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[p. 1053] La teorica delle publicationes da Ranieri di Perugia (1214) a Rolandino Passeggeri (1256)

Monumentalizzata dalla scuola per le generazioni dei notai a venire nella Summa di Rolandino e nella esposizioni che la integravano, la dottrina dell’ «ars notarie» individuava con i termini «tenor» e «publicationes» le due componenti essenziali dell’ «instrumentum» «tenor» veniva denominata la elaborazione coerente dei dati e delle formule che fissavano in una affidabile testimonianza le volontà manifestate, i beni ed i diritti trasferiti, le condizioni, le rinuncie, vale a dire l’illuminante riverberare nella pratica quotidiana della dottrina meditata sui modelli scolastici; il termine «publicationes» connotava invece, evocandone in modo esplicito la funzione, una compiuta serie di elementi nella quale si ibridavano espressioni di religiosità cristiana (le croci, le invocazioni), prescrizioni di legge o di rito (la data, il luogo, i testimoni), caratterizzazioni professionali e individuali della scrittura (i «signa», la sottoscrizione notarile).

Così le definiva l’autorità di Rolandino, sintetizzando nella lucida e martellante prosa del Tractatus notularum (1256) i motivi etici ed ideologizzanti sui quali il notariato urbano, il comune e la scuola avevano fatto forza, non senza contrasti forse nella prima [p. 1054] metà del secolo, per definire razionalmente il carattere pubblico dell’ «officium tabellionatus»:

«…publicationes dicuntur quia publicam et autenticam et fide dignam reddunt scripturam, et quia in instrumentis apponi debent et scribi solum per manum publice persone, hoc est notarii, qui est publica persona eo quod ipsius officium est ad publicam utilitatam inventum»1.

Non solo agli occhi dei diretti interessati (la clientela), ma per la coscienza di una società ed il suo intimo bisogno di certezza, le «publicationes», in quanto validazione notarile della scrittura, garantivano autenticità e veridicità alla morta voce delle prove documentarie, come i giuristi definivano le testimonianze scritte («instrumenta»), nel contrapporle alla voce viva dei «testes»2.

[p. 1055] Una distinzione così specifica e qualificante fra «tenor» e «publicationes» sembrerebbe essere rimasta estranea sino ai primi decenni del XIII secolo alle evolute tradizioni dell’ ambiente bolognese, allo scolastico filosofare sulla disciplina e sull’ arte dei notai: il Formularium tabellionum, testo allora largamente apprezzato benché ancora aderente alla tradizione del secolo precedente3, presentava la redazione dei documenti («editio» o «compositio instrumentorum») come giustapposti omogenea di elementi sequenza, offrendo delle scritture professionali una interpretazione confusamente monolitica4, forse rassicurante, a suo modo o a suo tempo, ma oramai superata dalle indicazioni più recenti della scienza giuridica: Piacentino ad esempio, nella Summa super Tribus Libris — successiva al nucleo originario [p. 1056] del Formularium tabellionum5 —, aveva più analiticamente distinto la «negotii series», generica e mutevole in rapporto all’ azione documentata, da altri elementi della scrittura, non collettivamente denominati, che per legge e per consuetudine dovevano corredare l’«instrumentum»6.

Capostipite dei moderni cultori dell’ «ars notarie», ma allora, negli anni del primo formulario, notaio di nomina recente ed alle sue [p. 1057] prime esperienze di autore7, era stato Ranieri da Perugia ad individuare con precisione la materia delle «publicationes» ed a renderla, grazie ad una felice manipolazione verbale, un accattivante tramite delle proposte che andava indirizzando ai giovani aspiranti notai, ai dotti e potenti colleghi, alle autorità che conferivano privilegi; e tra queste comune in particolare, perché era la città il campo di azione privilegiato dal notaio, e perché nell’ apparato di governo della città si realizzava, quotidianamente, il consapevole equivoco degli interpreti del diritto, propensi a sfumare, per sensibilità alla causa del «tabellio/notarius» dei loro tempi, le variate titolazioni che nel «corpus» giustinianeo distinguevano i professionisti della scrittura al servizio dei privati e il personale degli apparati burocratici dello stato e delle amministrazioni municipali8.

[p. 1058] Dentro la cerchia murata infatti, mentre dai primi decenni del secolo XII si veniva consolidando il regime comunale, tabellioni e notai si erano trovati ad operare in un contesto in rapida trasformazione economica ed istituzionale, sollecitati come cittadini e come professionisti dal fluido aggregarsi di energie nella città, dall’ efficace dinamismo dei ceti di governo. Accreditati di sensibilità e realismo come altri «sapientes» interpellati per dotti pareri ed autorevoli collaborazioni, già dalla fase consolare alcuni notai si erano preoccupati di dare forma agli accordi del comune con i nuclei signorili e le comunità minori del territorio, ai patti militari e ai trattati commerciali stipulati con altre città della regione. Dopo la metà del secolo, e in particolare negli ultimi decenni, mentre si precisavano i poteri del podestà forestiero e del suo seguito (la «familia») — ed analogamente le responsabilità dei funzionari cittadini che li affiancavano (la «curia») —, altri notai, in numero crescente, avevano elaborato, perfezionato e ripetuto i moduli delle scritture e delle registrazioni che documentavano le attività di governo del comune e la regolarità del suo operare.

Agli inizi del XIII secolo anche il processo di revisione della «scientia tabellionatus» era avviato oramai da un secolo. A Bologna e nel suo territorio, bacino di confronto e di ibridazione fra esperienze confluenti da Ravenna, dall’ area lombarda e dal dinamico versante canossiano, «tabelliones» e «notarii» si erano mostrati sensibili alle suggestioni che la scienza delle leggi, con particolare determinazione nei primi decenni del XII secolo, aveva proposto alle loro competenze e responsabilità. La riflessione irneriana, attenta agli elementi essenziali di una teorica in materia di contratti e di ultime volontà, aveva raggiunto rapidamente e senza discriminazione gli scrittori di [p. 1059] documenti, di fatto realizzando una comunicazione intensa di dottrina, o quanto meno una ampia diffusione di orientamenti per l’uso meditato e consapevole del formulario, qualificato prodotto di scuola e non più repertorio di modelli abusati.

Dopo la fase irneriana il sistema di valori garantito per tradizione dagli scrittori di carte e dalle testimonianze scritte era rimasto un polo di riferimento costante per le sistematiche ricerche nelle quali, a cercar lumi sulla procedura e sulle prove, sulle obbligazioni e sui contratti, si erano proiettati generazioni di studiosi della legge e della «sapientia civilis», alta scienza della società che li autorizzava a deridere i riti quotidiani del diritto per proporre nuovi ispirati modelli di comportamento. Controversa almeno dal tampo dei «quattro dottori» era stata, esemplarmente, una questione sulla efficacia del trasferimento di dominio quando la scrittura del contratto non fosse perfezionata nel «mundum completum»9; la questione, «de facto», trovava verosimilmente occasione anche nell’abuso, riscontrabile nella prassi locale del XII secolo, di conferire valore giuridicio alle rogazioni, o meglio a loro copie autonome destinate alle parti e corredate, quale elemento di maggiore certezza, dalla sottoscrizione del notaio10.

In un momento non determinabile della seconda metà del secolo XII, prima tuttavia del 1191, dal modello irneriano era proliferato il Formularium tabellionum. Oltre ad acquisire alla dottrina notarile una serie di rapporti contrattuali di larga incidenza sui modi e sui tempi dell’ economia urbana (mutuo, società, locazione-conduzione), quel testo, specie in successivi aggiornamenti — dello stesso autore, [p. 1060] ovvero di un seguace attivo agli esordi del secolo seguente —, si era soffermato attentamente su speciali formalità giuridiche, vincolanti per gli scrittori di documenti come per la intera società, necessarie per accertare e garantire la legittimità di negozi giuridici particolari, come l’esecuzione forzosa di trasferimenti di propietà11, ovvero particolarmente delicati e pericolosi, tanto da richiedere la «iudiciaria cognitio» della pubblica autorità e non più, o non solo, le domande ritualmente formulate dal notaio: così, ad esempio, l’intervento del podestà o dei suoi giudici per legittimare emancipazioni, tutele, cure e vendite di beni appartenenti a minori12, o ancora per rendere affidabili speciali azioni documentarie, come la scrittura di testamenti nuncupativi13 e l’autenticazione pubblica delle copie notarili14.

[p. 1061] Attraverso quelle tematiche di dotta ispirazione e le soluzioni prospettate, riproposte con tempestiva lucidità al disordinato vitalismo dei processi istituzionali in atto, il Formularium tabellionum mostrava la sua sintonia con gli orientamenti dei maestri dello Studio, più liberamente impegnati, dopo Legnano (1176) e grazie al privilegio di Costanza (1183), a sviluppare collegamenti ed analogie tra i magistrati dell’ordinamento giustinianeo e quelle dei moderni podestà, fatti eredi di antiche pubbliche funzioni e del diritto/dovere di agire per la tutela degli individui e della società15.

Era quello, con ogni probabilità, il testo più diffuso ed influente nell’ambiente bolognese quando Ranieri da Perugia aveva presentato il suo primo formulario all’attenzione degli studenti ed alle inevitabili critiche dei colleghi16. Al termine del denso proemio il giovane maestro [p. 1062] si era soffermato su alcune indicazioni preliminari, di metodo, circa le scritture notarili. Naturalmente, come era nella prassi del tempo e nei formulari in circolazione — se è lecito generalizzare il procedimento sviluppato nel formulario pseudo-irneriano —, aveva tenuto conto della duplice fase di redazione del documento; dei modelli proposti aveva quindi illustrato sia lo schema essenziale della «rogatio» che le forme compiute dell’«instrumentum», proponendo tuttavia di abbandonare il tradizionale svolgimento della «rogatio» in terza persona e dell’«instrumentum» in prima persona, per adottare invece, come soluzione unificata, la forma oggettiva: anche per ragioni di praticità, come illustrava l’esempio del notaio malamente preparato ed incerto, colto nel suo sconveniente e pericoloso compulsare il formulario sotto gli occhi della clientela17. Infine, modernamente, aveva confermato la lucida distinzione tra i «capitula» — che davano forma e contenuto alla «series» o «tenor» di ogni scrittura — e, felice neologismo di allora, le «publicationes»: sette complessivamente («anni Domini», «dies», «indictio», «testes», «locum», «nomen imperatoris», «nomen tabellionis»), diversamente disposte [p. 1063] nella «rogatio» (solo le prime cinque, tutte in principio) e nell’«instrumentum» (le prime quattro più il «nomen imperatoris» in testa, precedute dal «signum crucis» e dalla invocazione verbale; in coda le ultime tre, con l’inserimento del «signum tabellionis»)18.

La materia, nella quale confluivano gli elementi di base del computo e della conoscenza del calendario, non era ovviament e in assoluto una novità; lo stesso non potrebbe dirsi invece della lucida precettistica circa il numero e la disposizione nella scrittura delle «publicationes», piuttosto distante dalla proposta ancora sommaria del Formularium tabellionum19. L’elemento innovativo in realtà veniva concentrato piuttosto, e con particolare attenzione, nelle suggestioni etimologiche sviluppate da Ranieri per quel nuovo termine tecnico, coniato con ingenio felice ed entusiasta:

«[Publicationes] a publica persona sic appellate, id est a tabulario…, cum a tabellionibus publicationes in instrumentis, ad hoc ut [p. 1064] legittima sint, debeant scribi; alias dicentur adulterina instrumenta, si publicationes non apponantur in eis, vel si ab aliis quam notariis inscribantur»;

ed ancorda:

«Hec quidem publicationes in instrumentis apponuntur ut non videantur instrumenta esse scriptura privata, id est ab alio quam a tabellione facta»20.

Il termine era stato chiaramente estrapolato dal «corpus» giustinianeo, generoso repertorio di tecnicismi dove «publicare», più frequentemente di «alligare» e di «intimare», ricorreva come sinonimo di «insinuare», con immediato riferimento alla pratica tardo-antica della «insinuatio ad acta». Ranieri, come altri, era rimasto evidentemente suggestinato dal modello di legittimità/credibilità delineato dai giuristi bizantini, preoccupati di far riconoscere in primo luogo piena ed incondizionata «fides» alle scritture degli uffici dello stato e delle curie municipali, inclini tuttavia ad estenderla, mediante il ricorso alla «insinuatio/publicatio», agli atti privati.

Eludendo con creativa libertà la nitida distinzione rilevata da Rogerio tra l’«instrumentum publicum forma et utilitate» e l’«instrumentum utilitate privatum et forma publicum»21, travalicando quindi ogni considerazione sul carattere pubblico delle scritture degli organi dello stato («acta», «gesta», «publica monumenta»), Ranieri aveva concentrato l’attenzione sulla caratteristica più attraente — nella sua prospettiva — della «insinuatio/publicatio», vale a dire sulla capacità di assicurare «inconcussam ac perpetuam firmitatem» alle scritture tabellionali degli atti denunciati e registrati «ad acta»; una capacità tale da legittimare straordinarie deroghe alla regola, come in particolare [p. 1065] era stato prescritto per le donazioni (C. 8.54.30-32)22. Individuate le potenzialità di tale certezza, forzando i termini e le loro implicazioni, sfocando al limite la premessa — vale a dire la stessa «insinuatio» —, non doveva riuscire difficile estendere quella «firmitas» alla documentazione notarile in genere, nodo centrale della ricerca di Ranieri e suo precostituito punto di arrivo.

Le basi di partenza per tale approdo potevano essere intraviste in molteplici passi del «corpus iuris», e massime nella citatissima novella «Ut preponatur nomen imperatoris» dell’anno 534 (Nov. 47), nella quale Giustiniano aveva inteso definire un sistema di datazione universalmente valido e funzionale insieme, sul piano psicologico e propagandistico, alla «Imperii memoria». Articolato, fedele ad istituti in declino (il consolato) e aperto agli usi particolari (l’«annus civitatis»), tale sistema era stato raccomandato, anzi imposto, agli addetti ai «gesta» ed agli atti giudiziari, ai «tabelliones» della capitale e a quanti, nelle regioni dell’impero, si occupavano della redazione di «documenta»)23.

Confortato dall’orientamento dei dottori della legge, saldo sull’evidenza che quali destinatari della norma erano stati accomunati gli [p. 1066] addetti agli «officia» e i professionisti della documentazione, coniando il termine «publicationes» Ranieri non aveva operato che una ulteriore sottile forzatura, per comunicare la «fides» dei «publica monumenta» alla scrittura del notaio, «publica persona» investita di un «publicum officium» da una pubblica autorità24. Un virtuosismo estremo, che si direbbe estraneo ai gusti severi del maestro del Formularium tabellionum e dei suoi seguaci: in quel testo infatti, dove pure l’espressione «publica persona» veniva interpretata «apublicus notarius»25, il termine «publicatio» rimandava esclusivamente, con maggior aderenza alla lettera della legge romana, alla pubblicità di procedure caratterizzate, anche nella relativa documentazione notarile, dall’intervento di magistrati e funzionari comunali26.

Nella nuovissima accezione assegnatagli da Ranieri, il termine «publicationes», pittosto che dalla ricerca di verità o di clamore, scaturiva invece dalla abile manipolazione di temi «publica scriptura», [p. 1067] «publicus notarius» — vitalmente avvertiti nell’ambiente: quando quel suo fortunato testo veniva elaborato e si diffondeva, anche i più dinamici dei notai cittadini, a tutela della propria credibilità, avevano richiesto e ottenuto dal comune «quedam statuta super contractibus scribendis in presentia contrahentium et, antequam testes rogentur, coram eis legendis»27. Assai prossimo a quello, nel tempo e nello spirito, il provvedimento che, ancora per ispirazione dei «sapientes Bononie», nel 1219 aveva voluto il Liber notariorum, un pubblico registro mediante il quale fare fede, in modo incontestabile, del legittimo operare di chi vi si trovava iscritto: per le larghe concessioni delle autorità quel Liber, poi detto Matricula — per sensibilità all’inquieto agitarsi delle organizzazioni popolari —, aveva finito per accogliere, dopo solo 3 anni, i nominativi di oltre 450 persone, tutte in grado di esibire vfalidi privilegi notarili, o comunque accreditate del titolo e della funzione notarile. Una indicazione sconcertante forse per gli stessi promotori dell’iniziativa, anche se quelli non erano che i primi momenti di un processo dagli sviluppi largamente imprevedibili, afferrabili solo percorrendo gli eventi e le esperienze che attorno alla metà del secolo, per impulso e mediazione di nuovi orientamenti culturali, nell’agitarsi di violente emozioni politiche, avevano oramai fissato i momenti e il carattere dell’esame pubblico di notariato in una prassi nella quale il comune con la sua autorità, la scuola con la sue competenze, la corporazione con la sua capacità di organizzazione e controllo, si erano resi istituzionalmente responsabili e garanti della «publica fides» notarile, cooperando al conferimento della speciale «licentia exercendi» che, independentemente dal privilegio del sovrano o del conte, autorizzava alla professione notarile nell’ambito del distretto cittadino ed apriva l’accesso ai ranghi della potente «societas notariorum»28.

[p. 1068] Sensibile agli umori del momento e dell’ambiente, il nuovo testo di Ranieri era stato tempestivo e, con le sue palesi aperture ad una ampia integreazione del notariato nella realtà istituzionale cittadina, certo più esplicito del Formularium tabellionum; il maestro perugino infatti, per trattare il tema oramai noto della «datio in solutum a pretore», aveva sviluppato brevi profili di «ordo iudiciorum»29, appena sfiorando gli interessi dell’innovativo «De iudiciis», materia nuovissima che, con l’Ars notarie tripartita (1226), introduceva in modo programatico e definitivo tra gli interessi fondamentali della disciplina notarile le tematiche del processo, e più in generale della amministrazione comunale30.

Sicuramente felice sul piano verbale, come testimonia la incontestata recezione del termine nel lessico scolastico31, la soluzione [p. 1069] prospettata per le «publicationes», doveva risultare in qualche modo esasperata, ed infine limitante, specie da chi, come lo stesso Ranieri, ad un decennio dal Liber formularius riconsiderava l’«instrumentum» in una prospettiva più coerente con la opinioni di quei giuristi che, applicandosi al problema sempre scottante della «fides instrumentorum», avevano ricercato e individuato, ben oltre quelli che potevano definirsi «publicationes», gli elementi sui quali fondare, secondo la norma e la logica, l’accertamento critico di ogni «carta publica» redatta in «forma publica»; così, ad esempio, Giovanni Bassiano, aveva distintamente elencato una nutrita serie di «cautele», riproponendole all’osservanza degli scrittori e alla prudenza di chi, nei tribunali, aveva il compito di verificare l’autenticità, la ammissibilità e la veridicità delle testimonianze scritte32.

[p. 1070] Quando dunque Ranieri da Perugia era tornato sull’argomento, senza peraltro rinunciare alle seduzioni del termine, lo aveva fatto per mitigare certe prime conclusioni, ovvero per precisarle in un contesto nuovissimo: se infatti nell’entusiasmo dell’intuizione solo le «publicationes» notarili sembravano attribuire alla scrittura il carattere di «publicum instrumentum», quelle in seguito non erano che uno dei quattro modi legittimi per caratterizzare l’affidabilità delle testimonianze scritte; con ciò, per analogia con la tenuta dei registri di imbreviature e come anticipazione del «De iudiciis», nella trattazione della materia venivano considerati anche esempi relativi alle «publicationes» di registri pubblici («libri officiorum»)33.

In tempi più maturi per Ranieri e per l’ambiente stesso, quando le «publicationes» non erano più necessarie né sufficienti a garantire l’affidabilità dell’istituto notarile, galvanizzata dall’insegnamento e dall’eredità dei dottori della legge, la scuola bolognese di notariato si orientava così per una disciplina non facilmente rassicurante ma critica e severa, mentre i suoi maestri, individuate le nuove frontiere della dottrina, nelle loro definizioni maturavano e diffondevano ideologiche certezze34. Certezze che col tempo, quando la non più problematica «publica fides» del notaio era di fatto garantita dall’esame pubblico e dalla iscrizione nella «Matricula notariorum», potevano anche tradursi in orgogliosa sicurezza, al limite dell’oltraggio; non a caso infatti, dopo la morte di Federico II (1250) e all’inizio di un lungo interregno (1255-1273), per il momentaneo sopravvalere sulla dottrina di un personale sentimento politico, nel Tractatus notularum [p. 1071] (1256) Rolandino aveva esposto la materia delle «publicationes» incentrandola sulla funzione sociale del notaio («publica utilitas», «publica persona»), operando al tempo stesso una brusca mutilazione del «nomen imperatoris» — e per analogia del «nomen pape» —35, forzatamente considerando semplice uso locale proprio l’elemento che aveva permesso ai dottori e ai maestri di individuare le radici più profonde e salde dell’istituto notarile.

1 Tractatus notularum (in Summa totius artis notariae Rolandini Rodulphini Bononiensis…, Venetiis, apud Iunctas MDXLVI; rist. anastatica a cura del Consiglio Nazionale del Notariato, Bologna, 1977), rub. De instrumentis: «Sed quoniam in publico instrumento, hoc est a publica manu facto, duo principaliter continentur, scilicet publicationes et negocii tenor, qui quidem negocii tenor dicitur ipse contractus qui inter partes contrahitur et ordinatur, et omnium fere negociorum tenores in summa ordinate inveniuntur…, ideo hic de solis publicationibus est videndum, hoc est de his que publicum et auctenticum reddunt instrumentum.» (f. 470). La data di «edizione» del Tractatus notularum, quale rimane di norma fissata nella tradizione manoscritta, e da questa alla stampa, viene utilizzata come esempio: «In nomine Domini amen. Anno eiusdem millesimo ducentesimo quinquagesimo sexto…, indictione xiiij.» (ff. 471v-472v); allo stesso modo la Summa, e in particolare la «collectio contractuum» (capitoli I-VII) viene datata dagli elementi cronologici del primo modello (Instrumentum arrarum, f. 2 v): «In nomine Domini amen. Anno eiusdem millesimo ducentesimo quinquagesimo quinto, indictione tertiadecima, die sextodecimo intrante decembri.»

2 Si tratta di definizioni che nel lessico dei giuristi sembrano esprimere, ma non necessariamente, la preferenza accordata alle testimonianze orali nei confronti delle prove documentarie; si veda ad esempio la Summa Codicis di Azone (in Azonis Summa super Codicem, Instituta, Extraordinaria, Papie… MCCCCCVI; rist. anastatica in Corpus Glossatorum Juris Civilis, II, Torino, 1977), rub. De testibus [ad C. 4.20]: «Dictum est supra de probationibus in genere, sequitur videre per species, et quia validior est viva vox quam mortua… vel quia quod in scriptis redigitur primo coram testibus proponitur, ideo primo de testibus videamus…» (p. 122); ed ancora, alla rub. De fide instrumentorum [ad C. 4.21]: «Explicito tractatu probationis que inducitur per vocem vivam, subiiciamus de ea que fit per vocem mortuam, id est per scripturam.» (p. 124); ma si veda anche la presa di posizione contro una applicazione rigida e poco razionale della «regula iuris» in sede di giudizio: «Porro, ut generaliter de fide instrumentorum sciamus regula, illa est dicenda que est infra, eadem lege: «in exercendis litubus eandem vim obtinent tam fides instrumentorum quam testium depositiones» (C. 4.21.15). Nec admitto in aliquo casu ut vox viva duorum testium tantum validior sit publico instrumento; immo publicum instrumentum in pluribus casibus validius est testibus duobus vel pluribus, ut notari possunt plures casus: supra, si minor se ma. di. si alterius. (C. 2.42.3), et infra, de non nu. pec. generaliter. (C. 4.30.13), et supra, de testibus. l. testium. (C. 4.20.18), et de suffragio. l. j. (C. 4.3.1.), et infra, qui testa. fa. pos. l. hac consultissima. (C. 6.22.8), et ff. de proba. census. (D. 22.3.10). Quidam autem dixerunt vocem vivam duorum testium validiorem esse instrumento, argumento eius quod legitur in Auten. eodem titulo, § si vero tale aliquid. (Nov. 73.3)» (p. 124A).

3 Per il Formularium tabellionum, ed in generale per gli orientamenti e la produzione della scuola bolognesa di «ars notarie» nel secolo XIII, rinvio alla relazione di G. ORLANDELLI pubblicata negli Atti di questo Convegno. I tipi di monetazione indicati in alcuni modelli, e le maldestre correzioni sedimentate nel solo testimone noto di quel formulario, lasciano intravvedere un primo nucleo di quel formulario risalente alla seconda metà del secolo XII, anteriore almeno al privilegio di battere moneta concesso ai Bolognesi da Enrico VI (1191, febbraio 12; Böhmer, Regesa Imperii, IV/3. nr. 124); cfr. G. Cencetti, La «rogatio» nelle carte bolognesi. Contributo allo studio del documento notarile italiano nei secoli X-XII [già in «Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Romagna», n. s., VII, 1960, pp. 17-150], in Notariato medievale bolognese, I, Scritti di Giorgio Cencetti, pp. 219-352, a pp. 269-270, nota 5.

4 formularium tabellionum (ed. a cura di G. B. Palmieri, in Bibliotheca Iuridica Medii Aevi, I, 2a ed., Bologna, 1913, pp. 11-45), [Prohemium]: «… in initio cuiuslibet instrumenti annos debemus ponere dominicos; secundo diem in quo fit contractus; tertio indictionem; quarto loco in venditionibus consuevimus apponere personas vendentium et ementium; quinto rem de qua agitur cum suis finibus; sexto pretium quod ex ea datur; deinde conditionem si in contractu oportet; postmodum rei defensionem et pene promissionem; demum locum in quo fit venditio et testium descriptionem; in fine vero nomem ipsius notarii inscribere oblivioni tradere non debemus.» (ed. cit., p. 11); vedi anche nota 18. Per le forme «editio/compositio instrumentorum» cfr. ibid., p. 11 («Nunc autem videamus in singulorum instrumentorum editione qualiter sit ponendum…»), e il testo riportato a nota 16 («efficaciter componere», «instrumentorum edendorum formam»).

5 Per la cronologia delle due opere si può osservare che se il nucleo meno recente del Formularium tabellionum ancora non faceva ricorso alla lira bolognese, la Suma Trium Librorum di Piacentino (in Azonis Summa super Codicem, cit., pp. 412-455) menzionava invece, e come avvenimento recente, il citato privilegio di Enrico V (1191, febbraio 12): «…Sed et civitatibus quibusdam specialiter datum est ius fabricande monete, quod aliis non licet, ut nuper Bononie concessit imperator Henricus…» (rub. De iure reipublice [ad. C. 11.30], p. 432). Piacentino muore nel 1192, a Montpellier, dove era tornato dopo un quadriennio di trionfale soggiorno a Bologna («…discipulis iura tradidi, alios preceptores ad lumen invidie provocavi, scholas eorum discipulis vacuavi… satis honorabiles scholas per quadriennium habui; exacto quadriennio iterum domi apud Montem Pesulanum redii.» (Prohemium, p. 412.)

6 Ibid., De tabulariis scribis logographis et censualibus [ad C. 10.71]: «…Illud quoque notandum est quod prefati scriptores in omnibus nocumentis que fiunt in iuditio vel extra nomen imperatoris et annos imperii eiusdem preponere debent. Secundo appellationem consulis qui illo anno est conferre. Tertio mensem et diem quo instrumentum conficitur. Quarto civitatis annus scribatur. Quinto negocii series. Sexto quo loco. Septimo contrahentium et testium subscriptio. Octavo tabellionis subscriptio, ut C. de fi. instru. l. contractus. (C. 4.21.17), si hoc [l’ uso dell’ «annus civitatis»] de consuetudine provincie fuerit, ut in Auten, ut nomen imperatoris preponatur omnibus decurionibus [recte documentis] (Nov. 47.1.1.); apud Italie vero precipuam partem nomen Cristi preponitur, anni incarnationis eiusdem, sequitur nomen imperatoris et imperii annus, sic deinde mensis et dies et cetera que sequuntur.» (p. 425). Ed ancora, per l’ estensione dell’ indagine alle «Lombarda», al titolo De tabulariis: «…Item in instrumentis ponendus est locus… Item dies est apponendus mensis, indictio, nomen imperatoris et annus eius imperii, et consules, ut in predictis legibus… et in Lombarda, de scripturis sine mense. l.j. (Lomb. 3.36.1). Sed quesitum fuit an hora diei sit ponenda: respondeo quod non; nam sufficit diem poni, ut in predictis legibus, nisi in casu, ut ff. quod vi aut clam. l. aut qui aliter. § j. (D. 43.24.5.1.). Item debet anteponi signum crucis… Item tabellio qui conficit instrumentum debet connumerari in numero testium; et stulta fuit super hoc dubitatio… Item signum et subscriptio tabellionis apponenda instrumentis ex Regni consuetudine…» (ibid., pp. 453-454). A queste indicazioni aderirono con persistenza dottori e studiosi della legge; cfr. Accursio, glossa «servituti» [ad C. 10.69.3]: «Item ordo instrumentorum est ut primo nomen imperatoris et annus imperii, secundo nomen consulis et annus consulatus, tertio mensis et dies, quarto dies civitatis facte, si hoc fit de consuetudine, quinto series, sexto locus, septimo subscriptio testium et contrahentium, octavo subscriptio tabellionis inseratur, ut supra, de fide instru. l. contractus. (C. 4.21.17); sed in Italia anteponuntur anni Domini.»

7 Dalle particolari modalità della sua iscrizione nel Liber notariorum del comune di Bologna possiamo rilevare che nel 1219, anche se già gli era pubblicamente riconosciuto il titolo e il grado di maestro, Ranieri era notaio da meno di 10 anni, tale per l’ autorità e un privilegio di Ottone IV (1198-1218); cfr. Liber sive Matricula notariorum comunis Bononie (1219-1299), a cura di R. Ferrara e V. Valentini, «Fonti e strumenti per la storia del notariato italiano», III, Roma, 1980, pp. XII-XIV, 8. Stando alle indicazioni di cronologia che ricorrono, non senza eccezioni, nella tradizione manoscritta (gennaio 1214 – giugno 1216), le prime prove del maestro perugino sembrano anticipare di qualche anno la definitiva messa a punto e la presentazione del Liber formularius (ed. A. Gaudenzi, Rainerii BPerusini Ars notaria, in Bibliotheca Iuridica Medii Aevi, II, Bologna, 1892, pp. 25-67). Risulta infatti elaborata quantomeno anteriormente all’ anno 1213 una densa glossa sull’ indizione dove era illustrato il particolare computo che, noti il numero dell’ indizione e quello del ciclo indizionale in corso, determinava l’ anno corrispondente: si era allora nel 79° ciclo indizionale (1198-1212) e non era lontano l’ inizio dell’ 80° (1213-1227); vedi Appendice I c.

8 Summa secundum Io (hannem Bassianum) cum additionibus domini Accursii super libre Novellarum seu Autenticorum (in Azonis Summa super Codicem, cit., pp. 455-481), rub. De tabellionibus et protohocollis [ad Nov. 44]: «… Est autem tabellio publica persona que scribit contractus…, id est fidei cuius scripture creditur, et probationem facit sicut duo testes, ut C. de fi. instru. l. in exercendis. (C. 4.21.15), et ff. de fi. instru. l. in re. (D. 22.4.4), et ff. de pig. l. contrahitur. (D. 20-1-4). Et quia est publicum officium non potest esse servus homo, ut C. eodem, l. generali. li. x. (C. 10.71.3). Et dicitur tabellio, ut hic, quia forte in tabulis olim faciebant imbreviationes suas, vel de cera vel de aliis, ut ar. ff. commo. l. in commodato. § sicut. (D. 13.6.17.3). Item dicitur servus publicus, ut ff. de adopt. l. non aliter. (D. 1.17.18). Item dicitur tabularius et scriba et logographus, ut C. eodem. l. j. li. x. (C. 10.71.1). Idem dicitur scriniarius, ut C. de testa. mili. l. scriniarios. (C. 6.21.13). Idem dicitur exceptor, ut supra de defen. ci. § nulla., in fine (Nov. 15.2).» (p. 467); cfr. inoltre la Summa Trium Librorum di Piacentino, rub. De tabulariis, scribis, logographis et censualibus [ad C. 10.71 (69)]: «…Tabularii dicuntur qui faciendis publicis instrumentis publice presunt in singulis civitatibus, ut infra, eodem titulo, l. iij. (C. 10.71.3), et supra de exac. tribu. l. j. (C. 10.19.1); hi quoque nominantur librarii, tabelliones, cataliciani. Scribe dicuntur qui circa principem vel alios magnos iudices actis gestisques conficiendis deputati sunt; hi scriptores, notarii, libellenses, memoriales, pramaticarii, epistolares exceptoresque appellantur. Logographi nuncupantur qui publice tantum rationibus describendis deputatis sunt; hi quoque numerarii appellantur, ut C. de susceptoribus et arca. l. duos. (C. 10.72.13); indifferenter tamen his vocabulis utimur et alterum pro altero plerumque ponitur.» (p. 425.)

9 Azonis Summa Codicis [ad C. 4.21]: «Item debet mundum ex toto compleri a tabellione, nec aliter habet vires contractus, adeo ut antequam ista sint completa, quelibet pars recedere possit a contractu…» (p. 124A); ibid. [ad C. 4.21.14]: «Queritur si venditor ante mundum completum tradat, an transferat dominium. Quod aliquando dixit Bul (garus)…, sed postea bene mutavit consilium, quia sapientis est mutare suum consilium in melius.» (p. 125); la stessa narrazione ricorre anche in Accursio, gl. «emptoris» [ad C. 4.21.17(16)]: «…Item quid si tradat venditor ante mundum completum: an dominium transferatur? Bul (garus) aliquando dixit quod non, sed postea mutavit consilium dicendo quod sic…».

10 Vedi G. Cencetti, La «rogatio» nelle carte bolognesi, cit. pp. 265-269, e la documentazione dell’ Appendice V, alle pp. 315-326.

11 Formularium tabellionum, cit., Liber I. rub. XV-XVII; tema delle rubriche la «datio in solutum a pretore», procedura tradotta come intervento dei magistrati e degli ufficiali del comune: «Anno Domini millesimo CC., tali die, indictione tali. cum Titius XII. deberet Sempronio… nec ad earum solutionem veniret, et a rectore talis civitatis multotiens requisitus, nec solvit…, dictus rector, ex sua iurisdictione, sive auctoritate comunis Bononie, dictum creditorem per talem executorem in prefate rei possessionem… mitti iussit atque mandavit…» (rub. XV, p. 20); «Ego talis iudex, sive extimator, ex delegatione talis rectoris, cognita petitione facta a Titio de Panfilo, quem dicebat sibi… C. lib. ex tali causa debere…» (rub. XVI, p. 20).

12 Ibid., lib. I, rub. XXIX-XXXI, p. 21; «Si mulier, mortuo viro, non habet unde filios alat, oportet ut eis detur tutor vel curator ad venditionem faciendam, et faciat venditionem auctore pretore, iudiciaria cognitione, secundum nostram consuetudinem, et habita diligenti inquisitione secundum iuris ordinem, ita faciat instrumentum…» (rub. XXIX); «Cum Lucius filius quondam Martini turorem non habebat, mater eius Mevia, vel talis consangiuneus, veniens coram domino U. potestate, ipsi pupillo tutorem ab dari petiit. Qui potestas… diligenti inquisitione habita… iudiciaria cognitione talis iudicis communis, Gaium, sua et communis auctoritate, in tutela ipsius pupilli constituit ipsumque in tutorem dedit…» (rub. XXXI); inoltre, evidentemente fuori posto, lib. II. rub. XIX: «Aliene rei venditio fit pluribus modis… Cum fit a tutore et curatore auctore pretore, venditores non obligantur. Si fit sine presidis auctoritate, oportet ut eorum nomine vendant et se principaliter obligent, ut facerent in propria re…» (p. 28); lib. IV, rub. XIV: «Que omnia facta sunt presente domino G. potestate Bononie, vel tali iudice ordinario, et suam auctoritatem in hac emancipatione prestante et interponente» (p. 38).

13 Ibid., lib. III, rub. VIII.

14 Ibid., lib. IV, rub. XVII («exemplatio»), gl. a: «Vel sic incipe: “In nomine domini. Exemplar cuiusdam instrumenti sic incipientis”, et incipe autenticum, et scribe totum per ordinem; quo scripto adeas pretorem… et coram eum lege novum et cum autentico asculta, et perlecto potestas sive pretor in publicatione suam prestet auctoritatem; et post inascultationem in eo scribe: “Hoc instrumentum lectum fuit et ascultatum et publicatum coram domino U. potestate Bononie, qui suam et communis auctoritatem in publicatione prestitit”…» (p. 39); ed ancora, evidentemente fuori posto, lib. I, rub. XXI («refectio»; p. 19-20).

15 Cfr. la citada Summa super libro Novellarum di Giovanni Bassiano-Accursio, rub. De defensoribus civitatum [ad Nov. 15]: «…Item quod dictum est ut omnes de civitate conveniant, habuit locum quando pauci homines erant in civitatibus, sed cum hodie aucti sunt populi in eum modum ut difficile sit eos in unum convocare, statutum est per consuetudines terrarum ut per paucos fiat electio, scilicet per consiliarios; immo per octo Bononie fit electio, que consuetudo vincet legem… In voluntaria autem omnia exercet etiam prohibente preside… Hodie autem per imperatorem Federicum datur defensoribus civitatum Lombardie etiam merum imperium, et ab omnibus aliis est usurpatum. Item officium suum est ut in civitatibus alium suo loco non ponat… Item officium suum est ut habitationem publicam in civitatem habeat, ut ibi acta publica reponantur, qui locus dicitur archivius, et ibi quendam edillem, id est massarium vel camerarium constituere, qui custodiat ut cito a requirentibus inveniatur…» (p. 464); cfr. inoltre, densa di riporti azoniani, la glossa ordinaria alla Novella 15, e in particolare la glossa «modis», relativa alla proibizione di designare sostituti (Coll. III. tit. II. § I): «Hoc interdictum non observant quidem potestates Bononie, qui duas simul et plures recipiunt potestarias, vicario posito. Accur(sius)». L’equivalenza «pretor/civitatis rector», implicita in altri passi del formulario pseudo-irneriano, viene resa esplicita alla rub. VIII del lib. III (testamento nuncupativo): «Si vero post mortem ipsius testatoris heredes… illud testamentum publicare et in scripturam reducere cupiunt, vocatis testibus qui voluntatem testatoris audiendam interfuerunt, debent adire pretorem… pretor, id est civitatis rector, citatis… testibus qui interfuerunt defuncti voluntati…» (p. 35).

16 Una testimonianza dell’uso persistente di quel non recentissimo formulario ancora negli anni in cui si diffondeva il primo testo di Ranieri è certo l’inserimento, ad apertura di una copia del Liber formularius, di una glossa riferibile ad un testo diverso, evidentemente celebrato ed autorevole, facil mente riconoscibile per la sua architettura in cinque parti, come i sensi, nel formulario pseudoirneriano, attribuito in quel frammento ad un maestro di nome Giacomo: «[In cuiusque libri principio sunt ista diligentissime prenotanda, id est quo nomine liber nuncupetur, quare tali nomine, que sit mate[ira] libri, que intencio auctoris, que utilitas operis, cui parti philosophie supponatur et qui sit modus [trac]tandi. Liber iste per excellenciam formularius vel formularium nuncupatur; tali nomine ideo censetur quia for[me] contractuum atque instrumentorum in eo plene consistunt, vel quia informat et instruit nos efficaciter componere. Mater[ia] libri est de innumerabilibus contractuum diversitatibus utiliorum et specialiorum colleccio. Intencio auctoris est illo[rum] ele[ct]a et perspicaciora per ordinem compilare, ut instrumentorum edendorum formam omnimodam habeamus. Utilitas maxima est quia, perlecto libro, sciemus a contractibus il[li]citis nobis cavere licitosque face[re] ut expediet oportunos. Supo[nitur] ethice quia de moribus trac[tat]: ethis (!) enim grece, latine mo[s]. Modus tractandi est opus istum in quinque partes dividere: sicut enim in perfectione cuiusque hominis consistunt v., sic in hoc libro v. partes, sine quarum suffragio nullus (ms: nullius) poterit esse particeps art[is] huius; ut ergo vos pateat adit[us] et facilitas, singularum curetis ip[sa]rum sensui et apici studiosi[us] adherere, ut dogmatis se[mi]na non arene mandare (!) et pro t[an]ti laboris anhelatione hon[or] et quietis munus possitis (ms: positis) ut [cu]pitis promereri. Iacobus in suo formulario.» (St. Gallen, Wadianische Stadt-Bibliothek, ms. 339, c. 1 r).

17 Vedi Appendice I b, glossa b, e Apprendice II.b. In realtà, quando oramai erano di uso normale per i notai i registri delle rogazioni, si delineava un distacco radicale dalle tradizioni dell’ambiente e dalla pratica didattica: a partire infatti dalla seconda opera di Ranieri — l’Ars notarie tripartita (1226-1233), i maestri bolognesi delle generazioni successive — Salatiele, Rolandino, Zaccaria — nelle loro Summe svilupparono di norma i modelli direttamente nelle forme dell’«instrumentum», in terza persona, inteso che la «rogatio», memoria esauriente e schema essenziale di quello, ne differiva solo per la omissione delle parti più consolidate e ripetitive delle formule e delle clausole.

18 Vedi Appendice I a. Dal confronto con lo schema ordinato di Ranieri, non risulta particolarmente nitido l’analogo passaggio del Formularium tabellionum, riportato a nota 4: per numero e disposizione, secondo l’uso e la regola, le «publicationes» indicate corrisponderebbero a quelle della «rogatio»; vi veniva tuttavia compresa anche la sottoscrizione notarile, forse per la compiutezza dell’elenco, forse per ossequio ad una prassi abusiva e declinante, come sembrerebbe indicare la presenza in quel testo di altre rogazione sottoscritte dal notaio: «Cartam venditionis iure proprio fecit Gaius… Actum in tali loco etc. Testes Petrus et Martinus etc. Ego talis notarius etc.» (lib. I, rub. VII, ed. cit. p. 16); ed ancora, curios mente presentando prima l’«instrumentum» (lib. II, rub. XXII, pp. 28-29) e dopo la «rogatio», l’esempio per un caso particolare di vendita di terreni: «Rogatur supradictum instrumentum hoc modo: Titius vendidit iure proprio medietatem unius petie terre… et iure emphyteosis aliam medietatem predicte rei… Actum in tali loco. Testes. Ego talis tabellio interfui, et rogatus subscripsi.» (Lib. II, rub. XXII, p. 29).

19 Il Formularium tabellionum presenta le «publicationes» in questa forma e secondo questo ordine nella rogazione della compravendita: «Anno Domini MCCV, die iovis XII iulio intrante, indictione VIII, testibus Petro et Iohanne, etc. Cartam venditionis iure proprio fecit Titius Sempronio de petia una terre… Actum Prati (!), in domo tali, et cet.» (lib. I, rub. I, p. 12), e cosi nell’«instrumentum propietatis»: «Quod ita scribatur, signo crucis initio facto: “† In Nomine sancte et individue Trinitatis. Anno Domini MCCV”. Si regnaret imperator scribe consequenter “regnante domino R. Romanorum imperatore, die XII iulio intrante, indictione VIII. Ego quidem Martinus quondam Cassii, hoc venditionis intrumento, presenti die, iure proprio, vendo et trado tibi Sempronio… Actum in tali loco, sub tali porticu, vel in tali ecclesia, indictione predicta, prefato venditore scribere mandante… Interfuerunt Petrus, Paulus et Iohannes, et huius rei rogati sunt testes”. Hoc facto debet notarius signum suum facere, et demum nomen eius hoc modo: “Ego talis notarius his omnibus interfui, et ut supra legitur rogatus scripsi et subscripsi”.» (rub. II, pp. 14-15).

20 Vedi Appendice I a, glosse f, bb.

21 Rogerii Summa Codicis (in Bibliotheca Iuridica Medii Aevi, I, Bologna, 1914, pp. 47-233), De fide instrumentorum et de amissione eorum [ad C. 4.21]: «Instrumentum dicitur omne quod causam instruit, sed hic specialiter tractat de instrumentis scriptura comprehensis. Quorum instrumentorum fit talis divisio, quod aliud dicitur publicum, aliud privatum. Publicum aliud forma et utilitate, ut instrumentum quod per tabellionem conficitur de re publica, ut puta monumenta publica; aliud utilitate publicim, forma privatum, ut puta si quis privatus confiteatur in scripturis se debere censum publicum; aliud utilitate privatum et forma publicum, ut instrumentum quod de re privatorum per tabellionem conficitur…» (p. 111).

22 C. 8.53.30: «In hac sacratissima urbe conscriptae donationes ubicumque positarum rerum magistrum census insinuentur. In aliis vero civitatibus, sive absens sive praesens rector provinciae sit, sive eadem civitas habeat magistratus sive non habent et defensor tantummodo sit, donator habeat liberam facultatem donationes… sive apud moderatorem cuiuslibet provinciae, sive apud magistratus sive apud defensorem cuiuscumque civitatis, prout maluerit, publicare: atque ut ipsa donatio sita est in voluntate donantis, ita ei liceat donationem suam apud quemcumque ex memoratis voluerit intimare. Et hac donationes, quae in diversis provinciis et civitatibus apud quemlibet ex praedictis fuerint publicatae, obtineant inconcussam ac perpetuam firmitatem.» [a. 458]; C. 8.53.31: «In donationibus, quae actis insinuantur, non esse necessarium iudicamus vicinos vel alios testes adhibere: nam superfluum est privatum testimonium cum publica monumenta sufficiant. Verum et alias donationes, quas gestis non est necessarium adlegari, si forte per tabellionem vel alium scribantur, et sine testium subnotatione valere praecipimus, ita tamen si ipse donator… secundum solitam observationem subscripserit…» [a. 478].

23 Auth. Coll. V. tit. III [Nov. 47.1]: «Unde sancimus eos, quicumque gestis ministrant, sive in iudiciis sive ubicumque conficiuntur acta, et tabelliones, qui omnino qualibet forma documenta conscribunt in hac magna civitate, sive in aliis gentibus omnibus quibus nos praesidere dedit Deus, hoc modo inicpere in documentis… Tua igitur eminentia, que placuerunt nobis et per hanc sacram declarata sunt legem, et in hac maxima civitate et in provinciis universis quibus praeest, manifeste constituat, ut nullus praesumat aliter numerare tempus aut aliud agere, sed ita sicut dudum decrevimus.»

24 Ranieri dedica all’argomento una breve ma lucida sequenza di rubriche raccolte al titolo De officio notarie: «Huius officii privilegium aliquando a domino papa, vel imperatore, vel spectabilibus regie curie viris, seu comitibus palatinis aut alias a principe iurisdictionem habentibus, aliquando a rectoribus civitatum postulantibus erogatur»; seguono gli esempi dei privilegi e delle formule di investitura dei notai ad opera delle diverse autorità considerate (Liber formularius, Pars secunda, rub. XXXVIIII-XLIV; ed. cit. pp. 65-66).

25 Formularium tabellionum, cit., lib. I, rub. XXXII: «Inventarium fit pluribus de causis… Et fit hoc modo quandoque per unum tabularium, quandoque per plures, sed lex dicit quod debet fieri in presentia publicarum personarum, id est publicum notarium» (p. 22).

26 Ibid., lib. III, rub. VIII (testamento nuncupativo): «Si vero post mortem ipsius testatoris heredes… illud testamentum publicare et in scripturam reducere cupiunt, vocatis testibus qui voluntatem testatoris audiendam interfuerunt, debent adire pretorem…; pretor, id est civitatis rector, citatis… testibus qui interfuerunt defuncti voluntati… Omnibus in scriptis redactis, et perlectis publice, coram potestate et testigus, sicut supra diximus, scribat tabellio nomina testium qui interfuerunt publicationi et locum in quo publicatur hoc modo: “Actum in tali loco, anno Domini MCCIII, die mercurii sexto intrante octobri, indictione VII. Pamphylus, et Turriunus, et Dionisius, et Rigus, et Ionas, et Marcus huic publicationi interfuerunt, et huius rei rogati sunt testes. Ego talis notarius, hos testes mandato G. potestatis Bononie recepi et eorum dicta in publica scriptura redegi, et coram eo et dictis testibus legi, publicavi et complevi”. Vel sic: “Anno Domini MCC, die tali, indictione tali. Hii sunt testes introducti ad publicandum testamentum Titii…”. Mandato potestatis omnibus in scriptis redactis, legantur coram potestate et publicentur, et in publicatione, VII. testibus presentibus, suam potestas prestet auctoritatem, et sic continuetur scriptura. Hoc facto dic: “In palatio communis Bononie, in presentia talium testium, talis potestas mandavit hos testes legi et publicari, et in publicatione suam et communis Bononie auctoritatem, iudiciaria cognitione talis iudicis, interposuit”. Demum subscribat tabellio…» (p. 35).

27 Vedi Appendice I b, glossa b; cfr. inoltre, per il medesimo statuto, la relazione di G. Tamba negli Atti di questo convegno.

28 Per un panorama articolato sul notariato bolognese nei secoli XII e XIII rimando ai temi e ai testi delle relazioni pubblicate in. Notariato Medievale bolognese, II, Atti di un convegno (febbrario 1976), «Studi storici sul notariato» III, Roma, 1977.

29 Liber formularius, Pars prima, rub. LXIV-LXXXVI (cfr. nota 11); Pars secunda, rub. XXXIIII-XXXVI, XXXVIII (ed. cit. pp. 45-47, 64).

30 Ars notaria, ed. L. Wahrmund (in «Quellen zur Geschichte des römische-kanonischen Prozesses im Mittelalter», III/2, 1917, pp. 73-176). Particolarmente interessante, a conclusione del «De iudiciis», l’impegno assunto da Ranieri di trattare le scritture degli «officia» comunali in una operetta specifica: «Et hec de maleficiis, et aliis que fiunt ad discum potestatis et ab aliis officialibus communis, dicta sufficiant ad presens. Nam quia plures et diversi sunt officiales, et ordinarii et extraordinarii, in curia Bononiensi, longum esset de ipsorum officiis ad plenum tractare. Et quoniam alibi forte locum non haberent, aliud opusculum de his per ordinem, cum tempus se prebuerit, duxi ad notitiam meorum sociorum, qui tota die in ipsa curia diversis officiis preponuntur secundum eorum brevia, studiosius promulgare…» (ibid., pp. 175-176). Anche la terza parte della Summa di Rolandino (Capitulum IX. De iudiciis, ed. cit. pp. 273 r-396 v) sviluppa un sistema di insegnamenti che riflettono la procedura fissata nella prassi giudiziaria bolognese e negli statuti del comune.

31 Salatiele, il più moderno dei maestri della scuola di notariato — troppo, nella critica di Rolandino — non dimostra uno specifiale interesse per la materia, più affine alla pratica che alla speculazione scientifica, si era sostanzialente attenuto all’insegnamento di Ranieri, negando tuttavia che quel termine di uso comune e pratico avesse rapporto con l’aulico lessico della legge romana: «Posita invocatione Domini ponit sollempnitates instrumenti que vulgo publicationes appellantur, et ideo videndum est quid sit publicatio et quod poni debeant in quolibet instrumento et qualiter variantur: publicatio est id quod per publicam personam ponitur in principio instrumenti vel in fine, tempus locum nomina testium et subscriptionem notarii manifestans; ponuntur autem. vii. publicationes in instrumentis, scilicet anni Domini, indictio currens, dies et mensis, nomen imperatoris vel pape vel utriusque, locus, testes presentes et nomen tabellionis negotium scribentis; et hec ponuntur quandoque in principio et in fine…, quandoque in principio tantum nomine tabellionis excepto, quod semper in fine negotii poni debet, quandoque in fine tatum et maxime in privilegiis licteris sententiis atque laudis» (Salatiele, Ars notarie, ed. G. Orlandelli in Opere dei Maestri II, Istituto per la storia dell’Università di Bologna, Milano, 1961, vol. II, pp. 213-214, glossa «anno»).

32 Cfr. la citata Summa Novellarum, rub. De fide instrumentorum et cautela [Nov. 73]: «Videamus ergo de cautela instrumenti que adhibetur in faciendo, et de fide per consequens que habetur in instrumento caude facto, et primo cum qua cautela habeat fieri instrumentum… Et ad hoc ut instrumentum cum cautela fiat, xiij. sunt necessaria, immo videtur quod xv. sunt necessaria, si bene computentur que infra dicuntur, quorum quedam naturaliter, alias comuniter, alias simul, alias utrumque, et significationem respiciunt et scripturam, hoc est ordinem, alias significationem tantum. Utrumque simul respicit annus Domini incarnationis. Et idem dicas de nomine principis, de anno imperii et de nomine consulis, et de die mensis vel de indictione; nam hec omnia debent poni in principio… Secundo crux debet apponi, et in principi inventarii… et idem potest dici in quolibet instrumento quod non fit ad memoriam tantum… Tertio quia testes debent esse scripti vel a se ipsis vel a tabellione, et in fine scripti… et tot quot illi contractui sunt necessarii… Quarto quod a tabellione debet esse scriptum et in fine instrumenti subscriptum quod ipse fecerit et interfuerit, vel ipse partes… Quo ad substantiam non curo; quo ad ordinem debet esse ibi multiplex cautela. Primo locus ubi fit… Secundo quod si est de confessione aliqua debet ibi subesse causa, alias dicitur cautio indiscreta… Tertio quod idem qui scribit vere et legaliter scribat, alias etiam et instrumento fides non habebitur…, et ipse de falso accusabitur, criminaliter… et civiliter… Quarto quod sibi non repugnet… Quinto reprobatur si probat tale quid quo probato instrumentum stare non possit… Sexto reprobatur quia non sit autenticum sed exemplum… Septimo ne contradicat alii scripture eodem die facte… Octavo est necesse quod sit tabellio qui scripsit, vel subscripserit saltem, et contractum audivit…; si enim a privato, non creditur ei… nisi tribus testibus probetur… Sed quid si proferatur carta publica, et in forma publica, et de alia terra, unde non cognoscitur qui scripserit? Respondeo ei esse standum, si appareat in publica forma esse facta, non viciata in aliqua parte sui…; nec obstat quasi quilibet possit hec conficere, quia multis modis falsitas sui reconvincetur… Nono quod nil ad sui utilitatem scribat ibi tabellio, alias falsi tenetur… Decimo quod si proferatur ex archivio publico debet illius esse nomen qui ad eam signandam preponitur… Undecimo quia non debet simulate scribi et aliud agi…» (pp. 471-472). Cfr., per le evidenti influenze sulla interpretazione data da Ranieri nell’Ars notarie, il testo alla Appendice II a.

33 Vedi Appendice II b, rub. [De publicationibus in protocollis ponendis].

34 Nelle due redazioni dell’Ars notarie di Salatiele, l’intero proemio trattava della identità, delle funzioni e dei doveri del notaio (ed. cit., vol. I, pp. 8-20; vol. II, pp. 7-18); mi limito ad isolare le definizioni elaborate da questo maestro, «ars notaria est scientia qua omnia que ab hominibus fiunt ad fidem et memoriam rei geste servanda scribere mandando voluntate legittima reducuntur in scriptis» (ed. cit., vol. II, p. 3, glossa «artis notarie»), «Est autem notarius seu tabellio quedam persona publicum officium gerens ad cuius fidem hodie publice decurritur ut scribat et ad perhemnem memoriam in publicam formam reducat ea que ah hominibus fiunt.» (ibid., vol. I, p. 8, II p. 7), accostandovi quelle di Rolandino: «Notaria est negocia hominum publice et auctentice notare, quia non omnis scriptura notarii publica et auctentica est, sed illa solummodo quae in publicam et auctenticam redigitur formam… Et est notarius persona privilegiata ad negotia hominum publice et auctentice conscribenda…» (Tractatus notularum, cit., pp. 406 r-v).

35 «Sunt autem hae publicationes regulariter sex, scilicet anni Domini, indictio, dies, locus, testes et nomen tabelliones, licet septima publicatio in quibusdam locis et terris addi consueverit, scilicet nomen pape vel imperatoris eo tempore regnantis quo fuit conditum instrumentum; sed hac septima omissa de predictis sex per ordinem est videndum.» (ibid. p. 470 v; vedi nota 1).

[p. 1072] Appendici

In queste Appendici vengono presentati testi inediti tratti dagli apparati che corredano alcuni manoscritti delle opere di Ranieri da Perugia: il Liber formularius (1214-1216), pubblicato da A. Gaudenzi, con il titolo Ars notariae, in Bibliotheca Iuridica Medii Aevi, II, Bologna, 1892, pp. 25-67, e l’Ars notaria (1226-1233), pubblicata da L. Wahrmund (in «Quellen zur Geschichte des römische-kanonischen Prozesses im Mittelalter», III/2, 1917).

Per il Liber formularius sono stati utilizzati 3 codici, nessuno dei quali riporta un apparato organico e compiuto; la senzazione è anzi quella di trovarsi davanti alle significative testimonianze di un processo di elaborazione continuo che, se lascia praticamente indenne da modifiche di rilievo il formulario, interessa invece la glossa, restia quindi a fissarsi in un apparato definitivo, mentre l’autore già veniva elaborando, tra il secondo ed il terzo decennio del secolo, le strutture e i contenuti della nuova «summa».

[1] Parigi, Bibl. Nat., n.a.l. 611, cc. 45, sec. XIII (II/III decennio; nel foglio di guardia la copia di un atto giudiziario datato Trieste, 1221-1222).

Sembrerebbe questo il codice già utilizzato da Gaudenzi, che nella sua edizione lo segnalava con la sigla T («Cod. man. nobilissimi et clarissimi viri Emanuelis Bollati baronis de Sancto Petro, Targesti, ut videtur, conscriptus»; p. 26).

L’apparato si limita a glossare con una certa regolarità le rubriche del proemio (De inquisitionibus a tabellionibus faciendis, De inquirendis condicionibus mandantium instrumenta vel quid aliud scribi, De beneficiis renuntiandis, De etate minorum intuenda, De rerum varietatibus, De Contractuum diversitatibus, De numero testium contractibus adhibendo; ed. Gaudenzi, rub. II-VIII, pp. 27-31); a volte si tratta di semplice glossa esplicativa, interlinere.

Alla conclusione del lavoro di trascrizione, dopo l’«explicit» del testo — dunque completamente fuori luogo, non a caso —, il copista aveva aggiunto anche il testo di una lunga glossa sull’indizione, anteriore alla pubblicazione del formulario: il trattato presentava infatti una insolita operazione che permetteva di calcolare l’anno di Cristo conoscendo il numero dell’indizione corrente e il numero del ciclo indizionale; volgeva allora quasi al termine il 79° ciclo, corrispondente al periodo 1198-1212 (vedi Appendice I. c.).

[p. 1073] [2] Siena, Biblioteca Comunale, H.V. 29, cc. 82 (II-III decennio sec. XIII).

Abbondantemente glossato, in particolare per le prime 16 carte; nella scrittura dell’apparato si distinguono principalmente 2 mani: la prima più vicina alla scrittura del testo, la seconda che aggiunge nuove parti del commento, alcune databili agli anni 1220-1222; in particolare una serie di indicazioni relative ai registri tenuti dai notai al servizio del comune (c. 39 r), che anticipano temi trattati con maggiore organicità in una rubrica dell’Ars notarie, di poco successiva (Wahrmund, rub. CCXCIX, Sententie iudicum ad causes novas et ad causas veteres, estimatorum, procuratorum et aliorum officialium, pp. 156-158).

[3] San Gallo, Vadianische Stadt-Biblothek 339, cc. 96 (con numerazione moderna per pagine), sec. XIII (III-IV decennio, verosimilmente a Ravenna). Nel testo figura una rubrica che non compare nell’edizione di Gaudenzi: «Libellum cuiusdam servitudinis. Vobis domino Ugolino Bononie potestati, conqueror ego Iacobus de Ordelaffo, qui iniuste vult uti servituti vie per quendam meum terenum…» (a c. 46 r del ms., inserita tra le rubriche LXXXII e LXXXIII della «pars prima», ed. cit., p. 47).

Nei margini del manoscritto una unica mano, di sicura impronta professionale, aveva trascritto sparsi frammenti di un apparato composito, che comprendeva:

  • materiali elaborati da Ranieri, come sicuramente la glossa sull’indizione che figura anche nel manoscritto già ricordato [1];
  • alcune glosse attribuite esplicitamente ad altri maestri: una di «Iacobus», autore di un formulario riconoscibile nello pseudoirneriano Formularium tabellionum (vedi sopra, nota 16), e due di «Nicholaus», relative alla «falcidia».
  • 3 modelli esemplari, uno dei quali datato all’anno 1227, relativi ai casi speciali di documentazione che prevedeva l’intervento del comune cittadino e dei suoi magistrati, nel caso specifico il podestà («Ragnus de Corigia») e un giudice del comune di Ravenna («Iohannes de Rosa»).

Sono presenti inoltre alcuni interventi di mani diverese, sempre pertinenti al testo ma di esecuzione non accurata.

Dei manoscritti dell’Ars notarie, per i temi trattati in questa sede, è stato considerato solo il codice della Biblioteca Nazionale di Parigi, n.a.l. 1077 (cc. 63, sec. XIII; nel foglio di guardi due rogazioni datate 1241 e 1246), che dell’ opera conserva unicamente l’ampio proemio dottrinale e la «pars prima», relativa ai contratti e patti. Ampio ed organico invece l’apparato che, mescolando esposizioni in forma di trattato e serie di glosse al testo, esaurisce completamente gli spazi liberi nei margini.

[p. 1074] Da questo codice si riporta l’esordio dell’apparato alla prima parte, dove la materia delle «publicationes» venia trattata in termini di precettistica generale Altre glosse, non considerate in questa sede, si occupavano invece delle indicazioni pratiche sull’argomento (i computi, le regole e le eccezioni del calendario ecc.), esponendole in riferimento alle «pubblicationes» che corredavano il primo modello dell’opera (Wahrmund, p. 26: Carta emptionis et venditionis cum securitatibus ei competentibus; primum capitulum pactorum. Rubrica. «In nomine Domini amen. Anno eiusdem millesimo ducentesimo XXVI, indictione quartadecima, die martis septimo mensis iulii, imperante domino Frederico secundo Romanorum imperatore…»). Nelle glosse di questo apparato la data risulta invece aggiornata all’anno 1236, indizione 9.

[p. 1075] Appendice I
Rainerii Peruxini: Liber Formularius

(a)

[Siena, Biblioteca Comunale, H.V. 29, cc. 11 r – 13 r; ed. Gaudenzi, p. 31]

Prohemium. De numero testium contractibus adhibendis. Rubrica.

His omnibus premissisa non est obmittendum quod tam protocollisb, que vulgo rogationes dicunturc, quam instrumentis eorumd inditioe faciendis debent et publicationesf et certa capitulag scribi. In cuiuslibet itaque rogationis principio quinque publicationes, scilicet annos Domini, diem quo fit contractus, indictionem, testes et locum ubi fit contractus, scribere per ordinem consuevih; instrumentis due publicationes, scilicet nomen imperatoris et tabellionis, adduntur, unde fiunt vij.i, quej quidem aliter instrumentisk ordinantur quam dictum sit in protocollis.

Nam ex iis 4 l quatuor prepono perpetuis et substantialibusm instrumentis, scilicet signum crucisn cum annis Domini, nomen imperatoris, diem et indictionemo, et scripto dicto instrumentorump tenore subscriboq tresr residuass, scilicet locum, testes et signum cum meo proprio nominet

Sin autem instrumenta sint publicau omnes subscribov: multow enim ante scribuntur quam publicenturx; sed sententiis diffinitivis et laudis signum crucis prepono.

In aliis vero instrumentisy omnibus, scribo sine aliquo signo crucis vel meo a capite simpliciter annos, imperatorem si regnet, diem 6, indictionem, testes, locum, et in fine signum cum nominez.

Capitula vero

***
[p. 1078] (b)

[Siena, H.V. 29, c. 14 r-16 r; Gaudenzi, p. 31-34]

EXPLICIT PROLOGUS. INCIPIT HUIUS OPERIS PRIMA PARS.

Si unus vendat alii dominium sive proprietas alicuius rei vel rerum sic fiata' rogatiob' cum singulis securitatibusc'.

MCCXIIII., die xij. intrante ianuario, indictione ij., presentibus Petro Faseolo12, Iohanino de Merlinis et Alberto de Pollicino, in Porta Nova, sub porticu Tectacapre…

Instrumentum dicte rogationis cum securitatibus occurrentibus.

In nomine sancte et individue Trinitatis. Anno Domini MCC.xiiij., die die xij. mensis ianuarii intrantis, regnante domino Octone Romanorum imperatore, indictioned' ij.e'.

***

Actum in civitate Bononie, sub porticu Tectacapre, et interfuerunt huic vendictioni Petrus, Martinus Iohannes Bonamici et Albertus de Panico.

Ego Raymundus (!) auctoritate imperiali notarius huic venditioni interfui, et ut supra legitur rogatus scripsi, subscripsi.

***
[p. 1082] (c)

[ms 1: Parigi, Bibl. Nat., n.a.l. 611, c. 38 v; ms 3: St. Gallen, Vadianische Stadt-Bibliotheck 339, cc. 20 v-21 r]

Ad habendam indictionis noticiam27, sciendum28 est quid29 sit indictio, unde dicatur, a30 quo fuerit inventa, quare et qualiter et quanto31 tempore duret, qualiter inveniatur indictio, qualiter anni Domini si cont(n)gerit eos amitti32, ac quare in33 instrumentis et privilegiis apponatur indictio.

Indictio est dictum vel preceptum descriptionis et subiugationis34. Dicitur indictio ab indico, cis, quod est precipio, pis, et est35 proprie sacerdotum, unde habetur «sacerdos indixit festa», id est precepit ea custodiri. Edicere verum imperatorum et regum ac magnatum est36, unde versus «Edicunt reges, indicit festa sacerdos». Obici tamen posset: quare dicitur indictio et non edictum, cum sit edicere regum? Respondeo: quia hec prepositio «in» excellenciam hic denotat37, ut indictio, id est valde magnum et irrefragabile38 dictum vel preceptum.

Inventa vero39 fuit a Cirino rege, qui ab ultramarinis partibus direxit40 eam Iulio Cesari Augusto, ut habetur in Evangelio: «Hec descriptio41 primo facta est a preside Sirie cirino». Inventa sane ideo fuit ut totum sibi42 orbem subiugaret Iulius43 Cesar, unde: «Exiit44 edictum a Cesare Augusto ut describeretur universus orbis».

[p. 1083] Modus inventionis45 est quod46 sicut in ciclo xv. annorum tria lustra continentur, id est ter quinque anni, sic quelibet regio et provincia tria daret47 in xv. annis tributa, ita quod in primo48 lustro ferrum ad arma conficienda, in secundo argentum propter stipendia49 militum, in tercio quippe aurum daret in signum dominationis50. Durat enim indictio xv. annis, ut sicut expletis tribus lustris, et datis tribus maneriebus tributorum, redibat Iulius Cesar ad primum lustrum et ad colligendum genus primum tributorum, ferrum scilicet51, sic expletis tribus lustris, que capiunt xv. annos, et expleta52 xv. indictione, non ultra procedere debemus sed redire ad primam semper indictionem.

Reperitur indictio sic: sume annos Domini currentes, et eisdem addas tres, et dividas per xv., et abiectis xv. quotiens poteris53, quod remanet erit indictio. Si vero nichil remanserit erit54 xv., et tunc expleta ea55 redeas ad primam56. Unde versus: «Si tribus adiunctis Domini diviseris annos per ter quinque solet indictio certa notari». Annis Cristi57 tres superadduntur eo quod ante Cristi nativitatem tres precesserant anni de ciclo indictionis58.

Annos Domini taliter possumus si amittentur invenire59: cape ciclos60 indictionum, qui sunt lxxviiij. et illis adde xij.61 et indictionis ciclum in quo sumus, et collige in unum; quot anni isti erunt62 de indictionibus, tot erunt anni a nativitate Domini. Et statim, ex quo ciclus est expletus, debemus illum adiungere illis lxxviiij.

In instrumentis et privilegiis maxime ideo ponitur indictio quoniam anni Domini per ipsam colliguntur indictionem, et e converso. Et hec de indictione dicta sufficiant63.

[p. 1084] Appendice II
Rainerii Perusini: Ars notarie

(a)

[Parigi, Bibl. Nat. n.a.l. 1077, cc. 51 v-9 r]

VIII. Generalia pactorum et instrumentorum. [ed. Wahrmund, Prohemium, p. 23].

***

In instrumentisa'' autem sive cartisb'' studiosius debent poni anni Domini, indictio, dies mensis, nomen imperatoris cum anno imperiic'', vel consul sive potestas illius annid'', ne possint dici adulterinae''; item locus ubi contractus vel negotium celebraturf'', cum varietas locorum et temporum reprobet testimonium, ut fecit in Susanna et Danieleg''; item testesh'', et secundum numerum legibus diffinitumi'', alias sufficiunt duoj'', cum pluralisk'' elocutio duorum numero sit contenta67, ut infra, proximo titulo [Prohemium, IX. De testibus; Wahrmund, p. 24-26]: nam general'' probationum instrumentorum et testium similia suntm'' in quibusdamn'', tamen magis creditur vive vocio'' quam mortuep''. Item poni debet in instrumentis nomen tabellionisq''.

Circa tenorem sane contractuum sive negotiorum, si fiant de aliqua obligatione, sciendum est omia presumi solempniter acta instrumenta inde confecta. Set si contrarium probetur, vel rem aliter esse gestam quam in instrumento contineatur, vel si tale quid probetur quo probato quod in instrumento contineatur stare non possit, vel duo contineant in se repugnantia, vel si sit exemplum, cui fides non [h]adibetur nisi autenticum ostendatur, vel si prime scripture per aliam scripturam vel per contradictionem derogetur, vel si sit factum instrumentum ab alio quam a tabelione, cum private scripture non sit habenda fides, pro nullis habentur talia instrumenta.

***
[p. 1086] (b)

[Parigi, Bibl. Nat., n.a.l. 611, cc. 60. v-61 r]

[Incipit apparatus cartarum]

Dictum est supra de decuplo iure in pacto quolibet scribendo; nunc de factis ipsius, hoc est qualiter carta fieri debeatur de quolibet pacto, breviter est videndum.

Quod duo in qualibet scriptura tabellionis debeant generaliter poni. Rubrica.

In qualibet itaque scriptura cui debeat credi duo precipue debent scribi, videlicet publicationes et negotii scribendi tenor, de quibus duobus studiosius est videndum, et primo de publicationibus.

Publicatio quidem appellatur hic annorum Domini et aliorum neccessariorum positorum71 scripture roboratio, sic dicta vel quia publicam et autenticam atque firmam et fidedignam reddunt scripturam in qua sunt, ita quod creditur ei sicut dicto alicuius veri testis, cum genera probationum istrumentorum72 et testium similia sint, vel quoniam a publica persona, id est tabellione qui puplicus (!) servus et publica persona dicitur, in scripturis apponi debent: ab alio enim scripte nullius sunt momenti, cum private scripture non sit habenda73 fides, ut supra, titulo generalia74 pactorum [Prohemium, rub. VIII; Wahrmund, p. 22-24].

Hec vero puplicationes (!) in scripturis a tabellionibus apponende sunt vij., scilicet anni Domini currentes tunc quando negotium quod scribitur fit, indictio eis concordans, dies mensis, nomen pape vel imperatoris vel rectoris terre, locus ubi negotium fit, testes presentes et nomen tabellionis ipsum negotium conscribentis.

[De publicationibus in protocollis ponendis.]

Dicte siquidem puplicationes (!) aliter in protocollis et aliter instrumentis scribuntur. Est autem protocolum brevis negotii scriptura ab ipso tabellione (facta) semper causa memorie retinende75, sic dictum vel quia scribebatur olim ut dicitur in collis cartarum, vel quasi prima collatio, id est congregatio et factio scripture negotii, a prothos, primum, et collatio.

In his autem protocollis, que vulgo dicuntur rogationes quia sine rogatione tabelliones nullum negotium scribunt, vel dicuntur imbreviature quia breviter [p. 1087] comprehendit tabularius in ipsis quod alias nequit76 memorie retinere, ut inferius in ipsis rogationibus patebit, apponi consueverunt dicte publicationes hoc modo, quia in prima rogatione anni eiusque, facto signo tabellionis, sic scribi debebit: In nomine Domini, amen. Iste, vel hec sunt rogationes facte, vel Iste est liber vel guaternus rogationum factarum a me tali notario de negotiis michi apparentibus (!) scribendis, anno Domini millesimo ducentessimo trigessimo sexsto, vel tali, temporibus domini Gregorii pape noni et Frederigi secundi Romanorum imperatoris et domini Compagnonis Pultronum de Mantua, vel talis potestatis Bononie. Et post hunc titulum in ipsa prima rogatione, quam in aliis singulis ipsius anni, scribes sic: Die tali intrante vel exeunte tali mense, vel eodem die vel die eodem quando alia vel alie rogationes iam facte sunt illo die, Bononie, in tali loco, presentibus tali et tali testibus rogatis. Potest etiam scribi dies tantum in principio rogationis, et locus et testes in fine ipsius.

Et est notandum quod quidam ponunt et signum et publicationes in qualibet rogatione et77 alia omnia ut in ipsis cartis; alii ponunt signum et a principio et a fine cuiusque medie carte scripte. Vero completo uno quaterno rogationum, facto signo vel non facto, debebit fieri sic continuatio: Item de eodem rogationibus factis eodem anno Domini tali et indictione tali, et ita de singulis quaternis factis eodem anno. Plures vero tabelliones scribunt de foris, in margine carte, Rogatio talis de tali re, vel facto, facta a tali. Et facta carta de rogatione, quidam cancellant rogationes semper et alii faciunt de foris unam. f., quod representat «facta est carta istius rogationis»; alii quoque, maxime qui cum aliis dividunt lucrum, scribunt similiter de foris in qualibet rogatione quod recipiunt hoc modo: «sol. vj», vel «tot den».

In libris autem officiorum ponuntur puplicationes hoc modo: In nomine Domini, amen. Liber accusationum et denuntiationum factarum sub dominis talis et tali, primis vel ultimis sex mensibus regiminis domini talis potestatis Bononie, vel factarum ad discum potestatis vel ad discum domini talis iudicis domini talis potestatis Bononie, vel Liber causarum ventilatarum sub domino tali iudice vel sub examine domini talis iudicis comunis Bononie, vel Liber contractuum vel preceptorum vel cridationum factorum vel factarum sub domino tali, vel Liber tenutarum datarum a dominis tali et tali executoribus sententiarum comunis Bononie, vel Liber introitum vel expensarum talis massarii, et sic de aliis, primis vel ultimis, vel primorum vel ultimorum sex mensium regiminis talis potestatis, anno Domini tali et indictione tali. Postea ponitur sulummodo dies, testes et locus, sed in citationibus et confessionibus, que fiunt in causis et in testibus recipiendis, ponitur tantum dies. Et hoc de publicationibus ponendis in protocollis.

[p. 1088] [De publicationibus in instrumentis ponendis]

Instrumentum est hic series quedam licterarum super aliqua re voluntate mandantium confecta, vel instrumentum est scriptura negotii legittime publicata.

In his quidem instrumentis, que vulgo dicuntur carte tabellionum, ponuntur dicte vij. publicationes aliter quam in protocollis: nam instrumentis substantialibus et78 semper profuturis illis qui habent ea, facto signo poni consuevit invocatio Domini; si sit temporale, quia fit de aliquo dando vel faciendo ad79 terminum aliquem constitutum, tunc sine invocatione Domini, posito signo, scribuntur simpliciter anni Domini et alie dicte publicationes, ut in hac carta prima em(p)tionis et venditionis [Pars prima, rub. X; Wahrmund, p. 26].

Sed est notandum quod ego pono de dictis vij puplicationibus (!) sex a principio carte et nomen mei tabellionis in fine, ut in (h)ac carta; alii vero ponunt iiij. de ipsis a capite, scilicet annos Domini, indictionem, diem et nomen imperatoris vel domini pape, et residuas tres, scilicet locum, testes et nomen tabellionis in fine, vel cum signo vel sine signo; quidam tamen ponunt signum suum tantum a capite carte, ut hic; quidam et a capite et a pede, vel idem vel etiam diversa, pro voluntate scribentis.

Item sciendum est quod dicte vij. publicationes ponuntur in scripturis vel tantum a fine, ut in privilegiis et litteris, sententiis et laudis, ut infra, in ipsis cartis [Pars prima, rub. XLIX; Wahrmund, pp. 53-54], vel a principio et a pede, ut in inventariis, ut infra, carta inventarii [ibid., rub. XXXVII; Wahrmund, p. 44], et in exemplationibus et in puplicationibus scripturarum, ut infra, de instrumentis exemplandis et de refectionibus80 scripturarum [ibid., rub. LXVII-LXVIII; Wahrmund, pp. 65-73].

Preterea non est ignorandum quod scripture publicantur iiij. modis: primo appositione dictarum publicationum81, ut dictum est; secundo bulle vel sigilli alicuius impressione vel apensione; tertio contrahentium et testium subscriptione; et quarto dictarum publicationum appositione e sigillorum aditione vel subscriptione simul, ut infra, de instrumentis exemplandis et de scripturis amissis reficiendis [rub. LXVIII; Wahrmund, pp. 68-72], in fine. Et hoc de publicationibus scripturarum; sequitur itaque de negotii tenore.

[p. 1089] [De negotii tenore]

In quolibet negotio quod tibi proponetur scribendum, apertissime ordinando et rationabilius faciendo, iiij. per ordinem previdebis. Primum si negotium quod scribere tu rogaris sit pactum vel iudicium vel ultima voluntas, ut supra, in prohemio huius libri, quoniam si sit pactum videbis de pactis quod sit, ut supra, titulo de contractibus et pactis, in xxxj. capitulis que sunt ibi et infra, carta cuiusque pacti [Pars prima, rub. X-LXVIII; Wahrmund, pp. 26-73]; si sit iudicium aut tendens, quod sit de his que in iuditio vel civili vel criminali fiunt, id quod scribere debebis, ut infra, de iudiciis, in capitulis ipsorum [Pars secunda, rub. LXIX-CCCIV; Wahrmund, pp. 73-176]; si sit ultima voluntas considerabis que, ut in capitulis ultimarum voluntatum et in ipsis voluntatibus ultimis [Pars tertia, rub. CCCV-CCCXV; Wahrmund, pp. 176-194].

Secundum si sit verba tantum que dicantur scribenda vel factum tantum quod fiat, vel verba82 et facta simul, quia si verba tantum dicantur audeas que verba sunt, utrum promissio, quia tunc dices Talis promisit tali stipulanti dare et facere tale quid, ut in carta mutui et carta precii et carta coccorum [Pars prima, rub. LII-LIV; Wahrmund, pp. 55-57] et in omnibus aliis ubi83 (fit) promissio aliqua, an interrogatio vel positio et responsio vel confessio quecumque: tunc enim dices Interrogatus talis de tali facto, vel Deponens talis tale quid, vel dicit vel credit vel protestatur, respondit vel dixit sic et sic, vel quod credit vel quod negat, vel Confitetur vel Confessus fuit talis tale quid, ut infra, carta nuptiarum [Pars prima, rub. XLI, Wahrmund pp. 46-48] et de iudiciis [Pars secunda, rub. CCLXXXIX, CCXCI; Wahrmund, pp. 146-151], et ubicumque fit interrogatio vel positio vel responsio vel confessio aliqua; vel testamentum sive codicillum, quia dices Talis, sine scriptis, per nuncupationem fecit suum hoc testamentum, in quo dimisit vel instituit sibi heredem, vel Talis84 hos composuit vel ordinavit vel fecit suos codicillos, in quibus sic dixit, ut infra, de testamentis et de codicillis; vel si fiat consilium, quia dices Congregato consilio generali vel de credentia et generali ad sonum talis campane, vel utriusque campane comunis vel tali Sancti, atque tubarum more solito, dominus talis potestas, vel consul, dixit vel proposuit, in eo lectis litteris missis a tali de tali facto, primo tale quid et secundo tale quid, tertio tale quid, et sic de singulis propositis, super85 quibus omnibus sibi pro comuni consilium86 petiit vel postulavit. Surgens itaque dominus talis dixit vel consul(u)it de tali facto sic et de tali sic, et ita dices de [p. 1090] singulis propositis; vel In arenga congregata in platea comunis solito more sonitu maioris campane comunis vel talis, dominus talis, potestas vel consul, statuit vel precepit sic et sic, ut infra, de iudiciis. Et ita de omnibus verbis que dicuntur: scribes enim per verba magis congrua dicto quod enaratur. Si sit factum, et non quod fiat, videas quod factum, quia si sit rei traditio dices (Talis) dedit et tradidit, vel Talis dedit tali possessionem, vel tenutam talis rei; si sit numeratio vel ponderatio vel mensurat(i)o scribes Talis numeravit et solvit atque red(i)dit, vel ponderavit vel mensuravit et dedit et redidit tali tale quid, ut infra, carta nuptiarum [Pars prima, rub. XLI; Wahrmund, pp. 46-48], et in aliis cartis ubi fit solutio aliqua; si sit positio terminorum dices Talis posuit tot et tales terminos in tali loco, et ita de aliis factis. Si sit verba que dicantur et factum quod fiat simul, tunc videbis utrum verba dicantur87 prius et postea fiat factum an e contra, quia si verba dicantur prius et postea fiat factum tunc scribes prius verba et postea factum, ut quia sit venditio, que est verba et postea fiat rei traditio, vel fit promissio et postea fiat pecunie numeratio, vel rei mensuratio vel datio, vel computetur sacramentum et deinde fiat, et ita de aliis dictis factis. Si vero factum fuit prius et postea dicantur verba, tunc scribes prius factum et postea verba, ut quia sit solutio debiti vel reditio rei, vel datio vel aliquod alium factum, et postea fiet promissio de non veniendo contra, vel alia quecumque dicantur.

Te(r)tium considerabis si illud quod dicitur vel fit si(t) de dando, id est de datione aliqua que fiat ab aliquo alii, vel de faciendo aliquo facto quod manualiter vel personaliter fiat, vel de dando et faciendo simul: est enim dare rem facere accipintis, id est illius cuius primo non erat, sed facere est aliud quam dationem exercere.

Quarto et ultimo attente previdebis in negotio quod scribere debebis si sit de dando, et88 quot sint dationes, et que sit illa datio que fit ex illis dationibus, et quot et que in illa datione debeant contineri, et qualiter illa sint ibi ponenda, ut notatur infra, prima carta. Et si sit de faciendo, quod factum sit illud quod fit, et quot et qualiter in eo debeant scribi, et in quibus una queque datio et unumquodque factum ab alio vel alio debeant differre, ut in singulis cartis certius apparebit; in qualibet enim carta sex per ordinem reperies adnotata, primo scilicet diffinitionem negotii unde carta fieri debet, secundo quot in illo negotio sive carta debeant poni, tertio qualiter, quarto rogationem brevius faciendam, quinto quot carte fiant de uno diverse, et sexto et ultimo in quibus differant inter se tam una datio ab alia quam dationes a factis, et unum factum ab altero, et etiam ipse carte una ab altera et quicquid in aliqua ipsarum ponetur.89

De quibus igitur cartis singulis pactorum per ordinem est videndum, et prius de emptione et venditione.


a scilicet a principio prologi usque huc.

b protocollum dicitur a prothon1, quod est primum, et collum, quia forte antiqui in collis membranarum scribebant; vel dicitur protocollum a proth[o]n, quod latine significat primum, et co[llatio]: protocollum, id est prima collatio s[iv com]positio vel scriptura contractus.

c vel rogaminia eo quod tabe[lliones] rogantur ea scribere, vel imbrevia[ture] quia forte breviter verba contrahentium d[ebent] comprehendi et scribi, vel aliter appellantur secundum varia ydiomata provintiarum.

d scilicet protocollorum.

e id est similitudine, vel imagine seu documento.

f a publica persona sic appellate, id est a tabulario, ut Inst. de adopt. § cum autem. (I. 1.11.3), cum a tabellionibus publicationes in instrumentis ad hoc ut legitima sint debeant scribi, alias dicentur adulterina instrumenta si publicationes non apponantur in eis vel si ab aliis quam notariis inscribantur, ut in Aut. ut preponatur nomen imperatoris instrumentis. § j. et ij. (Nov. 47.1-2) et C. de apochis publicis2 l. j. (C. 10.22.1) et in Aut. de exibe. et intro. reis. § sancimus. (Nov. 53.3.1.) et C. de diversis rescrip. l. sancimus. (C. 1.23.3).

g id est membra vel partes secundum qualitatem et naturam contractus vel obligationis, ut infra, eodem titulo, § capitula vero. [ed. Gaudenzi, p. 31]; et infra notabitur in3 singulis instrumentis.

h ut infra proxima rogatione venditionis [Pars prima, rub. I; Gaudenzi, p. 31], licet quidam in rogationibus sequentibus primam alicuius anni non ponant annos domini nec indictionem, quia eas duas publicationes sciunt per primam rogationem illius anni et eadem indictio per totum annum currit. Posset tamen hoc errore(m) concipere si aliqua rogatio scriberetur inter alias rogationes alterius anni precedentis; quare in cuiusque rogationis principio dictas v publicationes ut dictum est appono.

i computatis dictis v. cum his duabus.

j scilicet vij. publicationes.

k scilicet dandis vel reddendis his quorum interest ea habere.

l scilicet vij. publicationibus.

m perpetua sive substantialia instrumenta dicuntur hic que aliqua die vel termino seu temporis diuturnitate non rumpuntur vel dissipantur sed perpetuo in sua substantia durant quoad eorum instrumentorum effectum, ut sunt instrumenta vendictionum, permutationum et omnia instrumenta alienationum et traditionum rerum, et inventaria et his similia, veluti instrumenta emphyteosis, feudorum et similia, ut infra, de emphit. et de feudis [Pars secunda, rub. I-V; Gaudenzi, pp. 56-57].

n nam per crucis signum depellitur omne malignum, vel quodlibet aliud signum venerabilis crucis.

o ut infra, primo instrumento vendictionum, in principio [Pars prima, rub. XIIII; Gaudenzi, p. 32]5.

p scilicet perpetuorum vel substantialium vel hiis similium.

q id est: subtus tenorem eorum vel obligationem scribo.

r scilicet publicationes.

s apredictis iiijor.

t ut infra, in fine omnium securitatum instrumenti primi proprietatis [Pars Prima rub. XXVI; Gaudenzi p. 34].

u ut sunt omnes confessiones, attestationes, exceptiones, sententie, appellationes, et cetera que in iuditiis fiunt, ut infra, de instrumentis exemplandis. § libelli vero. [Pars secunda, rub. XLV; Gaudenzi, p. 66].

v scilicet publicationes necessarias.

w scilicet instrumenta publica a iudicibus vel notariis.

x id est publicationes apponantur.

y scilicet in quibus est dies vel terminus prefixus, cum non valeant ultra diem vel terminum sed dissipentur elapso die prefixo vel termino statuto, ut sunt instrumenta de mutuo, de comodatis, de pactis, de locationibus et similibus, que aliqua temporis intercapedine valent et congruo tempore distruuntur, si nullius deinde sint valoris vel utilitatis.

z ut infra, de mutuo [Pars secunda, rub. XI-XXIIII]7 et de locationibus hospitiorum [Pars secunda, rub. V]8. Et hoc modo approbo etiam in instrumentis [p. 1078] perpetuis et substantialibus, si ab aliquo in eis alicubi observetur: nam, ut dictum est supra, titulo proximo, § in fine [cfr. glossa v], ordo scripture non est sequendus. Hec quidem publicationes ideo in instrumentis apponuntur ut non videantur instrumenta esse scriptura privata, id est ab alio quam a tabellione facta: nam private scripture non est adhibenda fides, ut C. de probationibus. l. instrumenta. et l. exemplo. (C. 4.19.5 e 7) et de conveniendi fisci debi. l. ultima (C. 10.2.5), nisi quando scriptura privata per testes approbetur, non pauciores tribus, ut in Aut. de instrumentorum cautela. § si quis igitur. et sequenti (Nov 73. 1 e 2).
***

a' id est scribatur.

b' et etiam instrumentum eodem modo scribi posset in tertia persona, ita quod nec plus vel minus in instrumento quam in rogatione contineatur; et hunc modum et ordinem approbo et observo. Quid autem dicatur rogatio, et quare, et quot nomina habeat rogatio dictum est supra, de numero testium. § his omnibus. [Prohemium, rub. VIII; cfr. App. I a]. Fuerunt tamen et sunt infiniti tabelliones qui multo profusius immo prolixius dictant instrumenta, secundum modum formulariorum quos habent, quam rogationem in contrahentium aspectu confectam, confidentes plus de formulariis quam de ingenii vel scientie probitate. Unde, propter quedam statuta super contractibus scribendis in presentia contrahentium et antequam testes rogentur coram eis legendis a stimulis notariorum Bononie commorantium pertinaciter facta et roborata, plures trepidant ubi non est timor, dubitantes verba hominum coram eis scribere ac ordinare ob minimum scientie radium qui noscitur in talibus lugubratus. Suscipiatur igitur a9 talibus, pro hac frenesi pestifera comprimenda, suavis et curabilis medicina, ne artem suam per imperitiam desinant cedere10, vel per desidiam seu negligentiam ab opere incepto resilire cogantur; hoc est si aliter sine formulariorum suffragio non audeant coram hominibus apparere, ac formulariis acceptis imitent instrumenta formulariorum, dictata prolixius in prima persona, breviter in tertiam, vel ita prolixe sint dictata11 ut ibi scriptum reperitur. Ve enim illis qui primam personam in tertiam vel singularem numerum in pluralem vel e contra revolvere nesciunt vel formidant! Ego autem, ut occulata fide singula facilius addiscantur, instrumentum emptionis et vendictionis in tertia persona dictatum ut breviter facere consuevi, post primum vendictionis instrumentum, ante securitatem de sacramento minoris, formiter ponam.

c' scilicet necessariis, que posita sunt post hanc rogationem, ut infra, post primum instrumentum eiusdem.

d' hec est quarta publicatio instrumentorum, scilicet indictio, ut supra, de numero t(estium). § nam ex his. [cfr. App. I.a]; est enim indictio spatium xv annorum, dicta ab indicendo, id est denuntiando vel imponendo, quia sic Romani tributum cunctis gentibus indixerunt, ut in primo quinquennio darent ferrum propter arma militum fabricanda, in secundo argentum propter stipendia eorundem, in tertio aurum in signum dominationis. Et sic collectis in tribus quinquenniis predictis tribus generibus tributorum, revertebant postea ad aliud primum quinquennium, colligentes13 iterum ferrum, quod est primum genus prenominatorum tributorum, deinde ad argentum quod est secundum, postmodum ad aurum, quod est tertium. Sicut igitur tria quinquennia faciunt xv. annos, ita xv. anni continentur in indictione, et sicut completis tribus quinquenniis revertebant Romani ad colligendum ferrum, ita nulla indictio extendenda est usque ultra14 quintadecimam, sed expleta xv. redeundum est ad primam semper indictionem, et procedendum rursus usque ad aliam indictionem xv., et sic de singulis indictionibus. Sed anni15 Domini numerantur a primo usque ad C., et postea per centenarium usque ad M. annos, deinde computantur iterum anni per unitatem usque ad quemlibet centenarium et per centenarios usque ad alios mille annos, et sic ad infinitum, ut dictum est supra in prima publicatione16.

Hec autem indictio postquam fuit tempore Iulii Cesaris a Cirino rege primo inventa, unde habetur in Evangelio «exiit edictum a Cesare Augusto ut describeretur universus orbis», item in eodem «Hec primo facta est a preside Sirie Cirino», tante fuit auctoritatss incontinenti quod Ecclesia indictionis numerum, cum esset novella, in cereo pascali scribere sumpsit, et sic nullum privilegium vel instrumentum sine indictionis numero fiere postmodum audiebatur.

e' vel iij. vel iiij. vel v., et sic procedendum est usque ad xv. et ea expleta redeundum est ad primam et iterum computandum usque ad aliam xv., ut supra proxime dictum est.

Indictio sane sic colligitur et discernitur sine dubio vera a falsa: accipe annos Domini currentes et eis additis tribus annis, cum tres processerint anno17 de quindena indictionis quando Cristus natus fuit et xij. adhuc venturi erant, dividas per xv. et abiectis xv. quotiens poteris, si aliquid de omnibus predictis annis remanserit, considera quot anni sint illi qui remanserunt a quindenis divisis; et si remanserit unus annus prima erit indictio, si duo secunda, si tres tertia, et sic usque ad xv. annum, deinde redeas ad primam ut dictum est supra; si nullus annus remanserit a quindenis divisis tunc xv. erit indictio. Quod scitur his versibus: «Si tribus adiuntis /Domini diviseris annos/ per ter quinque solet/ indictio certa notari». Per quindecim dividuntur centenari annorum, et scito quid tibi remanserit de uno centenario a xv. divisis, scies de aliis: nam de quolibet centenario remanent, a quindenis centenarii divisis, x. anni. Verbi gratia: accipe annos istius instrumenti, qui sunt MXXXIIIJ., et eis18 addas tres annos, et sic erunt MCCXVIJ. cum tribus adiuntis; scias igitur quot centenarii annorum sint in hac summa: et certe, cum sint anni Domini MCCXVIJ. cum tribus adiunctis, erunt duodecim centenarii annorum; super remanent tibi a xij. centenariis annorum xvij. anni. Scita19 itaque summa annorum et centenariorum annorum, dividas per xv. quemlibet centenarium per se singulariter sic: xv. et xv. fatiunt xxx.; his omnibus additis xv. aliis annis de centenario fatiunt xlv.; his additis xv. fatiunt lx.20; his additis xv. annis fatiunt21 lxxv.; his additis xv. fatiunt lxxxx.22; cum igitur a23 nonaginta annis restent x. anni dividendi de primo centenario diviso24 usque ad centum, retine eos et adiungas, istos x. annos residuos ultra nonaginta cum aliis x. annis alterius centenarii remanentibus similiter de centenario a nonaginta supra: nam cum nonaginta anni sint divisi per xv., et (a) nonaginta annis usque ad c. annos supersint tantum x. anni dividendi, igitur de quolibet centenario annorum supererunt x. anni supra nonaginta dividendi, quod verum est: sicut enim superius tibi x. anni ultra nonaginta de primo centenario, ideo de singulis aliis centenariis remanebunt x. anni. Accipias igitur x. annos primi centenarii et addas eis alios25 x. annos residuos (secundi et) tertii centenarii, et erunt xxx. anni: nam ter x. fatiunt xxx. annos, et xxx. anni sunt divisi per xv. quia xxx. anni continent bis xv. annos; sic igitur manifeste videre potes quod semper trecenti anni sunt divisi per xv. Si trecenti anni sunt divisi per xv. ergo et sexcenti, cum sint bis trecenti anni, et non vigenti cum sint trecenti (?). Et ita xij. centenaria annorum, que continent MCC. annos, erunt divisa per xv., quia xij. centenaria annorum continent iiij. or CCC.; remane(n)t autem de summa annorum prescriptorum xvij. anni dividendi, de quibus si subtraxeris xv. supererunt tantum duo anni. Et sic tantum duo anni remanebunt tibi ultra omnes quindenas abiectas, cum mille ducenti anni sint divisi per xv. et ex xvij. annis, subtractis xv. annis, non remaneant nisi tantum duo anni; et sic secunda debet esse indictio quando anni domini sunt MCCXIIIJ., ut in hoc instrumento continetur; et his adduntur iij. anni ut dictum est. Sed si anni Domini sint MCCXIJ., his additis tribus annis ut dictum est addendis, his omnibus divisis per xv nichil remanebit, et sic xv. erit indictio cum nullus remaneat annus a quindenis annorum divisis. Et hec sufficia(n)t de indictione dicta.

Et sic nota qualiter iiij. publicationes preponantur per(p)etuis et substantialibus instrumentis, scilicet anni Domini, dies, nomem imperatoris et indictio; residuas tres, scilicet locus, testes et nomen notarii, infra26 post omnes securitates huius instrumenti sunt posite, ut ib videre potes, et ut dictum est supra, de numero te. § nam ex his. [Prohemium, rub. VIII; cfr. App. I.a].

***

a'' scilicet de iure.

b'' scilicet vulgariter de facto. De instrumento, quid sit, dic ut j.a carta, principio apparatus cartarum64.

c'' scilicet in privilegiis, aut in litteris papalibus ponitur nomen pape et pontificatus ipsius annus, ut notatur infra, prima carta.

d'' scilicet in scripturis quefiunt in carta communitatis alicuius, ut infra, de iuditiis [Pars secunda, Wahrmund, pp. 73-176].

e'' id est non legittima. Et sic nota causam specialem quare dicte publicationes iiij. in scripturis ponantur; alia quidem ratio est quia lex hoc precipit atque65 vult; tertia quia per ipsas scitur quando66 negotium fuit.

f'' scilicet debent poni in carta.

g'' qui liberati fuerunt a falsis criminibus accusati per testes qui discordarent de loco.

h'' scilicet debent in cartis poni.

i'' id est: si non sit diffinitus ponendus sit minor numerus.

j'' scilicet testes. [gl. interl.].

k'' scilicet numerum, id est cum adminus contineat duo locutio numero pluralis (!).

l'' id est modi. [gl. interl.].

m'' id est: tantumdem valet una probatione quantum et alia.

n'' scilicet casibus, quando testes, vel omnes68 vel maior pars, discorda(n)t a scriptura contra quam dantur.

o'' id est testi.

p'' id est instrumento, licet alias instrumentum vita vivat, et non moriatur.

q'' scilicet scribentis instrumentum. Et sic nota vij. publicationes in scripturis ponendas; et quare de quibus qualiter poni debeant in qualibet scriptura, dic ut infra, in apparatu prime carte, circa principium69. Et ita, si dicte publigationes (!), ut debent, in scriptura (non) apponantur, vitiosa erit scriptura ratione defectus, ut supra, de pactis (in)utilibus ratione conceptionis inepte. § non valet70 [Prohemium, rub. IV; Wahrmund, p. 15].
***

1 ms: prothoyn.

2 ms: priva(tis).

3 ms: ripete in.

4 ms: is.

5 et ita de consuetudine ab innumerabilibus notariis observatur; verumtamen non credo refere utrum a capite vel a pede instrumentorum ponantur publicationes, vel omnes vel pro parte, cum ordo scripture non sit sequendus, ut Instit. de legatis. § pari ratione. (I. 2.20.34): nam sensus vel intellectus in scripturam spectamus, ut ff. de solutionibus. l. nec enim. (D. 46.3.6). Sed nomen tabellionis in fine singulorum instrumentorum credo fore scribendum, ut in Aut. [de in]strumentorum cautela. § oportet autem [in iis qui litteras nesc]iu[nt et] tes[tes] et § precedenti, [ubi dicit] quod tabellio nomen proprium et signum in instrumentis suis facere ac inscribere debet (Nov. 73. 6-7).

6 vedi Appendice I b.

7 Gaudenzi, p. 61-62: «Anno Domini MCC.xiiij., die VII. exeunte mense iunii, regnante domino Ottone Romanorum imperatore, indictione ij., presentibus Ugolino de Cista, Albertino Alexandri et Iohanne de Un cola testibus ad hoc rogatis et vocatis, in Porta Nova, sub porticu Deotaidi… Ego Rainerius notarius his omnibus interfui et ut supra legitur rogatus scripsi.»

8 Gaudenzi, pp. 56-57: «Anno Domini MCCXIIII., die X. intrante mense iunii, regnante domino Ottone Romanorum imperatore, indictione ij., presentibus… testibus ad hoc spetialiter rogatis et vocatis. Bononie, in porta Sancti Proculi, sub porticu locatoris… Actum Bononie in porta Sancti Proculi, sub porticu domus dicti locatoris. Ego Raynerius auctoritate imperiali notarius huic locationi interfui, et ut supra legitur rogatus scripsi.»

9 ms: alibus, ibus espunto.

10 ms: cederdere, primo gruppo der espunto.

11 ms: dicte.

12 ms: Fasco, o Faseo.

13 ms: colligegentes, primo gruppo ge espunto.

14 ms: int(ra).

15 ms: annis, s espunta.

16 ms: riferimento a glossa non presente nel manoscritto.

17 ms: annis, s espunta.

18 ms: epis, p espunta.

19 ms: Si ita.

20 ms: xl.

21 ms: fatie(n)t.

22 ms: lxxx.

23 ms: ad.

24 ms: divisio, i espunta.

25 ms: aliis.

26 ms: instr(ument)a.

27 ms[3]: [Ad h]abendu(m) indiccione(m), la prima c espunta; in ms[3]: viene regolarmente usata la forma indicio.

28 ms[3]: siendu(m).

29 ms[3]: qui.

30 ms[3]: (et) un(de) dicat(ur), (et) a quo.

31 ms[3]: qua(n)to (et) (iam).

32 ms[1]: a(m)mitti.

33 ms[3]: omesso in.

34 ms[3]: (Et) q(ui)de(m) [ind]icio e(st) indictu(m), (ve)l p(re)ceptu(m) descripticiis et subiugatis.

35 ms[3]: q(uo)d e(st).

36 ms[3]: Edic(er)e v(er)o e(st) imp(er)ator(um), regu(m) (et) magnatu(m), omesso il seguito; continua [Ob]ici t(ame)n.

37 ms[3]: excellencia(m) notat.

38 ms[1]: yrrefragabile.

39 ms[3]: omesso v(er)o.

40 ms[3]: dixerit.

41 ms[3]: omesso descriptio.

42 ms[3]: omesso s(ib)i.

43 ms[3]: Tuli(us).

44 ms[3]: exiv(it).

45 ms[3]: in ve(n)dicio(n)is.

46 ms[3]: quia.

47 ms[3]: donaret.

48 ms[3]: seque espunto an(n)o.

49 ms[3]: stip(end)ia.

50 ms[3]: d(omi)natoris.

51 ms[3]: s(cilicet) [fer]ru(m).

52 ms[3]: sic.

53 ms[3]: quocie(n)s positis.

54 ms[3]: est.

55 ms[3]: ea expleta.

56 ms[3]: prima.

57 ms[3]: Annis currentib(us).

58 ms[3]: p(re)cesserant d(e) addo indicio(n)is.

59 ms[3]: invenire si amittent(ur); ms[1]: a(m)dmittere(n)t(ur); d espunta.

60 ms[3]: cicl[os] cape.

61 ms[3]: xij. a(nnos).

62 ms[3]: quot eru(n)t isti a(n)[ni].

63 ms[3]: Et hec dicta de ind[ictio]ne sufficiant. Rainerius.

64 ms: cfr. Appendice II.b.

65 ms: adque.

66 ms: q(uo)d.

67 ms: contepta.

68 ms: co(mmun)es.

69 ms: cfr. Appendice II.b.

70 ms: valent, n espunta.

71 ms: positar(um).

72 ms: seque espunto et.

73 ms: retine(n)da(m).

74 ms: g(e)n(er)a.

75 ms: retine(n)da(m).

76 ms: neq(ui)d.

77 ms: seque espunto i (n).

78 ms: e(st).

79 ms: ripetuto ad.

80 ms: seque espunto sp(r)i.

81 ms: corretto su publicationum.

82 ms: seque espunto ta(n)tu(m).

83 ms: ut.

84 ms: tale(m).

85 ms: sub.

86 ms: (con)suli.

87 ms: seque et factu(m) q(uod) fiat simul; factum — simul espunto.

88 ms: seque espunto qot.

89 ms: seque espunto roblic.