. Contrariamente al metodo seguito per la ricostruzione dell’organizzazione della cancelleria, per la quale si è parlato soltanto dei Visconti che hanno dato ad essa una impronta specifica, nel caso del documento si intende esaminare sistematicamente, in ordine cronologico, quelli emessi da tutti i Visconti.

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Gli atti di Ottone, divenuto signore di Milano nel gennaio 1277, ma già arcivescovo della città da circa quindici anni, non rientrano direttamente nell’indagine sul documento signorile dal momento che, come si è avuto occasione di dimostrare in altra sede55, essi presentano le caratteristiche proprie dell’atto vescovile e in essi, anche quando trattano di materia politica, Ottone si qualifica sempre semplicemente arcivescovo.

Matteo I, nominato „dominus et rector generalis‟ dal Consiglio dei MCC nell’anno 131356, affidava la stesura dei propri atti a notai, i quali dichiaravano nella sottoscrizione di rogare per lui57.

Della signoria di Galeazzo I ci sono rimasti pochissimi documenti, alcuni dei quali non si discostano dalla forma notarile, come si può notare, ad es., in un precetto del 16 settembre 1322, sottoscritto da un „notarius domini Galeaz‟58; altri, invece, che ci sono pervenuti in forma di riassunto molto conciso attraverso un codice del sec. XV59, dove vengono qualificati litterae patentes, possono essere considerati tali, ma il loro carattere di estratto non consente una indagine diplomatica.

Quando si arriva alla signoria di Azzone, è possibile assistere ad un cambiamento strettamente legato alla formazione della cancelleria, che consiste nel passaggio dall’instrumentum al documento cancelleresco. I suoi atti di governo, infatti, che nel 1331 presentavano ancora le caratteristiche dell’atto notarile, come appare da un precetto del 21 febbraio, anche se in esso manca già l’indicazione dei testi e la subscriptio del notaio è senza segno di tabellionato60, [p. 468] si evolvono successivamente nelle forme cancelleresche tipiche delle litterae, che incominciano ad essere usate con regolarità per quasi tutti gli atti a partire dal 133361. Inoltre, come si è premesso, dal 133562 alcune patentes sono sottoscritte da un notaio che si qualifica cancelliere (Ego … canzellarius domini …): in questo caso esse sono prive della corroboratio in quanto la sottoscrizione dell’ufficiale di cancelleria era ritenuta sufficiente a convalidarle.

L’esame diplomatico delle litterae – quelle rimasteci sono patentes – permette di fissarne alcune caratteristiche: l’intitulatio è sulla stessa riga del testo, introdotta da „Nos‟ con il nome del signore e il titolo nella forma ceterata (Nos Azo Vicecomes dominus generalis, etc.)63; nel caso di atti solenni, vengono specificate le città del dominio64. A seconda dei destinatari, seguono, poi, l’inscriptio, la salutatio (nella forma „Salutem‟) nelle litterae rivolte, ad es., agli ufficiali del comune di Milano65, oppure si passa direttamente alla arenga, se indirizzate ad enti religiosi66. La narratio introduce, di norma, la dispositio. Vengono poi le formule dell’escatocollo, cioè la corroboratio, la data e, infine, le convalidazioni, che suscitano particolare interesse nel diplomatista.

La corroboratio precisa, innanzi tutto, la natura delle litterae, mentre da Bernabò Visconti in poi saranno i verbi della dispositio a chiarire il tipo di atto; in secondo luogo accenna alla scrittura e alla successiva registrazione da farsi prima della spedizione; infine indica il mezzo di convalidazione, cioè il sigillo. Essa si presenta, pur con le varianti del caso, in questa forma: „In cuius nostre absolutionis, concessionis et immunitatis testimonium has patentes conscribi iussimus et registrari nostrique sigilli munimine roborari‟67. La data topica è seguita da quella cronica, che comprende sempre anche l’indizione. Lo stile usato è quello della Natività.

[p. 469] Il sigillo è grande, in cera naturale o gialla, e viene apposto sulla destra della pergamena, in basso, mentre permane a sinistra, si può dire per tutta la durata della signoria di Azzone, la sottoscrizione del notaio, sebbene priva di segno di tabellionato (Ego … notarius prefati domini Azonis eius mandato me subscripsi)68. A volte, anche se con minor frequenza, si trova solo il sigillo, apposto „ad cautellam‟69: questa espressione viene usata anche dai notai che rogano per il signore, ed è riferita al signum che precede la sottoscrizione (… et ad maiorem cautelam signum meum consuetum apposui)70. Significativo è il fatto che gli stessi notai che sottoscrivono per Azzone litterae ed instrumenta, in questi ultimi richiamino l’attenzione sul signum, che è parte integrante ed essenziale della sottoscrizione, mentre nell’atto di cancelleria lo tralasciano dal momento che la convalidazione è affidata al sigillo.

La posizione del notaio nei confronti dei due tipi di atti é ormai differenziata.

Alla morte di Azzone la signoria passò ai fratelli Giovanni e Luchino, la cui attività politica ed amministrativa, come si è detto, è ben documentata.

Le considerazioni diplomatiche che si possono fare sono le seguenti – e l’esame è limitato, ovviamente, alle sole publicationes –: le patentes hanno l’intitulatio che si apre con „Nos‟, di cui la N è ingrandita e ornata, a cui seguono il nome o i nomi dei due signori, affiancati, con l’attribuzione generica di „domini generales‟71; in casi particolarmente importanti, quale, ad es., la fondazione del monastero della Certosa di Garegnano72, l’intitulatio precisa i nomi [p. 470] di ben sedici città del dominio. La corroboratio fa riferimento al tipo di atto73; la data non presenta variazioni rispetto ai documenti del predecessore.

Le caratteristiche esterne mettono, invece, in evidenza l’assenza, ormai definitiva, della sottoscrizione notarile e lo spostamento al centro del sigillo o dei sigilli di entrambi i signori: essi sono grandi, in cera naturale o gialla74. Nel 1353 – Luchino era già morto da alcuni anni – per la prima volta sotto il sigillo di Giovanni Visconti viene apposta la sottoscrizione del responsabile della convalidazione, espressa con il solo nome proprio, „Bonincontrus‟75.

Accanto alle patentes, ci sono rimaste di entrambi i fratelli le litterae clausae, che presentano l’intitulatio al centro in alto, staccata dal testo e ridotta agli elementi essenziali (ad es.: „Luchinus Vicecomes, etc.‟, oppure: „Domini generales Mediolani, etc.‟); il testo molto breve, la data al centro in basso, anch’essa staccata e senza l’indizione. L’inscriptio è, ovviamente, a tergo, dove è apposto il sigillo, sempre grande76; abbiamo esempi in cui compaiono a convalidazione i sigilli dei due signori, affiancati77.

La morte di Giovanni, avvenuta cinque anni dopo quella di Luchino, portò alla suddivisione del dominio fra i nipoti Matteo II, Bernabò e Galeazzo II, ai quali rimasero in comune soltanto le città di Milano e di Genova.

Pochi e non indicativi gli atti di Matteo II Visconti78, pervenutici in copia, e pochi anche quelli emessi insieme ai fratelli.

Intensa, invece, l’attività della cancelleria di Bernabò e di Galeazzo II, di cui resta un’abbondante documentazione.

Di Bernabò signore di Milano vale la pena di ricordare subito il frammento di un registro, cui si è accennato nella Premessa, recuperato all’inizio del secolo79, dove sembra venissero scritte le litterae prima della spedizione. Si tratta [p. 471] di sette ritagli in pergamena, tutti di mano di uno stesso cancelliere80, attribuiti all’anno 1364, e contenenti cinquantasei fra patenti e missive, nessuna delle quali ci è pervenuta completa81. A questo frammento se ne può aggiungere un altro, consistente in due sole carte, ritrovato, poco dopo il precedente, nell’Archivio di Stato di Milano82, molto sciupato, di tre mani diverse, riferito all’anno 1358 e contenente trentaquattro litterae83.

L’esame diplomatico degli atti dei due signori rivela che le patentes hanno molto spesso una intitulatio generica, usata da entrambi (Nos, dominus Mediolani, etc., imperialis vicarius generalis)84, la quale crea evidenti difficoltà circa l’attribuzione all’uno o all’altro, per cui si rende necessario ogni volta fare ricorso alla data topica, al nome del cancelliere che le sottoscriveva, per lo più sotto sigillo, e ad altre sottoscrizioni che si aggiungono in calce agli atti della cancelleria pavese di Galeazzo II e del figlio Gian Galeazzo. Nel caso di litterae predisposte dai due fratelli insieme, l’intitulatio indica i nomi di entrambi, affiancati, con il riferimento al vicariato imperiale; la corroboratio in questo caso preannuncia l’apposizione dei due sigilli85.

Mentre finora le patentes erano usate per tutti i tipi di atti redatti nella cancelleria del signore, dalla nomina alla „gratia‟ al decreto, sotto la signoria di Bernabò e di Galeazzo II incomincia ad apparire, accanto alle litterae con valore di decreto, il decretum nella forma tipica86.

[p. 472] Una osservazione anche sulle litterae clausae inviate ai Gonzaga: esse sono prive dell’intitulatio al centro in alto, e i nomi e i titoli del signore sono scritti in basso a sinistra87.

Infine, si può notare che gli instrumenta, che affiancano gli atti in forma cancelleresca per quei negozi giuridici per i quali era necessaria la fides del notaio, in casi particolari, quali, ad es., l’atto di emancipazione di Gian Galeazzo88 o alcune donazioni, queste ultime del periodo pavese di Gian Galeazzo associato al padre89, aggiungono ad ulteriore convalida, e probabilmente per accrescere la solennità dell’atto, il sigillo del signore (… ad maiorem roboris firmitatem iussit hoc instrumentum sui sigilli appensione muniri). Il che potrebbe testimoniare, con l’accrescersi ed il consolidarsi dell’autorità viscontea, l’esigenza, se non di subordinare la fede notarile a quella signorile, almeno di affiancare l’una all’altra90.

Ma la caratteristica esterna che differenzia le litterae di Bernabò da quelle di Galeazzo II, dopo che quest’ultimo ebbe spostato, come si è detto, la residenza a Pavia, consiste nell’essere le prime convalidate dalla cancelleria milanese sempre con il solo sigillo grande91, sotto il quale è scritto il nome dell’ufficiale responsabile della scrittura e della convalidazione92, le altre convalidate da un sigillo, per il quale esistono una serie di provvedimenti, e contraddistinte da quando Gian Galeazzo affianca il padre nel governo, dalla sottoscrizione in calce a destra di un cancelliere, espressa con il solo nome proprio93.

[p. 473] Il problema di una convalidazione che desse garanzia a chi riceveva le litterae viscontee deve aver preoccupato notevolmente la corte pavese, tanto che già dal 136894 Galeazzo II si fece premura di far introdurre una supplementare convalidazione in alcuni tipi di atti: si tratta di un sigillo piccolo, in cera rossa, indicato nella corroboratio come „buletinum secretum‟95, apposto per lo più in calce all’atto, sopra o sotto la sottoscrizione del cancelliere, e di cui Gian Galeazzo del 1378 intensifica l’uso, spiegando trattarsi di un sigillo impresso con la corniola (… per presentes nostro sigillo sigillatas nostroque bullatino secreto corniole communitas)96. Gli atti per i quali era ritenuto necessario risultano essere concessioni e provvedimenti che rientrano nelle entrate straordinarie del signore97.

Per quanto riguarda il sigillo consueto, una missiva accompagnatoria di un decreto, in data 30 settembre 137098, fa riferimento ad una convalidazione „sub sigillo novo et alio totaliter deposito‟, del quale non si è trovato un riscontro diretto che permetta di chiarirne il tipo. Dieci anni più tardi, Gian Galeazzo, in atti emessi da Milano da solo o insieme allo zio Bernabò99, si fa premura di precisare nella corroboratio che la convalidazione viene effettuata con il sigillo piccolo a causa dell’assenza del grande (… nostrique sigilli parvi ob absentia magni …) dal momento che egli si trovava fuori sede. Nel 1381, in litterae inviate al vicario e agli uomini di Varese100, ribadisce che il sigillo piccolo ha lo stesso valore del grande, tranne nel caso di concessioni di uffici e di lettere di „gratia‟: al fine di farlo conoscere, lo fa apporre sul recto delle litterae stesse101. E’ il preludio alle conosciutissime patentes con valore di decreto, in data 20 ottobre 1385102, a cui egli affida, pochi mesi dopo essere divenuto [p. 474] signore unico, le disposizioni definitive sul valore e l’uso del sigillo piccolo e del grande103.

Gli atti della cancelleria di Gian Galeazzo, signore e poi duca di Milano, sotto il profilo diplomatico non aggiungono nulla di nuovo alle forme che si erano ormai stabilizzate. Potrebbe essere interessante differenziare i tipi di litterae a seconda del contenuto, osservando i verbi della dispositio, ma si pensa sia compito del diplomatista rivolgere la propria attenzione essenzialmente alle formule del protocollo e dell’escatocollo nonchè agli elementi legati alla convalidazione104.

Le patentes hanno una intitulatio introdotta, come per i precedenti signori, da „Nos‟, con la N a volte ornata105, seguita dal nome e dal titolo (Nos dominus Galeaz Vicecomes, oppure Nos Iohannes Galeaz Vicecomes, comes Virtutum, Mediolani, etc., imperialis vicarius generalis)106; più spesso è usata la forma generica „Nos dominus Mediolani, etc. …‟107, che dopo il 1395 si modifica in „Dux Mediolani, etc. …‟108. La convalidazione è affidata ai due tipi [p. 475] di sigillo descritti sopra109, ai quali viene aggiunta, a volte, l’ulteriore convalida con la corniola segreta110. In calce a destra viene apposta la sottoscrizione, con il solo nome proprio, di un funzionario, cancelliere o segretario.

Neanche le litterae clausae presentano differenze rispetto a quelle spedite dalla cancelleria dei precedenti Visconti: l’intitulatio è al centro in alto, staccata dal testo, la data in basso, anch’essa staccata, la sottoscrizione del cancelliere è in calce a destra. La corrispondenza con i Gonzaga reca il nome del signore in basso a sinistra, come già nelle missive di Bernabò e di Galeazzo II111, consuetudine che si ritroverà anche nelle litterae di Giovanni Maria e di Filippo Maria.

Si trovano con frequenza i decreta nella forma tipica112.

Permangono gli atti notarili113 per tutti quei casi di procura, concessioni in feudo, ecc., riguardanti il governo del ducato: per questi documenti Gian Galeazzo si avvale, oltre che di notai che rogano contemporaneamente anche per privati, di notai esclusivamente al suo servizio114.

Gli atti cancellereschi relativi al decennio di governo di Giovanni Maria, che succede al padre quale duca di Milano, si presentano nello stile e nelle forme consueta: l’intitulatio subisce le modificazioni del caso e, fino al 1404115, [p. 476] comprende anche il nome della duchessa116. Patentes e missive dello stesso periodo recano in calce l’annotazione: „Cum deliberatione Consilii‟117.

Per gli anni 1402 e 1403 l’esame degli originali conservati a Pavia permette di segnalare che sotto il sigillo, anziché il nome proprio del responsabile, è scritto genericamente „cancellarius‟118.

Di Giovanni Maria ci è rimasto un Liber imbreviaturarum119, relativo agli anni 1402 e 1403, di mano del notaio e segretario Giovannolo Besozzi120, importante per il contenuto degli atti, dei quali alcuni di grande interesse per la storia del ducato e di Milano.

Quando Filippo Maria, nel 1412, diventa duca121, rinnova quasi completamente, come si è già osservato, il personale della cancelleria. E’ la prima constatazione diretta ed immediata che si ricava dall’osservazione dei nominativi che incominciano ad apparire in calce agli atti.

Attraverso l’esame della documentazione degli anni 1425–1447 – si tratta di minute, atti preparatori e originali incompleti122 – rimastaci, come si è anticipato nella Premessa, presso l’Archivio di Stato di Milano, si può notare [p. 477] che il duca esige l’osservanza del formulario nella stesura degli atti, che devono essere redatti „iuxta stillum cancellarie‟123, tanto che quando egli cambia la „forma‟ di particolari litterae, si affretta a farla conoscere ai funzionari competenti, precisando che da quel momento deve ritenersi l’unica valida124.

Allo stesso modo, la sottoscrizione apposta in calce dal segretario non rimanda solamente al responsabile dell’atto, ma è da considerarsi un elemento di convalidazione vero e proprio, accanto al sigillo: litterae in data 26 novembre 1444125 meritano di essere fatte conoscere, almeno per la parte riguardante gli usi della cancelleria relativi alle azioni del „signare‟ e del „sigillare‟. Le disposizioni al proposito sono ben precise anche perché si richiede l’uso del sigillo più grande, „quartillato‟126.

Tafel XI — I333 luglio 24 (Archivio di Stato in Milano, Fondo relig., Perg., Chiaravalle, cart. 554, Diplomata)
Tafel XII — I438 agosto 5 (Archivio Storico Civico in Milano, Fondo Acquisti e doni, cart. II, n. 22)
Tafel XIII — I40I maggion 25 (Archivio di Stato in Pavia, Lettere ducali, busta I, ad annum)

[p. 478] Per restare nell’ambito della convalidazione, si può notare che, di norma, i funzionari convalidavano con il sigillo piccolo sia nel caso che il duca fosse in viaggio sia in sede: indicativa è una missiva inviata da Lanzalotto Crotti, già segretario di Filippo Maria127, a Francesco Sforza, in data 28 dicembre 1451, con la quale egli ragguaglia il nuovo duca, su sua richiesta, circa l’uso diverso dei due sigilli al tempo dell’ultimo Visconti128. L’apposizione del sigillo grande era, inoltre, subordinata all’approvazione del contenuto delle litterae da parte di un consigliere, come si legge in una minuta in data 16 dicembre 1431, già citata prima, contenente chiarimenti a Corradino de Vicomercato e precisazioni a Franchino Castiglioni129. Permane, anche sotto Filippo Maria, l’uso di aggiungere la corniola segreta, in genere in alto al centro, in litterae riguardanti i castellani e particolari esenzioni130.

Gli atti in forma cancelleresca permettono ancora due considerazioni: dal 1428, come si è già detto parlando dei segretari ducali, alcune litterae recano due sottoscrizioni, sempre con il solo nome proprio, una di seguito al testo, l’altra in calce; la prima è del responsabile del contenuto, l’altra dello scrittore131. Inoltre, dal terzo decennio del Quattrocento, come si è visto, l’uso del volgare comincia ad insinuarsi nella cancelleria, dapprima nelle istruzioni ad ambasciatori e a familiari ducali132, successivamente, dal 1438, per lo più in missive di vario contenuto133, anche se l’intitulatio, l’inscriptio e la data permangono [p. 479] in latino, così come molto spesso avverbi e formule latine tradizionali sono mantenute nel tenor delle litterae stesse134.

Infine, una osservazione sui documenti notarili, di mano quasi sempre di notai che rogano solo per Filippo Maria e sono anche suoi segretari135: secondo una consuetudine che risale alla cancelleria di Galeazzo II e del figlio, in casi di concessioni e donazioni particolari136, ad ulteriore convalida („ex abundantia et ad maiorem roboris firmitatem‟) viene apposto il sigillo, che viene indicato come pendente137; nelle procure ad agire fuori dal territorio, viene usato quello aderente138.

2. La cancelleria della Consorte del Signore

Accanto alla cancelleria del signore funzionava un ufficio139 alle dirette dipendenze della consorte, che testimonia l’attività che essa svolgeva parallelamente al marito, insieme a lui140 o per sua delega141.

I cancellieri che operavano con continuità142 presso detto ufficio erano uno [p. 480] o due: assunti a volte direttamente dalla consorte del signore, a volte già in servizio presso di lui, rimanevano in carica per lunghi periodi143, senza avere particolari incarichi fuori dall’ambito della cancelleria, se si escludono i viaggi condotti a Mantova presso i Gonzaga per dare e ricevere notizie per lo più di carattere familiare144.

Nel caso di impossibilità, da parte loro, di occuparsi di tutti gli atti che dovevano essere predisposti e spediti, la consorte del signore ricorreva ai cancellieri del marito145.

Le litterae, patentes e clausae, riguardano concessioni di benefici a enti religiosi o a fornitori della corte, oblazioni e nomine di ufficiali, in particolare quelli dell’ufficio di Provvisione del comune di Milano e dell’ufficio delle vettovaglie e relativi notai146.

L’intitulatio è composta dal nome proprio, seguito dall’indicazione „… consors magnifici et excelsi domini …‟, oppure, dal 1395, „… ducissa Mediolani‟147. La corroboratio fa riferimento genericamente alla convalidazione con il [p. 481] sigillo, che è in cera rossa148 e fino all’epoca di Gian Galeazzo ha apposta sotto la sottoscrizione del cancelliere, secondo gli usi del tempo. Successivamente l’ufficio, adeguandosi alle nuove formalità entrate in uso presso la cancelleria del signore, relative alla sottoscrizione del cancelliere negli atti, fa sottoscrivere il funzionario, con il solo nome proprio, in calce a destra.

3. La cancelleria del Magistrato delle Entrate

Un accenno, infine, all’organo di governo che regolava l’amministrazione delle finanze viscontee, vale a dire il Magistrato delle Entrate, sulla cui data di costituzione gli storici non sono d’accordo149; già esistente, sembra, nel 1378150, diede ad esso una organizzazione definitiva Gian Galeazzo quando divenne signore unico del dominio151. Nel 1392 risulta suddiviso in due sezioni: Magistrato delle Entrate ordinarie e Magistrato delle Entrate straordinarie152. L’importanza e il potere che viene ad assumere sotto Filippo Maria Visconti inducono il duca a far compilare un Ordinamento153, in ottantaquattro capitoli, che ne fissi il funzionamento con norme ben precise.

In questa sede, l’interesse per questa magistratura è dettato dal fatto che i maestri delle entrate, oltre ad inviare missive in proprio, sottoscritte in calce a sinistra genericamente „magistri intratarum‟, senza i nomi, e convalidate con il loro sigillo piccolo154, emettono atti per i quali hanno avuto fin dall’inizio ampi poteri.

Le litterae, patentes e clausae, recano l’intitulatio del signore, del tutto identica a quella che si trova nelle litterae predisposte e spedite dalla cancelleria segreta, dalle quali si differenziano soltanto per due caratteristiche: una riferibile al contenuto – sono tutte di natura economica – e una esterna, la più importante [p. 482] per il diplomatista, caratterizzata da un numero di sottoscrizioni che varia da due a quattro, scritte una sotto l’altra, sempre con il solo nome proprio, in calce a destra.

Queste sottoscrizioni, esaminate ovviamente sugli originali, sono risultate non essere di funzionari della cancelleria del signore. Un confronto con i nominativi di ufficiali viscontei, che si ricavano per lo più da fonti edite155, ha permesso di identificare nelle sottoscrizioni proprio i nomi dei maestri delle entrate ducali, e non di loro cancellieri.

Si portano a riprova di questa tesi tre esempi: due della signoria di Gian Galeazzo e uno di Filippo Maria, rispettivamente in data 25 aprile 1399 da Milano, litterae sottoscritte da „Raymondus, Iacobinus‟156, in data 25 maggio 1401 da Belgioioso, litterae sottoscritte da „Paganus, Iacobinus, Nicholinus‟157 e, infine, in data 6 dicembre 1428, litterae da Abiate, con la sottoscrizione di Franchino, Raffaele, Lorenzo, Ambrogio158.

Inoltre, queste litterae consentono di notare come i maestri delle entrate, contrariamente a quanto afferma il Comani159, per il quale essi svolgevano la loro attività esclusivamente nella sede, seguissero il signore o lo raggiugessero per ricevere direttive o per presentare iniziative relative all’amministrazione delle finanze della signoria e, successivamente, del ducato160.

La cancelleria dei maestri delle entrate ordinarie era a Milano, nelle corte dell’Arengo, entrando a destra161; quella dei maestri delle entrate straordinarie era a Pavia162. Nella cancelleria milanese era conservato il sigillo grande, che doveva essere apposto agli atti con l’intitulatio del signore, come risulta da patentes del 5 febbraio 1398, con inserta supplica in seguito a esenzioni non concesse [p. 483] a S. Lorenzo Maggiore „quia tunc dominus Iohannes de Carnago, tunc magister intratarum in Mediolano et nunc cancellarius vester, qui tunc temporis sigillum vestrum dicti officii intratarum Mediolani tenebat, de ipso officio remotus fuit‟163.

In un lavoro precedente, ripetutamente citato164, si era promessa una ricerca sulle sottoscrizioni degli atti di questo ufficio: i risultati cui si è pervenuti, relativamente alla qualifica dei sottoscrittori, sono compresi in questo lavoro di sintesi sulle cancellerie attive contemporaneamente sotto in Visconti.


1 Su questi avvenimenti e sulle circostanze che li hanno determinati nonché su dispersioni avvenute nei secoli successivi, si veda: N. Ferorelli, L’Archivio Camerale, in „Annuario del R. Archivio di Stato in Milano nel 1912‟, p. 126; cfr. anche A.R. Natale, Stilus Cancellariae. Formulario visconteo sforzesco, Milano, 1979, p. XI e s.; C. Santoro, La politica finanziaria dei Visconti, I, Milano, 1976, p. XVI e nota 14.

2 Le fonti indicate saranno descritte nelle pagine seguenti, man mano che verranno utilizzate.

3 Questi atti sono molto interessanti, oltre che per lo studio del formulario e degli usi della cancelleria che li spediva, per le annotazioni successive, fatte dal funzionario che li riceveva e dal cancelliere che li trascriveva nei registri, a volte inserendo l’originale accanto alla copia: dette annotazioni consentono di valutare i rapporti fra la cancelleria centrale e la cancelleria delle città del dominio (Cfr. anche E. Cau, Lettere inedite viscontee. Contributo alla diplomatica signorile, in „Ricerche medioevali‟, IV–V, Pavia, 1969–70, pp. 48, 61).

4 Con queste considerazioni iniziavo nel 1977 la prima ricerca sistematica sulla formazione della cancelleria viscontea da Ottone a Gian Galeazzo, nella quale, premesse le difficoltà di ordine pratico ed esposta la metodologia seguita, analizzavo gli atti del signore dalla forma notarile alla cancelleresca, gli atti della consorte del signore e degli ufficiali, ricostruivo l’attività dei cancellieri, dei sigillatori e dei notai del signore nonché della consorte e degli ufficiali (La formazione della cancelleria viscontea da Ottone a Gian Galeazzo, in „Studi di Storia medioevale e di Diplomatica‟, 2, 1977, pp. 97–193). Quello studio veniva ad affiancarsi ad uno precedentemente realizzato, di carattere più istituzionale che diplomatico, riguardante la ricostruzione della cancelleria ducale attraverso le biografie dei cancellieri, segretari e sigillatori dei due ultimi Visconti e della duchessa (I cancellieri di Giovanni Maria e di Filippo Maria Visconti, in „Nuova Rivista Storica‟, 1966, fasc. III–IV, pp. 367–428). Il rimando continuo nelle note del presente lavoro a questi due studi è puramente di comodo: in essi infatti sono ampiamente indicate fonti e bibliografia.

5 Riferita a Ottone de Ottobellis, che sottoscrive litterae patentes in data 19 gennaio (M.F. Baroni, La formazione … cit., pp. 105, 125).

6 Si rimanda alle biografie dei cancellieri, di cui alla nota 4.

7 Se si osservano gli elenchi dei cancellieri sia per il periodo iniziale (La formazione … cit., pp. 192–193) sia per quello relativo al ducato di Gian Galeazzo e dei due figli (I cancellieri … cit., pp. 373–375) si può constatare che questa era una consuetudine, tranne nel caso di Filippo Maria, che rinnovò quasi completamente i funzionari della cancelleria.

8 Si cita solo qualche esempio: Lanfranco Arno e il figlio Ippolito sotto Galeazzo I e Azzone; Ottone de Ottobellis e il figlio Gabriele sotto Azzone; i fratelli Galeazzo e Rinaldo de Capitaneis de Vicomercato sotto Bernabò e Regina della Scala; Antoniolo Arese e il figlio Andreolo sotto Gian Galeazzo; Giacomo Barbavara sotto Gian Galeazzo e Giovanni Maria; i suoi figli Francesco e Marcolino sotto Filippo Maria; Uberto Decembrio e il figlio Pier Candido sotto Giovanni Maria e Filippo Maria; i fratelli Lanzalotto e Luigi Crotti sotto Filippo Maria.

9 Tanto che nel 1955 Francesco Cognasso scriveva „come fosse organizzata la segreteria ducale non lo sappiamo‟ (Istituzioni comunali e signorili di Milano sotto i Visconti, in Storia di Milano, ed. Treccani, VI, p. 494).

10 Per il periodo di Bernabò Visconti si citano patentes di conferma di esenzioni a monasteri in data 13 luglio 1376, estratte „a filis cancellarie‟ da Marcolo de Bripio (C. Santoro, La politica finanziaria … cit., I, p. 274, n. 360); per il periodo sforzesco si sa che in filza venivano conservate le minute della corrispondenza riservata e segreta (cfr. A.R. Natale, Stilus cancellariae … cit., p. CXXVII, nota 139; G. Vittani, Diplomatica, Milano, 1914–15, p. 73).

11 Curioso è il fatto capitato nel 1362 ad Ambrogio Crivelli, cancelliere di Galeazzo II, che fu imprigionato e condannato dal signore alla perdita del salario di un anno per essere stato troppo zelante nella spedizione di lettere di „gratia‟ ad alcuni stipendiari, lettere di cui il signore si era in seguito pentito (M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 144).

12 Del resto difficile a notarsi, e solo in pochi casi, anche sotto la signoria di Gian Galeazzo e di Filippo Maria, i quali hanno dato una impronta di stabilità e di funzionalità agli uffici, fra cui quello della cancelleria.

13 Si citano come primi esempi: Ottone de Ottobellis, procuratore di Azzone nel 1331 con l’incarico di stringere un patto con i Della Scala e altri signori italiani, e nel 1333 di fare tregua con il re di Boemia; il figlio Gabriele, inviato, nella sua qualità di cancelliere, nel 1346 da Giovanni e Luchino Visconti ai Gonzaga per trattare relativamente alla città di Parma (M.F. Baroni, La formazione … cit., pp. 123, 125).

14 Giovanni de Nuxigia, Lanfranco e Ippolito Arno di Milano, Ottone e Gabriele de Ottobellis e Giovanni de Valdetario di Piacenza (Ibid., p. 121 e ss.).

15 Molti di loro erano attivi già nella cancelleria di Azzone; quasi tutti, invece, di nuova nomina quelli al servizio di Giovanni Visconti dal 1349 al 1354 (Ibid., p. 121 e ss.). Per i notai che rogano sotto la signoria dei due fratelli, cfr. ibid., pp. 176–177.

16 Nel 1339, nella corroboratio di patentes del 16 settembre, è scritto; „Registratis presentibus in actis curie nostre‟; ai registri dell’ufficio fanno riferimento i notai che estraggono copie: „… a registro cancellarie‟ oppure „… a registro prefatorum dominorum‟ (Ibid., p. 107 e nota 46).

17 Ibid., p. 109. Di questo avviso sembra fosse anche il Cognasso (Istituzioni … cit., p. 492).

18 Vedremo, esaminando gli atti viscontei, che la prima sottoscrizione sotto sigillo è apparsa nel 1353 con Giovanni Visconti. E’ necessario fare una distinzione: in quel caso si trattava di una personalità, quale Bonincontro Morigia, letterato, il cui nome era in grado di dare autorità alla sigillazione allo stesso modo di quando, spostandosi, dopo l’associazione di Gian Galeazzo al padre nel governo, la sottoscrizione del cancelliere in calce all’atto, a dare maggiore garanzia alla convalidazione, fra il 1375 e il 1384, appongono la sottoscrizione sotto sigillo giuristi e consiglieri, quali Pinotto de Pinotis, Rizardo de Villanis, Bartolomeo Placentinus (Ibid., pp. 198–199). Nel caso di Bernabò e di Galeazzo II si tratta, invece, proprio di funzionari di cancelleria, la cui sottoscrizione sotto sigillo è relativa alla scrittura dell’atto oltre che alla convalidazione.

19 La difficoltà maggiore, in entrambi i casi, si incontra quando più cancellieri con lo stesso nome erano attivi contemporaneamente nell’ufficio: la loro sottoscrizione, in scrittura cancelleresca, a volte rende difficile l’attribuzione della responsabilità dell’atto all’uno piuttosto che all’altro funzionario. Si veda il caso di „Antoniolus‟, la cui sottoscrizione potrebbe essere attribuita a ben quattro cancellieri, attivi contemporaneamente nella cancelleria pavese di Galeazzo II e di Gian Galeazzo (Ibid., pp. 153–156), e di „Iohannes‟, cancelliere di Giovanni Maria e di Filippo Maria Visconti, la cui sottoscrizione potrebbe essere attribuita a due funzionari (M.F. Baroni, I cancellieri … cit., pp. 384–387).

20 Solo una volta Bernabò aggiunge l’appellativo di „familiaris‟ a un funzionario di cancelleria: si tratta di un caso particolare in quanto è riferito a Tommaso de Capitaneis de Vicomercato, che roga il suo testamento (M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 159 e s.). Questo cancelliere continuerà poi l’attività nell’ufficio sotto Gian Galeazzo e Giovanni Maria (M.F. Baroni, I cancellieri … cit., p. 380).

21 Si ritiene inutile elencare tutti i nomi, per i quali si rimanda alle biografie dei cancellieri e dei notai (M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 130 e ss., p. 177 e ss.).

22 Si cita Galeazzo de Capitaneis de Vicomercato, che sottoscrive sotto sigillo per lo più missive inviate ai Gonzaga (Ibid., p. 151).

23 Uomo dal carattere diffidente e collerico, Bernabò si lasciava a volte influenzare dalle circostanze, come nel caso di Albertolo Bolgarono che, stando alle cronache, venne punito con la morte per impiccagione dopo essere stato accecato a causa di alcune violenze che avrebbe usato ai Frati Minori; la stessa sorte sembra fosse toccata a Galeazzo de Carate, accusato dal signore di Milano di colpe nei suoi confronti (Ibid., pp. 137, 152).

24 Ibid., pp. 146–147.

25 Non tutti gli storici sono d’accordo su questa data (Cfr. M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 110, nota 60).

26 Fra i funzionari attivi e Pavia si possono fare i nomi di Ambrogio Crivelli, già al servizio del Visconti quando non era ancora signore: è il funzionario condannato per troppo zelo (di cui alla nota 11), che seguì Galeazzo II a Pavia, dove rimase attivo fino al 1376 (Ibid., p. 144); di Cavallino de Cavallis, oltre che cancelliere e segretario, anche ambasciatore e procuratore in delicate missioni (Ibid., p. 143); di Comolo de Clivio, che sottoscrisse una gran quantità di atti di varia natura, sia sotto Galeazzo II che sotto il figlio, tanto da far pensare che egli esplicasse la sua attività solamente nella cancelleria (Ibid., p. 162).

27 Si rimanda alle biografie dei cancellieri (Ibid., p. 143 e ss.).

28 Con un salario di venticinque fiorini al mese (A.R. Natale, Stilus … cit., p. 87, n. 58). Il segretario di cui si ha, come modello, la lettera di nomina è Francesco Barbavara: non è possibile stabilire se si tratti del segretario di Gian Galeazzo o del cugino, segretario di Filippo Maria (M.F. Baroni, I cancellieri … cit., pp. 387, 401).

29 Il Natale, a proposito del verbo signare, avverte „che spesso nelle copie l’abbreviatura del verbo viene trascritta con signavit: passando, così, la formula dalla diretta all’attestazione indiretta; il verbo signare come nell’accezione notarile e cancelleresca – e indica la duplice operazione della sottoscrizione e della sigillatura – è qui usato (si riferisce a un atto del 1386; di cui dà l’edizione) dal copista per attestare la regolare sottoscrizione del cancelliere sotto il sigillo‟ (Archivi milanesi del Trecento, in Acme, 1976, p. 280). Non si condivide tale opinione, dal momento che si è trovato il verbo nella forma signavit scritta per esteso in originali dei primi tempi in cui il funzionario apponeva il proprio nome in calce all’atto, cioè dal 1375 al 1380, mentre la convalidazione sotto sigillo era affidata ad altri funzionari: si citano come esempi litterae del 25 aprile 1378, sottoscritte in calce da Comolo nella forma „Comolus signavit‟ e sotto sigillo da „Pinotus‟, e convalidate per di più dalla corniola segreta; idem in data 14 maggio 1378; litterae dell’ 1 luglio 1378 con sottoscrizione in calce „Iohannolus signavit‟ e sotto sigillo „Pinotus‟, etc. (Archivio di Stato in Pavia, Lettere ducali già in Archivio civico, busta I, ad annum).

30 Un elenco, seppure incompleto, è stato data dalla Santoro (Gli offici del Comune di Milano e del dominio visconteo sforzesco (1216–1515), Milano, 1968, p. 245 e ss.); note biografiche di altri cancellieri vengono dalla stessa autrice inserite in margine agli atti nel volume: La politica finanziaria … cit., II, Milano, 1979. Cfr. anche M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 143 e ss; I cancellieri … cit., p. 375 e ss.).

31 M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 149. Pasquino cadde poi in disgrazia presso il duca perché sospettato di tradimento e fu fatto uccidere (Cappelli Pasquino, in Dizionario Biografico degli Italiani, ed. Treccani, XVIII, Roma, 1975, pp. 727–730).

32 M.F. Baroni, I cancellieri … cit., p. 382.

33 M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 166; I cancellieri … cit., p. 376.

34 M.F. Baroni, I cancellieri … cit., p. 387.

35 Ibid., p. 377.

36 C. Magenta, I Visconti e gli Sforza nel castello di Pavia, Milano, 1883, I, p. 297; Fr. Cognasso, Il ducato visconteo da Gian Galeazzo a Filippo Maria, in Storia di Milano, VI, p. 72.

37 M.F. Baroni, I cancellieri … cit., p. 375 e ss.

38 Ibid., p. 389.

39 Ibid., p. 400.

40 Si citano Francesco Barbavara e Uberto Decembrio, di cui alle note nn. 34 e 38.

41 Già presso i contemporanei: si veda quanto dice di lui Pier Candido Decembrio, forse spinto da risentimento personale (Philippi Marie Vicecomitis Mediolani ducis III vita, Milano, senza note tipogr. e senza anno, p. 132). Cfr. anche Fr. Cognasso, Istituzioni comunali e signorili … cit., in Storia di Milano, VI, pp. 494–495.

42 Ne rimangono solo sei di quelli già attivi nella cancelleria di Giovanni Maria e due di quelli che hanno svolto la loro attività quando Filippo Maria era conte di Pavia (M.F. Baroni, I cancellieri … cit., elenchi pp. 374–375 e relative biografie).

43 Fr. Cognasso, Istituzioni … cit., in Storia di Milano, VI, p. 494.

44 Si tratta di Marziano de Rampinis da Tortona, cancelliere e segretario dal 1412 fin verso il 1423. Uomo di vasta cultura, fu commentatore di Dante e pittore dilettante di carte da gioco: è noto il mazzo di tarocchi che egli dipinse per il duca (M.F. Baroni, I cancellieri … cit., pp. 294–295, e nota 219).

45 Così risulta da un regolamento di Filippo Maria del 6 giugno 1442 (Archivio di Stato in Milano, Missive, n. 15, c. 291 r); un altro fu fatto in data I novembre 1444, con ulteriori benefici (Ibid., c. 289 r): quest’ultimo elenca anche i nomi dei funzionari di quell’anno. V. anche F. Fossati, che pubblica questi atti e altri sforzeschi in Appendice alla Presentazione del volume. Inventari e regesti del R. Archivio di Stato in Milano, vol. II, parte II: Gli atti cancellereschi viscontei, I, Milano, 1929, in „Archivio Storico Lombardo‟, 1937, p. 369 e ss. Cfr. anche Fr. Cognasso, Istituzioni … cit., in Storia di Milano, VI, pp. 491, 495.

46 M.F. Baroni, I cancellieri … cit., elenchi e biografie.

47 Ibid., p. 368, p. 415 e nota 435. Si ritiene utile riproporle in nota a questo lavoro, anche perché vengono considerate litterae di nomina a segretario del Consiglio Segreto: „… Ea precellit non solum eloquentia dicendique venustate et iuris civilis ac artium doctrina, sed etiam modestia, equanimitate, prudentia et, quod maximi quidem facimus animi, sinceritate et fide ac pluribus aliis virtutibus et ornamentis, egregius doctor dominus Guinifortus Barzizius, civis Mediolani et secretarius noster dilectus, et nullus pene sit honor nullusve magistratus cui, si protulerimus, eum non bene ac salubriter provisum existimemus, facta de se illa iam experientia que de collaudato in integro viro fieri potest. Ipsum igitur dominum Guinifortem secretarium nostrum harum serie constituimus et deputamus in collegam egregii Marcolini Barbavarie secretarii similiter nostri, ad signandum litteras et scripturas nostras, ad legendum in Consilio nostro secreto et ad reliqua omnia faciendum, que faciebat Urbanus quondam de Iacopo et facere poterat queve secretariatus officium et natura exigit …‟.

48 Si citano due esempi: una minuta del 16 dicembre 1431, con chiarimenti al segretario Corradino de Vicomercato e aggiunte al consigliere Franchino Castiglioni affinché quest’ultimo legga e convalidi con la sua sottoscrizione prima dell’apposizione del sigillo grande; una del 27 ottobre 1440 con cui il duca incarica il suo segretario Giovanni Francesco Gallina di far esaminare e approvare dal Consiglio Segreto la scelta delle nomine dei procuratori per trattare con la comunità di Uri (Archivio di Stato in Milano, Fondo ducale visconteo, rispettivamente cart. 12 e 8; cfr. anche G. Vittani, Atti cancellereschi viscontei, Milano, 1920–29, parte II, p. 69, n. 455; parte I, p. 217, n. 1737).

49 Già nel 1408 il segretario di Giovanni Maria, Uberto Decembrio, sottoscriveva il 4 agosto un atto del duca e il giorno successivo uno emesso dal Consiglio (C. Santoro, I registri dell’Ufficio di Provvisione e dell’Ufficio dei Sindaci sotto la dominazione viscontea, Milano, 1929–32, p. 226, rispettivamente nn. 94 e 93). Che già sotto Gian Galeazzo il Consiglio Segreto avesse piena autonomia e una propria organizzazione con un ufficio di cancelleria, così come l’avevano il Consiglio di giustizia e il Magistrato delle Entrate, è già stato dimostrato da vari studiosi: si rimanda alle osservazioni fatte dal Comani (Usi cancellereschi viscontei, in „Archivio Storico Lombardo‟, 1900, p. 392 e ss.) e alla ricostruzione fatta dalla Santoro (Gli offici … cit., p. 203 e ss.).

50 Come da esempio del 30 marzo 1437, in cui, dopo l’elenco dei testi, si legge: „Post que, prefatus ill. d. d. dux fecit ad maiorem fidem et firmitatem premissorum hoc presens instrumentum sui sigilli impressione muniri‟ (Archivio di Stato in Milano, Fondo ducale Visconteo, Registri, n. 13, Giovanni Francesco Gallina, c. 177 v; cfr. anche C. Manaresi, I registri viscontei, Milano, 1915, p. 76, n. 44, p. XLIX).

51 L’autorità che Zanino Ricio esercitava su Filippo Maria era tale che si dice che nulla facesse il duca senza consultarlo, come risulta anche da una missiva inviata al suo segretario il 10 ottobre 1425 da Abbiategrasso, nella quale il duca inizia il discorso ricordando „Deliberavimus tecum …‟ (G. Vittani, Gli atti cancellereschi … cit., I, p. 159, n. 1341). Per la biografia, cfr. M.F. Baroni, I cancellieri … cit., p. 395 e ss., p. 427. V. anche alle pp. ss. e nota 126.

52 Ibid., p. 402 e ss., p. 427.

53 V. alle pp. ss. e nota 125. Cfr. anche M.F. Baroni, I cancellieri … cit., p. 392 e ss., p. 428.

54 Quali Luigi Crotti, Marcolino Barbavara e Giovanni Antonio Rambaldi. V. anche alle pp. ss. Per le biografie, cfr. M.F. Baroni, I cancellieri … cit., pp. 406, 412, 413, 419. Già nel 1427 un oratore ducale, Lodovico de Sabinis, aveva usato il volgare in missive indirizzate a Filippo Maria (L. Osio, Documenti diplomatici … cit., II, parte II, p. 286, n. CLXXI).

55 M.F. Baroni, La formazione … cit., pp. 102–103.

56 A tale data alcuni storici fanno risalire l’inizio della Signoria: altri oppongono considerazioni diverse (Ibid., p. 103, nota 24).

57 Ibid., pp. 103–104. Per quanto riguarda gli atti emessi da Matteo quando era capitano del popolo di Milano, essi ricalcano, almeno alcuni, le forme cancelleresche introdotte precedentemente in Milano (Ibid., p. 100 e s.).

58 Ibid., p. 104.

59 Biblioteca Ambrosiana in Milano, Cod. D 59 (già E.S. VI, 13).

60 Originale in Archivio di Stato in Milano, Fondo relig., Perg., Morimondo, cart. 693, n. 119. Cfr. anche M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 105.

61 Come da atto del 24 luglio (Originale in Archivio di Stato in Milano, Fondo relig., Perg., Chiaravalle, cart. 554, Diplomata. Per le edizioni, etc., cfr. M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 105, nota 38).

62 V. nota 5.

63 M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 105 e ss.

64 Si veda, ad es., una concessione di cittadinanza milanese con esenzione da oneri in data 26 settembre 1334 (Ibid., p. 106).

65 In data II maggio 1334 (Archivio di Stato in Milano, Fondo relig., Perg., Chiaravalle, cart. 554, Diplomata. Cfr. M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 106).

66 V. litterae in data 20 ottobre 1336 („Quia divine legis canonibus edocemur ut devotos et Christi fideles et presertim religiosos cum liberali dextera prosequamur‟ (Ed. L. Osio, Documenti diplomatici tratti dagli archivi milanesi, I, parte I, Milano, 1864, p. 108, n. LVI, da originale oggi disperso. Cfr. M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 106, nota 39).

67 V. nota 64.

68 V. atto del 24 luglio 1333, di cui alla nota 61. V. anche tav. I.

69 Così in patentes dell’ 11 maggio 1334 (di cui alla nota 65), nella corroboratio delle quali si precisa: „Registratis presentibus, ad cautellam nostro sigello (sic) communitis‟. Patentes in data 2 giugno 1338, invece, con il solo sigillo grande a destra, recano nella corroboratio l’espressione „Registratis presentibus a cautela‟ (Archivio di Stato in Milano, Fondo relig., Perg., Morimondo, cart. 693, s.n.). Il Natale (Lagratiavisconteo sforzesca, in „Rendiconti dell’Istituto Lombardo‟, Accademia di Scienze e Lettere, Milano, 1961, vol. 95, fasc. I, p. 207) aveva sottolineato questo uso, così che si era optato (La formazione …, cit., p. 107) per il riferimento del termine alla registrazione anche nel caso delle litterae dell’ 11 maggio 1334; in realtà il termine usato in esse, confrontato con l’uso che di esso viene fatto in atti notarli, fa pensare che, nel nostro caso, fosse riferito proprio alla convalidazione.

70 V. Giovanni de Valdetario (Cfr. M.F. Baroni, La formazione … cit., pp. 121–122).

71 Precede sempre il nome dell’arcivescovo Giovanni. V., ad es., atto del 16 settembre 1339 (Archivio di Stato in Milano, Fondo relig., Perg., Chiaravalle, cart. 554, Diplomata).

72 In data 12 dicembre 1350 (C. Santoro, La politica … cit., I, p. 57, n. 81. Cfr. anche M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 108 e nota 48).

73 V. atto dell’8 giugno 1345; si tratta di patentes con valore di decreto (In cuius nostri decreti testimonium has patentes conscribi et registrari iussimus nostrorumque sigillorum munimine roborari) (M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 109 e nota 50).

74 Sia nel caso di sigillo aderente che pendente. Per la descrizione dei sigilli dei due signori, si rimanda a G.G. Bascape’, I sigilli dei duchi di Milano, in „Archivio Storico Lombardo‟, 1943, p. 8 e tavole.

75 V. nota 18.

76 V., ad es., missiva di Luchino Visconti, in data 25 maggio 1344 (Archivio di Stato in Parma, Corrispondenza estera, Milano, n. 84; cfr. anche M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 109 e nota 53).

77 Come da missiva in data 8 giugno 1346 (Ibid., n. 80; cfr. anche M.F. Baroni, ibid., p. 109).

78 M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 110.

79 Ora in Archivio di Stato in Milano, Fondo Acquisti e Doni, cart. 16. Per la bibliografia relativa alle vicende del registro e agli atti in esso contenuti, cfr. M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 110, nota 61.

80 Recentemente sono stati pubblicati e commentati da A.R. Natale, Per la storia dello stato visconteo. Frammenti di un registro dell’Archivio signorile (Registro di Bernabò, a. 1364), in „Archivio Storico Lombardo‟, 1976, pp. 35–82.

81 Le litterae vengono registrate senza la corroboratio: dal testo si passa direttamente alla data topica e cronica. Nelle missive, a volte, è indicata anche l’ora.

82 Fa parte di un gruppo di pergamene relative alla Certosa di Pavia, acquistate dall’Archivio di Stato (Fondo Acquisti, Acquisto Cepparo).

83 E’ edito e commentato anch’ esso dal Natale (Per la storia dell’Archivio visconteo signorile. Il frammento del registro di Bernabò del 1358, in „Archivio Storico Lombardo‟, 1977, pp. 10–46).

84 Per quanto riguarda Bernabò, a proposito del vicariato imperiale merita sottolineare, riportando le parole dell’Osio, „il fatto che mentre gli scrittori asseriscono che egli per superbia non si curasse di essere confermato dall’imperatore nella carica di vicario generale imperiale, tutti gli atti suoi fino agli ultimi anni della signoria proverebbero che egli tenesse in gran conto tale titolo, dato che lo usa sempre‟ (Documenti diplomatici … cit., I, p. 239, nota 2). Cfr. anche M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 111).

85 Intitulatio: „Nos Bernabos et Galeaz fratres Vicecomites, civitatum Mediolani, etc., Sacri Romani Imperii vicarii generales‟; corroboratio: „In quorum testimonium presentes fieri iussimus et registrari nostrorumque sigillorum appensione muniri‟, in una conferma di donazione in data 29 dicembre 1357 (C. Santoro, La politica … cit., I, p. 113, n. 132).

86 La differenza consiste nel fatto che, mentre delle litterae venivano fatti più originali indirizzati direttamente alle autorità, con l’ordine di inserirle negli statuti, i decreta, per lo più senza data, venivano inviati con litterae accompagnatorie, datate e convalidate con il sigillo e, successivamente, con la sottoscrizione del cancelliere in calce, con il pericolo, pertanto, che, essendo spediti in giorno diversi alle città del dominio, venissero registrati, cosa che regolarmente accadeva, sotto la data delle litterae accompagnatorie, e quindi in data diversa da città a città (Cfr. G. Vittani, Diplomatica, cit., p. 69; F.E. Comani, Usi cancellereschi viscontei, in „Archivio Storico Lombardo‟, 1900, p. 386, nota 1. Esempi di decreta in Antiqua ducum Mediolani decreta, Milano, 1654, p. 45 e ss. Cfr. anche M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 110 e nota 56).

87 Lo stesso nelle missive inviate da Regina della Scala, consorte di Bernabò (Archivio di Stato in Mantova, Archivio Gonzaga, E. XLIX, 2, buste 1603, 1606). Molte missive sono edite dall’Osio (Documenti … cit., I, p. 136 e ss.).

88 In data 8 gennaio 1375 (C. Santoro, La politica … cit., I, p. 265, n. 344).

89 Ad es., di Gian Galeazzo a Iacopo Dal Verme, in data 21 ottobre 1378 e 2 agosto 1380 (Ibid., p. 317, n. 431, p. 362, n. 508).

90 A questa possibilità ha accennato anche il Manaresi (Registri Viscontei, Milano, 1915, p. XLIX).

91 Il termine „grande‟ è usato convenzionalmente per indicare il sigillo sotto il quale c’è la sottoscrizione del cancelliere. Almeno di tre misure erano i sigilli di questo tipo usati nella cancelleria di Bernabò (G.G. Bascape’, I sigilli … cit., p. 9).

92 V. nota 18.

93 La ragione di questo nuovo elemento, che viene a caratterizzare gli atti cancellereschi dal momento in cui Gian Galeazzo è associato dal padre nel governo, è legata, probabilmente, alla necessità di differenziare gli atti dei due signori. Comunque, è un uso che permane per tutta la durata della signoria viscontea. V. anche nota 19.

94 V. atto del 30 giugno (C. Santoro, La politica … cit., I, p. 182, n. 221. Cfr. anche M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 111).

95 „In quorum testimonium presentes fieri iussimus et registrari ac nostri sigilli nostrique boletini secreti munimine roborari‟, in litterae, di cui alla nota precedente.

96 V., ad es., patentes del 25 aprile (Archivio di Stato in Pavia, Lettere ducali, busta I, ad annum, già conservate in Archivio Civico).

97 Per esempi, v. M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 112, nota 66.

98 C. Santoro, La politica … cit., I, p. 215, n. 273. Cfr. anche M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 112.

99 V. atti datati 5 e 11 febbraio, 10 ottobre 1380 (M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 112, note 68, 69 per le fonti).

100 In data 9 settembre (Ibid., p. 112, nota 70, per fonti e bibliografia).

101 „… et ut cognoscatis sigillum parvum, ipsum imprimi fecimus in parte anteriori praesentium literarum‟ (Ibid., p. 113, anche per la parte precedente delle litterae).

102 Di cui esistono più originali. Per le fonti e le edizioni, cfr. M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 98, nota 7; v. anche p. 113.

103 Si ripubblicano tali litterae per la parte specifica: „… Volumus et vobis mandamus quatenus omnes litteras nostras, que sigilo nostro parvo sigilate fuerint, observetis ac in omnibus et per omnia executioni mandetis ac si sigilate forent solito nostro magno sigilo, exceptis tum taxative et specialiter reservatis casibus infrascriptis, videlicet: quod vigore dictarum talium litterarum nullas gentes armigeras recipiatis nisi sit causa fatiendi transitum et, isto etiam casu, in tam modica quantitate quod sine aliquo periculo dicte nostre civitatis recipi possint; item quod littere officiorum seu castellaniarum sigilate nostro parvo sigilo non valeant nec ulla eius obedientia prebeatur; item quod ipsarum vigore condemnationes alique seu banna vel processus, de quibus nos gratiam facere quoquo modo contingeret, nullatenus possint vel debeant canzellari, suspendi vel qualitercumque aliter irritari; item quod alique donationes seu concessiones, quas facere nos contingeret, non valleant nec serventur vigore dictarum talium litterarum nostrarum sigilatarum nostro parvo sigilo; item quod in littigiis, causis, compromissis, questionibus et sentenciis, tam preteritis quam pendentibus et futuris, vigore talium litterarum dicto nostro sigillo parvo sigilatarum, nullius possit iuribus derogari. In reliquis, autem, casibus dictas litteras, que nostro parvo sigilo, cuius forma presentes sigilantur, sigilate fuerint, ad plenum et sine defectu ullo seu excusatione servetis et servari faciatis …‟ (Da originale in Archivio di Stato in Pavia, Lettere ducali, busta I, ad annum; cfr. anche M.F. Baroni, I cancellieri … cit., p. 425, nota 520, con omissis). Da queste litterae appare evidente che il sigillo piccolo venisse ad assumere lo stesso valore del grande.

104 Per la distinzione dei vari atti si rimanda al Natale (Stilus cancellariae … cit.).

105 Così in data 27 agosto 1388 (C. Santoro, La politica … cit., II, p. 64, tav.).

106 Archivio di Stato in Pavia, Lettere ducali, buste I, 2; cfr. anche C. Santoro, La politica … cit., II, p. 2, n. 5, p. 11, n. 28.

107 Sia nelle patentes che nelle missive (Cfr. C. Santoro, La politica … cit., II, p. 5, n. 10, e ss.; L. Osio, Documenti diplomatici … cit., I, parte II, p. 256, n. CLXXXVIII, e ss.).

108 V. le fonti, di cui alle due note precedenti.

109 L’indicazione è generica e convenzionale, come si è detto alla nota 91. Nella cancelleria di Gian Galeazzo pare che i tipi di sigillo usati fossero quattro (G.G. Bascape’, I sigilli … cit., p. 5 e ss, e tavole).

110 V., ad es., litterae del 9 ottobre 1397 (Archivio dell’Ospedale Maggiore in Milano, Diplomi viscontei, n. 1056; cfr. anche C. Santoro, La politica … cit., II, p. 322, n. 396).

111 V. nota 87.

112 C. Santoro, La politica … cit., II, nn. 34, 62, 111, 172, etc.

113 Volutamente non è stata presa in esame nella prima parte di questo lavoro l’attività dei notai che rogano per i Visconti senza diventare funzionari di cancelleria, addetti cioè alla sottoscrizione degli atti. Si ricorda in questa nota l’esistenza presso l’Archivio di Stato in Milano (Fondo ducale visconteo) di diciassette registri, di cui quindici notarili, che sono stati descritti e presentati da Cesare Manaresi, che ha dato il regesto degli atti contenuti in ognuno di essi (I registri viscontei, cit.). I nomi dei notai sono: Catelano de Christianis, che roga per Gian Galeazzo e poi per Filippo Maria, Donato de Cisero de Herba, Lorenzo de Martignonibus e Giovanni Francesco Gallina, che rogano per Filippo Maria. Oltre al de Christianis, roga esclusivamente per il duca Filippo Maria, Giovanni Francesco Gallina, che diventa suo segretario e consigliere (M.F. Baroni, I cancellieri … cit., p. 398). Rogano contemporaneamente per la corte viscontea e per privati gli altri notai (C. Manaresi, I registri … cit., p. XLVII). Gli ultimi due registri sono formati da fascicoli cancellereschi contenenti atti politici per il periodo compreso fra il 1375 e il 1389.

114 Si tratta di Catelano de Christianis, di cui alla nota precedente.

115 Sebbene il Cognasso, a cui si rimanda per il periodo di reggenza di Caterina accanto a Giovanni Maria (Il ducato visconteo da Gian Galeazzo a Filippo Maria, in Storia di Milano, ed. Treccani, VI, pp. 72–107) sostenga che dal luglio 1403 (p. 72) scompaia dai documenti il nome della duchessa e il duca agisca da solo, gli atti esaminati recano l’intitulatio della duchessa e del duca ancora fino al 1404, quando Caterina muore (Cfr. L. Osio, Documenti diplomatici … cit., I, parte II, n. 380, n. CCLIII, e ss.: C. Santoro, La politica … cit., II, p. 498, n. 576, e ss.).

116 Con le attribuzioni di entrambi, come da atto dell’ 11 maggio 1403 (L. Osio, Documenti diplomatici … cit., I, parte II, p. 377, n. CCLI).

117 Si rimanda alle litterae, di cui alla nota 115. La stessa annotazione si trova, ovviamente, anche nelle litterae emesse dalla duchessa insieme al figlio Filippo Maria, conte di Pavia (C. Santoro, La politica … cit., II, p. 494, n. 574).

118 Archivio di Stato in Pavia, Lettere ducali, busta 2, ad annum.

119 Biblioteca Trivulziana in Milano, Cod. 143. La Santoro dà il regesto degli atti, preceduto da ampia introduzione (Il registro di Giovannolo Besozzi, cancelliere di Giovanni Maria Visconti, Milano, 1937).

120 M.F. Baroni, I cancellieri … cit., p. 378. Nella biografia non è stata sottolineata con chiarezza l’attività svolta nella cancelleria: Giovannolo sottoscrive (oltre a rogare) atti di varia natura, apponendo il nome proprio a cui aggiunge, a volte, l’iniziale del cognome (Per gli atti sottoscritti con nome e iniziale del cognome, cfr. C. Santoro, La politica … cit., II, nn. 574, 583).

121 Si tralascia di proposito l’esame degli atti da lui emessi quando era conte di Pavia, per i quali si rimanda a studi specifici (B. Pagnin, Diplomi originali inediti di Filippo Maria Visconti conte di Pavia, in „Ricerche Medievali‟, I, Pavia, 1966, pp. 35–46; M.F. Baroni, I cancellieri … cit., pp. 375, 426).

122 Vi sono anche alcuni decreti. Fondo ducale visconteo: Decreti, cart 1–5; Carteggio interno, cart. 6–8; Carteggio e atti extra dominium, cart. 9–14. Il Vittani (Gli atti cancellereschi viscontei, voll. 2, Milano, 1920–29) dà il regesto di tutti gli atti conservati in questo fondo.

123 A proposito di codici contenenti il formulario, cui dovevano attenersi i cancellieri, si rimanda al Natale (Stilus Cancellariae … cit.)

124 Come risulta da disposizioni ducali del 7 agosto 1425, inviate ai maestri delle entrate straordinarie, riguardanti le donazioni di beni confiscati (Fondo ducale visconteo, cart. 6; cfr. anche G. Vittani, Gli atti … cit., I, p. 128, n. 1077).

125 Scritte su due cc., con sottoscrizione di Giovanni Francesco (Gallina) sul verso della prima c. e sul verso della seconda traccia del sigillo deperdito con il nome del sigillatore, Corradino (de Vicomercato): riguardano disposizioni relative ad un ordine che deve essere inviato a un castellano e alla convalidazione che in esso deve essere usata. Ha numerose correzioni, fra cui il nome del castellano e quello del segretario (in un primo tempo, Giovanni Francesco Gallina), che avrebbe dovuto occuparsi della preparazione e della spedizione dell’ordine stesso. Sul recto della seconda c. è stata riportata, senza correzioni, la parte che interessa la cancelleria e che qui si pubblica: „Intentionem tamen est prefati domini ducis quod presens ordo signatus esse debeat per manum Aluysii Crotti consiliarii et secretarii sui, videlicet interius et in posteriori parte seu fondo dicti ordinis et in casu infirmitatis, absentie aut ex aliqua alia occupatione dicti Aluysii Crotti ex quibus signare non posset dictum ordinem, signatus esse debeat per manum Petri Cotte secretarii sui, videlicet interius et in dicta posteriori parte seu fondo dicti ordinis, et sigillatus sigillo maiori ipsius domini .. ducis quartillato, quod nunc tenetur per superius nominatum (nella I c.) Conradinum ex Capitaneis de Vicomercato consiliarium prefati domini ducis; qui Conradinus debeat apponere et scribere nomen suum sub dicto, et si dictus ordo signatus et sigillatus non fuerit modo predicto eique deffecerint predicta signa Aluysii Crotti aut Petri Cotte et Conradini modo superius declarato sive aliquod ipsorum, non vult prefatus dominus .. dux quod ei credatur et fides adibeatur nec quod aliqualiter observetur‟ (Archivio di Stato in Milano, Fondo ducale visconteo, cart. 8; cfr. anche G. Vittani, Gli atti … cit., I, p. 217, n. 1739).

126 Di cui era responsabile, come si è visto alla nota precedente, Corradino. D’altra parte in minute degli anni precedenti, come si è già parlato nella parte riguardante l’organizzazione della cancelleria, appare frequente l’annotazione: „Zanino Ricio, quod sigillet‟, che prima di Corradino teneva il sigillo grande ducale (V. esempi dal 1425 in poi, in Fondo ducale visconteo, cit., cart. I; cfr. anche G. Vittani, Gli atti … cit., I, nn. 31, 36, 42, 134, 137, ecc).

127 M.F. Baroni, I cancellieri … cit., p. 406.

128 In sintesi, egli scrive che al tempo del Visconti „le littere commune che tuto el di se ordeneno per lo Consilio‟ egli „non le signava né sigillava, ma le sigillava lo secretario con un sigillo minore‟, e aggiunge che „al tempo del prelibato duca passato se sigelavano del dicto sigillo grande‟ solo le lettere di grazia, le donazioni di terre o di altre cose, le lettere degli ufficiali e dei castellani. (Ibid., p. 406, nota 334). Si rimanda al Comani (Usi cancellereschi … cit., pp. 385, 405), anche per un confronto con le disposizioni emesse al proposito da Gian Galeazzo, di cui alla nota 103.

129 Si riporta nella parte che interessa: „… quia tamen recordati sumus quod sigillum nostrum maius non imponitur aliquibus litteris nec scripturis nisi prius a vobis vise et subsignate sint …‟ (Fondo ducale visconteo, cit., cart. 12; cfr. anche G. Vittani, Gli atti … cit., II, p. 69, n. 455). V. anche nota 48.

130 Cfr. G. Vittani, Gli atti … cit., I, nn. 990, 1650, 1961.

131 Questa constatazione è stata possibile solo osservando gli originali, in quanto nelle copie su registro i nomi sono scritti affiancati, senza precisazioni, e potrebbero essere del cancelliere e del sigillatore. Si rimanda alle considerazioni fatte a proposito dell’attività dei funzionari nella cancelleria. V. tav. II.

132 V., ad es., minuta in data 9 dicembre 1428 (L. Osio, Documenti … cit., II, parte II, p. 400, n. CCLXIX).

133 Sottoscritte da Luigi Crotti (Ibid., III, parte I, nn. CLXXVIII, CLXXXI). Dal 1441 al 1447 in atti sottoscritti da Marcolino, Giovanni Antonio e Giovanni Matteo (Ibid., III, nn. CCXXIII, CCXXXIV, CCLVII, CCLIX, CCCXLVIII, CCCLXVI, CCCCXI, CCCCLI).

134 Nell’ultimo decennio della signoria di Filippo Maria latino e volgare furono usati indifferentemente: la ragione del persistere dell’uso del latino è da ricercarsi non tanto nella destinazione dei documenti, quanto nella volontà conservatrice di alcuni segretari. E’ probabile che a sollecitare i cancellieri ad usare il volgare a poco a poco in tutti i tipi di atti sia stata l’autorità indiscutibile del duca, aperto a tutte le innovazioni, che venivano introdotte nella corte. Sull’argomento, si veda M. Vitale, La lingua volgare della cancelleria visconteo sforzesca nel 1400, Milano, 1953.

135 V. nota 113.

136 Come del resto si dice nelle disposizioni relative ai tipi di sigillo, emesse da Gian Galeazzo e da Filippo Maria (V. note 103 e 121).

137 Per esempi, v. C. Santoro, La politica … cit., III, nn, 2, 3, 28, 48, 52, 94, etc.

138 V. nota 50.

139 „… camera in qua exercetur officium cancellarie infrascripte illustrissime domine domine …‟ viene specificato in un atto di vendita in data 13 aprile 1380 (C. Santoro, La politica … cit., I, p. 355, n. 501).

140 Si citano, come esempio, le litterae, in data 18 novembre 1382, emesse da Bernabò Visconti insieme alla consorte: l’intitulatio comprende i due nomi affiancati, con l’indicazione „consortes‟; la corroboratio annuncia l’apposizione dei sigilli di entrambi, che vengono messi affiancati; sotto di essi, i nomi dei cancellieri, rispettivamente „Thomaxius‟ per Bernabò e „Zanottus‟ per Regina (Originale in Archivio di Stato in Milano, Diplomi e dispacci sovrani, cart. VII; cfr. anche M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 144 e nota 79).

141 Nel caso, ad es., di Regina della Scala nei confronti di Reggio (M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 114).

142 Per Regina della Scala, consorte di Bernabò Visconti, Rinaldo de Capitaneis de Vicomercato, già cancelliere del marito, e successivamente Zanotto de Morariis (Ibid., p. 181 e ss.).

Per Bianca di Savoia, consorte di Galeazzo II, Ambrogino de Capitaneis de Porta Romana (Ibid., p. 185).

Per Caterina Visconti, consorte di Gian Galeazzo e poi duchessa, Teodoro de Salis, che continua la sua attività anche nella cancelleria della consorte di Giovanni Maria e successivamente di Filippo Maria fino al 1419 (M.F. Baroni, I cancellieri …, cit., p. 421 e s.).

Per i cancellieri che hanno limitato la loro attività alla sottoscrizione di pochi atti, si rimanda agli studi citati (M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 182 e ss; I cancellieri … cit., p. 422 e ss.).

143 Come Teodoro de Salis, di cui alla nota precedente. E’ un funzionario che gode della stima dei Visconti tanto che è menzionato fra i nobili familiari della corte ducale e gli viene dato, nel 1403, un servitore per espresso ordine della duchessa (M.F. Baroni, I cancellieri … cit., p. 421).

144 E’, ad es., il caso di Zanotto de Morariis nel 1381 (M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 183).

145 Ibid., p. 181 e nota 671, p. 185 e nota 702, p. 187; I cancellieri … cit., p. 421 e ss., nonchè gli stessi nominativi fra i cancellieri ducali.

146 Per i vari tipi di atti si rimanda alle fonti e alla bibliografia citata nei due articoli, di cui alla nota 142. Per quanto riguarda le nomine, sembra che fossero affidate, come si è detto, alla consorte del signore quelle di funzionari dell’ufficio di Provvisione, come da litterae di Caterina Visconti in data 31 maggio 1391, con cui precisa che già Bianca, consorte di Galeazzo II, aveva tale prerogativa. Giovanni Maria, a sua volta, concedeva, in data 28 agosto 1409, alla moglie la facoltà, che aveva già la madre, di nominare gli ufficiali delle vettovaglie e i notai dell’ufficio (C. Santoro, I registri dell’ufficio di Provvisione e dell’ufficio dei Sindaci sotto la dominazione viscontea, Milano, 1929–32, p. 22, n. 86, p. 249, n. 226). In realtà, pare che gli ufficiali fossero, a volte, perplessi circa la scelta dei nominativi e chiedessero chiarimenti nonché l’intervento del signore (C. Santoro, Gli offici del comune … cit., p. 95 e ss.).

147 Per l’approfondimento dell’aspetto diplomatico ed istituzionale di questa cancelleria, si rimanda agli studi citati (rispettivamente pp. 113–116, 181–187; 420 e ss.).

148 Per quello di Regina della Scala, di cui ne sono rimasti alcuni integri, il Comani ha potuto stabilire che inquartasse l’arma scaligera con quella viscontea (Usi cancellereschi … cit., in „Archivio Storico Lombardo‟, 1900, II, p. 156; cfr. anche M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 115).

149 Le varie ipotesi sono state illustrate dalla Santoro (La politica … cit., I, p. XXIV; cfr. anche M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 117 e nota 98).

150 Sotto questa data di anno è stata collocata una missiva del 19 agosto, sottoscritta da Niccolò de Diversis, „magister intratarum‟ (Archivio di Stato in Pavia, Lettere ducali, busta I, ad annum; cfr. anche M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 117 e nota 100, dove per errore è scritto „sottrazione‟ anziché „sottoscrizione‟).

151 C. Santoro, La politica … cit., II, p. XXI e s.

152 Ibid., p. XXII; cfr. anche Ordini di Filippo Maria, di cui alla nota s., p. 465.

153 C. Santoro, Ordini di Filippo Maria Visconti per l’ammininistrazione delle entrate ducali, in Studi in onore di Amintore Fanfani, Milano, 1962, III, pp. 465–492.

154 Archivio di Stato in Pavia, Lettere ducali, buste 1–5.

155 Cfr. C. Santoro, I registri dell’Ufficio di Provvisione … cit., in riferimento solo alle identificazioni per gli esempi addotti come prova.

156 Archivio di Stato in Pavia, Lettere ducali, busta I, ad annum. Si tratta rispettivamente di Raimondo de Verzario e di Giacomino de Porris, maestri delle entrate ordinarie nell’anno 1400 (C. Santoro, I registri … cit., p. 114, n. 262).

157 Ibid. Si tratta dei maestri delle entrate ordinarie Pagano de Aliprandis, Giacomino de Porris e Niccolino de Becharia (Ibid., p. 124, n. 16). V. tav. III.

158 Quest’ultimo, in copia, è regestato dalla Santoro (Ibid., p. 348, n. 87). Si tratta di Raffaele de Vicecomitibus, Lorenzo de Regio e Ambrogio de Mayno, maestri delle entrate, ai quali si aggiunge il nome di Franchino Castiglioni, consigliere ducale più volte menzionato. Potrebbe aver emesso lui stesso l’atto unitamente ai detti maestri delle entrate (a meno che il suo nome non sia riferibile alla sottoscrizione sotto sigillo, cosa che non si può appurare, dato che si tratta di una copia su registro).

159 Usi cancellereschi … cit., p. 394 e ss.

160 V. le disposizioni relative al numero dei cavalli che erano dati loro quando viaggiavano (a nota 45).

161 C. Santoro, Il registro di Giovannolo Besozzi … cit., p. 47, n. 93.

162 C. Santoro, La politica … cit., II, p. 358, n. 432.

163 C. Manaresi, Due nuovi cancellieri dei Visconti, in „Archivio Storico Lombardo‟, 1917, pp. 196–197.

164 M.F. Baroni, La formazione … cit., p. 111. Cfr. anche I cancellieri … cit., p. 428.